L’avocado

Con il sapore delicato, la consistenza morbida e buone proprietà nutrizionali ha conquistato il mondo intero: scopriamo di più sull’avocado

L’avocado

Avocado: le prime notizie su questa pianta provengono dagli appunti di viaggio redatti nel 1519 da Fernandez de Enciso, geografo al seguito delle truppe spagnole conquistatrici.  L’ albero, originario dell’America centrale, esattamente della zona compresa tra Messico, Guatemala e Panama, appartiene alla famiglia delle Lauracee e alla specie botanica di Persea americana (per altra classificazione si tratterebbe di P. gratissima), suddivisa in 3 razze: guatemalteca (germogli violacei), messicana (frutti piccoli, germogli e foglie verdi con profumo di anice), antillana (germogli verdi senza aroma di anice).

Il nome avocado deriverebbe dallo spagnolo aguacate (semplificato in avocado), derivato a sua volta dall’azteco ahuacatl che indica il frutto, mentre ahuacaquahuitl la pianta (volgarmente è chiamato anche “albero del burro” per l’aspetto, la grana e la composizione della polpa del suo frutto). La parola ahuacatl indica in azteco il testicolo, elemento che si rifà non solo all’aspetto del frutto, ma anche al fatto che spesso le drupe sulla pianta sono accoppiate (questo aspetto fa ritenere tradizionalmente, senza prove, l’avocado un frutto afrodisiaco).

È uno dei frutti esotici di maggiore importanza economica nel mondo, insieme ad anacardio, ananas, banano, dattero e mango. La produzione mondiale di avocado si aggira intorno ai 5 milioni di tonnellate, con produttore principale il Messico (2.184.000 t) seguito da Repubblica Dominicana, Perù e Indonesia (seguono Colombia, Brasile, Kenya, USA, Venezuela e Israele). L’avocado è molto coltivato nei climi subtropicali, quindi in Messico, Stati Uniti del sud, bacini del Mediterraneo e Africa. È estesamente coltivato in California, Florida, Brasile, Israele, Corsica, mentre in Italia le coltivazioni sono limitate sostanzialmente alla Sicilia: la pianta pur essendo d’origine tropicale, si adatta bene ai climi temperato caldi, come quello appunto della Sicilia, nei quali la T non scende sotto i -2/-3 °C, limite massimo per la pianta. 

In pratica l’area di coltivazione dell’avocado coincide con quella degli agrumi, per cui esemplari di avocado si riscontrano anche in Calabria, Sardegna, arco ionico della Puglia (porzione a ovest), Campania (area di Sorrento – Capri). Esteticamente la pianta di avocado (che può giungere anche a 200 anni di età) è decisamente bella, alta fino a 8-10 metri, con foglie di un verde brillante, persistenti. I fiori sono ermafroditi, hanno perciò sia gli stami con il polline, che il pistillo con gli ovuli, ma ovuli e polline non maturano contemporaneamente, oppure gli stami non danno polline. Per tale motivo le cultivar di avocado sono state suddivise in 2 gruppi in base alle caratteristiche dei fiori, in modo da poter inserire in ogni impianto le piante impollinatrici che producono il proprio polline quando è pronto il gineceo delle altre. 

La riproduzione dell’avocado avviene per seme, interrandolo (dalla parte grossa) soltanto per tre quarti della lunghezza, lasciando la punta fuori terra; la nuova piantina spunta al centro spaccando il seme. Naturalmente, se non si alleva l’albero solo per diletto, bisognerà innestare una delle varietà coltivate (cultivar), tra le quali vanno citate Fuerte (la più coltivata al mondo, specialmente in California; frutto verde punteggiato, a maturazione invernale), Hass (californiana, frutto di colore nero, maturazione a primavera inoltrata), Ettinger (diffusa in Israele, dove si raccoglie da ottobre a gennaio, frutto verde), Lula (molto coltivata in Florida, a frutto verde pallido che viene raccolto in autunno – inverno), Nabal (frutti anche da ½ kg, coltivata nell’area Mediterranea dove matura all’inizio della primavera), Mexicola e Puebla (due vecchie razze messicane coltivate sulla Riviera ligure di ponente. Sono coltivati anche gli ibridi Booth 7 e 8, coltivati in Florida, a frutto verde brillante, e Zutano, a frutto verde e molto resistente al freddo. La pianta entra in produzione verso il 4°-5° anno dall’impianto, con una media di 3-4 q di frutti per albero.

L’avocado come frutto è una drupa dal peso variabile da 100 g a 1 chilo, che a maturazione presenta la buccia di colore dal verde al nero – violaceo tipo melanzana, contenente un solo grosso seme, piatto, che a maturazione si stacca dalla polpa. La polpa è di colore giallo verde o giallo pallido, definita butirrosa cioè burrosa perché molto ricca di grassi, oltre che di proteine, sali minerali (calcio e ferro in particolare), vitamine (specialmente A, B1, B2, C). La composizione nutrizionale dell’avocado vede in 100 g di polpa, la presenza di acqua per il 65%, proteine 4,5%, grassi 23%, zuccheri 1,8%, fibra 3,3%, potassio 450 mg oltre a fosforo (44 mg), calcio (13 mg), magnesio (25 mg), zolfo (19 mg), oltre a ferro, selenio, iodio, cloro e manganese, vit. Idrosolubili (C, folati, B1, B12, e altre), vitamine liposolubili (A, E, K) con apporto di 300 kcal circa, ma con un frutto intero si possono introdurre senza accorgersene anche 500 kcal. 

Il valore energetico per frutto intero è quindi molto elevato, probabilmente il più alto tra i vegetali (circa quattro volte quello di pera, mela, pesca e arancia). Aspetto positivo della composizione nutrizionale è la ridotta dose di zuccheri, la notevole ricchezza di proteine, l’assenza di colesterolo, la presenza tra i lipidi di grassi omega 3, notoriamente utili in tante reazioni biochimiche tipiche dell’organismo umano (cuore, sistema nervoso, vitalità delle cellule, lotta all’invecchiamento di queste, cervello, anticolesterolemia, ecc.), molta fibra (poco solubili e quindi utili per transito intestinale), sali minerali (utili per sportivi, notevole sudorazione, malattie del sistema renale, e vitamine (per la vista e la pelle in particolare), tutti aspetti decisamente salutistici. La presenza di fibra e di grassi determina presto un senso di sazietà, che può aiutare a non eccedere sia con l’avocado che con altri cibi.

In cucina l’avocado riscuote sempre maggiore successo: la sua consistenza morbida che diventa davvero “burrosa” quando il frutto è a maturazione avanzata è perfetta insieme al gusto piuttosto neutro per diventare base per tante salse naturalmente cremose, non solo la guacamole tipica del territorio centro americano (preparata del tutto a crudo con cipolla, avocado, peperoncino verde, lime).

L’avocado nelle sue terre d’origine e praticamente equivalente al nostro prezzemolo, nel senso che trova impiego in tutte le preparazioni, utilizzato nelle macedonie, nei piatti freddi di mare e di carne bianca. Il sapore dell’avocado è neutro e “vegetale”, e l’alto contenuto di grassi consente anche di sostituirlo al burro o all’olio in tante ricette (vegane e non), ad esempio per biscotti, muffin e torte da credenza, benché occorra fare attenzione con le quantità in quanto l’avocado cotto tende a diventare amarognolo oltre a perdere ancora sapore, odore e freschezza. 

L’avocado è un frutto climaterico (continua a maturare anche dopo il distacco dalla pianta) per cui viene raccolto immaturo, in modo da poterlo immettere in commercio quando è maturo (diventa morbido e cambia colore). Dopo l’acquisto teniamolo in frigo per rallentare la maturazione, ma se vogliamo accelerarla teniamolo fuori da questo, magari insieme a mele. Se lo conserviamo tagliato, copriamolo con pellicola e poniamolo in frigo in quanto la polpa subisce l’ossidazione (imbrunimento enzimatico) con degradazione dei lipidi (utile anche porre gocce di limone sul taglio, per ritardare il citato imbrunimento). La giusta maturazione sarà raggiunta quando il frutto potrà essere sbucciato agevolmente con un coltello. 

Dal frutto si ricava un olio (come di moda per sesamo, canapa e lino) utilizzato sia per nutrire la pelle secca o ruvida, ma da molti utilizzato anche per condire a tavola, essendo la sua composizione molto simile all’olio d’oliva, anche se il profumo e il sapore sono decisamente erbacei (richiamano un pochino alla mente gli oli essiccativi utilizzati da chi dipinge), certamente meno pregiati dell’olio per eccellenza. L’olio di avocado è contenuto principalmente nella polpa (15-38%) e meno nel seme (2-8%), si ottiene con spremitura a freddo o per centrifugazione della polpa; per l’alimentazione si dovrebbe preferire quello comunque non raffinato (sia di spremitura che di centrifuga), in quanto conserva profumo e sapore del frutto. 

Il contenuto in acido oleico è del 55-75%, quindi molto simile a quello d’oliva (55-83%), anche se l’acidità libera in quello non raffinato può giungere anche al 5%. Per idrogenazione si ottiene anche margarina. L’olio di avocado si utilizza a crudo per condire, ma idealmente potrebbe essere impiegato anche per friggere dato l’alto punto di fumo (250°C, 270 se raffinato), anche se naturalmente il prezzo elevato non ne consente l’effettivo uso (circa 9 € per 250 ml).

Note bibliografiche

  • V. Forte, Frutti esotici coltivabili in Italia, Edagricole
  • G. Tassinari, Il manuale dell’agronomo, Ed. R.E.D.A.
  • Inga Pfannebecker, Avocado. Ricette sfiziose per tutti i giorni, Nomosedizioni


 

Scritto da Luciano Albano

Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione

Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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