La cucina “nascosta” tra le righe del libro di Tomasi di Lampedusa
Lo scrittore e giornalista bolognese che accarezzava la quotidianità delle persone di regione in regione, seguendo il filo conduttore della cucina
Che sapore ha la memoria? Interrogativo chiave, ma al quale è difficile restituire risposte esaustive. Il rischio di naufragare in un mare magnum di suggestioni è alto. Eppure c’è chi, mosso da un'indomita sete di ricerca e comprensione, non si è fatto intimorire dal tentativo. Alessandro Molinari Pradelli è stato tra questi. Scrittore e giornalista bolognese, classe 1945. L’enogastronomia protagonista indiscussa del suo vissuto, utilizzata come lente principale attraverso la quale osservare il nostro paese, la sua gente. Uno sguardo in costante oscillazione tra presente e passato, capace di portare a galla dal fondale della tradizione, sedimenti di una civiltà prevalentemente contadina.
‘’Le sue radici le ha costruite in buona parte in autonomia, nel corso degli anni’’ mi racconta Giordano Cola, amico fraterno ed ex-direttore del teatro di Budrio, comune in provincia di Bologna dove Alessandro ha vissuto fino alla sua scomparsa nel 2021. Gli anni dell’infanzia trascorsi in collegio, a fronte delle numerose tournée oltreoceano del padre, Francesco Molinari Pradelli, direttore d’orchestra. ‘’A scuola non spiccava di certo’’ continua Cola, ‘’ma amava guardare, chiedere, capire qualsiasi cosa gli gravitasse attorno: una curiosità estrema’’.
La sete di conoscenza, galvanizzata da un forte desiderio di libertà, si manifestò sin dai primi anni dell’adolescenza. A bordo della sua bicicletta da corsa, una meravigliosa Patelli realizzata dallo stesso meccanico di Fausto Coppi, cominciò a pedalare in lungo e in largo verso sud. La notte passata coricato nei fossi, il velocipede legato al polso. ‘’Bologna-Roma, andata e ritorno in tre giorni con mille lire in tasca, quante volte lo ha raccontato! E’ probabile che proprio durante questi pellegrinaggi si sia acceso qualcosa in lui. Si fermava nelle case contadine, chiedeva da bere e molto spesso lo invitavano a restare per il pranzo. Lui annotava tutto: prodotti, ricette, usanze, termini dialettali’’. Bagaglio ispirazionale da cui attingere per le future pubblicazioni: poco meno di un centinaio, in larga parte ricettari redatti con certosina precisione.
La bicicletta con il tempo abbandonata, l’approccio sempre lo stesso. Basilicata, Abruzzo, Liguria, Puglia, Toscana, Sardegna e così via. Le regioni italiane battute accarezzando la quotidianità tra le persone, seguendo il filo conduttore della cucina, oltre alla fascinazione per l’artigianato. Dalle grandi arterie delle nota tradizione ai vicoli sconosciuti e nebbiosi delle varianti locali. Sfogliando le pagine dei suoi lavori, difficilmente ci si imbatte in ricette assolute, dogmatiche. Tutto sembra essere relativo, malleabile al contesto, al momento, alla mano, alla ‘’tasca’’ delle famiglie. Autenticità eterogenea, l’imperativo apparentemente incastonato tra le righe. A fianco dell’indagine sociale e antropologica sul territorio, un approfondito tuffo negli archivi. La biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna teatro e supporto negli anni per ricerche, pubblicazioni, mostre a carattere gastronomico.
Alessandro Molinari Pradelli muove I primi passi professionali lontano dalla sua terra d’origine, concentrandosi sulla produzione vinicola. Dopo aver terminato gli studi in campo enologico presso l’istituto di San Michele all’Adige, in provincia di Trento, inizia all’alba degli anni settanta la collaborazione con La Civiltà del bere e Il Vino. Proprio attraverso quest’ultima rivista, sorta dall’intuizione del giornalista Isaia Benini, esplode la sua passione per il Friuli-Venezia Giulia. Il primo articolo sul Cabernet franc fu solo il preludio di un legame consolidatosi negli anni, ed estesosi presto ai piaceri della tavola. "Cucina povera e borghese quella friulana, presentata con sconvolgente, silenziosa dignità; incredibilmente varia, ricca di sfumature" scriverà qualche anno più tardi nell’introduzione del ricettario dedicato alla regione. Scoperta, indagata a piccoli sorsi e bocconi condivisi in compagnia tra vigneti, cantine, osterie e focolari domestici. Amicizie mascherate da collaborazioni professionali.
Nel 1983, dall’appassionata sinergia con Luigi Soini - all’epoca anima e cuore della Cantina Produttori di Cormòns - nasce il Vino della Pace: 7200 viti, 883 varietà diverse provenienti da tutto il mondo impiantate nei terreni che circondano la cantina. La produzione annua, intorno alle 15.000 bottiglie, è frutto della miscelazione dei diversi uvaggi; tre differenti artisti di risonanza mondiale disegnano e dipingono altrettante etichette dedicate all’annata, accompagnate da versi di poeti e scrittori. Pervenuto in omaggio a capi di Stato, politici e religiosi, il Vino della Pace incarna ancora oggi un forte messaggio, oltre a rappresentare un caso singolare nel panorama enologico internazionale.
In seguito il ritorno in Emilia-Romagna, con analitco occhio di riguardo verso il suo capoluogo. Qui nel 1980 pubblica il primo libro: Osterie e Locande di Bologna, opera densa di storia, folclore, musica, poesia, tradizioni mezzadrili e cittadine. Un’affezione viscerale quella che lo ha legato alle osterie felsinee, colte e vissute in quanto palcoscenico sociale, occasione di incontro, scambio e contatto; contesto in cui riempire, oltre ai bicchieri, anche le proprie vite. La seconda edizione del libro fu presentata all’Osteria del Moretto, locale fra i più longevi fuori le mura cittadine. Tra i presenti anche Francesco Guccini. ‘’Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta’’ intonava proprio il cantautore emiliano: in parte vero ancora oggi, lo spirito di un tempo sembra però essere lontano.
Nel 1996 Alessandro Molinari Pradelli pubblica a quattro mani, spalleggiato da Monica Cesari Sartoni, La cucina bolognese, un ricettario vario e approfondito che risuona, tra leccornie, intingoli e profumi petroniani, come una dichiarazione d’amore verso la propria culla natia.
Piccoli involucri di pasta fresca all’uovo tirata sottile, farciti con un fragrante e segreto ripieno. Prosciutto, mortadella, uova, parmigiano e noce moscata non mancano mai, ma gli altri ingredienti sono costanti protagonisti di dispute tra una famiglia e l’altra. – Come tutti i piatti della tradizione, è giusto che anche il tortellino abbia un suo alone di mistero e continui ad appartenere a tutte le famiglie che lo amano e lo confezionano con cura.
Alla voce Tortellini, l’abbraccio aperto e trasversale con cui Alessandro Molinari Pradelli ha accolto la gastronomia della nostra penisola, appare emblematicamente vivo. ‘’I tortellini rappresentavano per lui il ritorno a casa. Rievocava spesso il momento della preparazione in famiglia a cui da bambino partecipava entusiasta. Farciti, richiusi e disposti ordinatamente su assi di legno e lasciati essiccare in cantina, già porzionati (72) per essere assaporati in brodo nell’unico periodo dell’anno: da Natale alla Befana. Pranzo, merenda e cena!’’ mi racconta ancora Cola sorridendo. ‘’Abbiamo condiviso insieme lunghe tavolate. Dietro le portate, il piacere e il benessere dello stare insieme. In fin dei conti è il mondo della vita sociale italiana, retaggio delle vecchie e numerosissime famiglie contadine. Per loro, come per Alessandro, la tavola ha da sempre rappresentato il momento del racconto’’.
Cosa poter fare dunque, per non disperdere il contributo che questo singolare gastronomo bolognese ha lasciato dietro di sé? Sfogliare uno dei suoi ricettari, ad esempio, riunire attorno al tavolo una manciata di persone vicine e dilettarsi ai fornelli. Aprire una buona bottiglia di vino a piacimento, Lambrusco o Schioppettino friulano che sia. E goderne ancor più in suo onore.
Photo by Massimiliano Lazzari
Scritto da Massimiliano Lazzari
Classe 1996, figlio della bassa emiliana e laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Bologna. Tutto ciò che gravita attorno alla terra e alla tavola vissuto come palcoscenico di storia, vissuti, tradizioni, cultura e socialità; scrittura e fotografia strumenti attraverso cui dar loro voce ed imprimere colore.

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