Arriva da Greenpeace l’allarme sulla presenza di microplastiche nel sale da cucina
Un abbinamento gastronomico non facile, ma neanche impossibile!
In ogni stagione dell’anno, preparare qualcosa di fresco o di caldo e gustoso è molto facile e veloce se ricorriamo alle uova. Quando abbiamo un uovo tra le mani, abbiamo con noi un alimento che nella sua semplicità è nutrizionalmente completo, facile da digerire e anche da conservare e utilizzare in cucina. Con l’uovo possiamo preparare tante ricette, nelle quali questo prezioso alimento può essere protagonista assoluto (uova sode, strapazzate, alla coque, in camicia, al tegame, frittate) o co-protagonista (assieme a verdure, carni, pesci e in tante preparazioni dolci).
L’uovo è un alimento completo ad alto valore nutritivo e plastico, per la presenza di proteine ad alto valore biologico (aventi cioè gli amminoacidi definiti essenziali), grassi in particolare insaturi, sali minerali di cui diremo in seguito, vitamine in particolare A esclusivamente nel tuorlo, oltre a B₁ (tiamina), B₂ (riboflavina), D (calciferolo) e PP (acido pantotenico), e purtroppo colesterolo in abbondanza nel tuorlo (in quello di gallina 1337 mg/100g!). L’uovo di gallina, il cui peso per il 30% è dovuto dal tuorlo, è formato di acqua (86% nell’albume e 50% nel tuorlo), proteine (12% nell’albume e 16% nel tuorlo), grassi (0,2% in albume e 32% nel tuorlo): un uovo di media grandezza (da 53 a 63 g) ha lo stesso valore nutritivo di 150-200 g di latte e 80-100 g di carne.
L’albume contiene anche avidina, un fattore antinutrizionale che blocca l’attività della vitamina H. Dal punto di vista dietetico l’uovo cotto o crudo, senza l’aggiunta di altri grassi e ben tollerato da tutti, fatta eccezione per coloro che accusano problemi con la colecisti (cistifellea). Uno dei pregiudizi da sfatare è che l’uovo se troppe volte consumato sia dannoso per il fegato: in realtà l’uovo contiene la colina e la metionina (due amminoacidi) che hanno funzione epatoprotettrice e attivatrice delle funzioni del fegato. L’albume specialmente se non è ben tollerato dai bambini se non dopo il primo anno di vita, mentre il tuorlo può essere somministrato dopo i primi sei mesi. Nell’uomo adulto si consiglia di non consumare più di 3 uova a settimana.
Una cosa però è certa: qualunque sia la preparazione, l’abbinamento dell’uovo con il vino non è facile. La difficoltà emerge in modo particolare con i rossi: questi vini contengono, come è noto, i tannini (ne esistono diversi tipi) i quali sono astringenti per le mucose della bocca (ricordate cosa accade in bocca quando si mangia un cachi non maturo), mentre l’uovo contiene per la sua funzione riproduttiva, tanti elementi minerali (non dimentichiamo che l’uovo è la più grossa cellula al mondo e che da esso nasce la vita se fecondato) come fero, fosforo, calcio e zinco i quali sommandosi ai tannini del vino lasciano in bocca un poco piacevole sapore metallico ferroso di ruggine.
Inoltre, mentre l’albume è ricco di acqua e scivoloso, il tuorlo è ricco di proteine ad alto valore biologico e risulta pastoso, appiccicoso, aggregante: quando lo si abbina agli altri condimenti della preparazione (sia d’origine animale che vegetale) si forma in bocca una pastosità che deve essere allontanata dal vino, per consentire di continuare a mangiare quella pietanza.
Assodato quindi che i vini rossi sono da escludere, ci orienteremo verso i bianchi, che quasi non contengono tannini, e i rosati, che ne contengono molto pochi. Se decidiamo di ricorrere ai vini bianchi, sceglieremo possibilmente (ideali) quelli di medio invecchiamento (da bere dall’inizio del secondo anno dalla vendemmia) che spesso possono giungere anche a tre anni di invecchiamento. Faremo in modo da scegliere bottiglie su cui si possa leggere l’anno della vendemmia sull’etichetta del vino, in modo da poter valutare se fa al nostro caso. Vini bianchi di questo tipo si presentano di colore dal giallo paglierino al giallo dorato, con profumi non troppo accentuati (non ci troviamo di fronte a vini giovani ma a vini un po’ invecchiati in cui i processi di ossidazione hanno modificato sia il colore che i profumi) di frutta (ananas, mela gialla, banana, ecc.) e fiori (acacia, biancospino, rosa, ecc.), con sentori di vaniglia e frutta secco (nocciola, mandorla, ecc) nei tipi più invecchiati.
Saranno ovviamente vini secchi (residuo zuccherino massimo 5 g/ litro), con tenore alcolico tra 11,5-12° in quanto l’alcol deve ripulire la bocca dalla lieve sensazione di untuosità della preparazione dovuta non all’uovo ma agli altri condimenti, con discreta acidità per ripulire la bocca dalla sensazione di grassezza della preparazione.
Fatta questa considerazione di base, ovviamente si potranno avere delle varianti in funzione della preparazione a base di uova. Nelle preparazioni che prevedono uso di molto limone è meglio non abbinare vino ma solo acqua: tipico esempio è l’uovo all’ostrica che si prepara rompendo il guscio, eliminando il bianco e raccogliendo il tuorlo in un cucchiaio per berlo, usando come condimento abbondante limone, un pizzico di sale, un’idea di pepe bianco pestato nel mortaio. E’ una ricetta un po’ perduta perché bisognerebbe usare l’uovo di gallina freschissimo, praticamente ancora caldo!
Anche nel caso di uovo abbinato a carciofi (classico esempio è il tortino di carciofi) meglio sarebbe non abbinare vino ma acqua; al massimo un vinello bianco leggero che sgrassi un po’ la bocca. Infatti essendo il carciofo ricco di ferro ed altri minerali, l’abbinamento con il vino, specialmente se tannico, crea nella bocca un gusto metallico sgradevole.
Altro caso particolare è l’uovo farcito con purea di salmone, ricetta con la quale è bene non bere vino perché il sapore di questo verrebbe sovvertito da un gusto rancido e disgustoso, dovuto alla grassezza del salmone e a quella del tuorlo, praticamente ineliminabile con qualsiasi tipo di vino. Precisiamo però che nei ristoranti non si tiene conto di ciò e le uova farcite al salmone affumicato vengono servite con vino bianco.
Per i famosi uovo alla coque e in camicia, nei quali il tuorlo è praticamente crudo e liquescente, al contrario dell’albume, senza aggiunta di altri condimenti grassi, andrà bene un bianco di medio invecchiamento non troppo profumato, perché alla coque e in camicia l’uovo non emana profumi particolari, per cui anche il vino non deve essere troppo profumato. Per queste due preparazioni cercheremo un bianco anche di 12.5 gradi di alcol, perché bisogna contrastare la succulenza propria del tuorlo, dovuta in questi casi non all’aggiunta di liquidi, ma al fatto che in queste due preparazioni il tuorlo non perde ma conserva il suo contenuto di acqua e la sua liquescenza.
Se poi passiamo all’uovo sodo, passione per tanti di noi, trattandosi di una semplice preparazione in cui tutto l’uovo solidifica, potremo usare un bianco non giovane e di grado alcolico inferiore, non essendoci succulenza e untuosità. Laddove dovessimo usare salse grasse con l’uovo sodo, dovremo contrastare la grassezza della salsa aggiunta e quindi sceglieremo un vino bianco, secco e più acido per sgrassare la bocca dalla grassezza del tuorlo e della salsa.
In linea generale si può affermare che quando l’uovo entra a far parte di preparazione ricche di altri condimenti e cotte in modo particolare e prolungato (uova strapazzate in cui è previsto l’uso anche latte, olio o burro; uova al tegame; uova fritte in padella; frittata; uso di bacon o pancetta) ci orienteremo verso bianchi più alcolici per contrastare succulenza e untuosità, più aciduli se la preparazione si presenta grassa o con tendenza dolce per presenza di verdure. In presenza di piccole dosi di pomodoro potremo orientarci verso i rosati, magari vivaci per ripulire meglio la bocca dalla grassezza.
I bianchi indicati per le uova, non dovranno essere serviti troppo freddi, diciamo intorno a 10 gradi, perché si tratta di vini poco corposi, poco profumati per cui se serviti troppo freddi poco del vino si avvertirebbe in bocca e al naso. I vini rossi giovani potranno essere usati quando si preparano uova strapazzate con aggiunta di carni o salumi. Saranno vini secchi, morbidi, discretamente alcolici, freschi di acidità, deboli di corpo. Sempre valida la scelta di bianchi, che in tal caso saranno secchi, fruttati, intensi (salumi e carni sono profumati e spesso aromatizzati con spezie ed erbe), alcolici, aciduli.
I rossi potranno essere usati solo quando le uova sono incorporate in preparazioni complesse, che comprendono carni, funghi, salumi, sugo di pomodoro: è il classico caso del timballo e della fonduta con tartufo. Faremo spazio a rossi maturi con bouquet fruttato e piuttosto evoluto, secchi e caldi di alcol, abbastanza tannici, sapidi, di corpo e dotati di buona persistenza aromatica intensa.
Sia per i rosati che per i bianchi da abbinare alle uova possiamo usare un calice di medie dimensioni, dalla pancia non troppo pronunciata e dall’imboccatura abbastanza ampia: si tratta di vini non troppo strutturati e profumati, per cui il sorso deve essere abbondante perché tutta la bocca possa apprezzare il vino.
Note bibliografiche
Merceologia degli alimenti, Ed. AIS
Tecnica dell’abbinamento cibo vino, Ed. AIS
Rivista il Mio Vino, Ed. Il Mio Castello
Tecnica della degustazione del vino, Ed. AIS
Bere giusto - Luigi Veronelli, Ed. BUR Rizzoli
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