Edito da Mondadori, è in libreria il nuovo libro di Rosanna Lambertucci, con la collaborazione di chef Fabio Campoli
L’irresistibile prodotto da forno d’origine alsaziana tra pillole di storia…e di matematica!
Impossibile resistere ai bretzel! Così morbidi e profumati, cosparsi con quei granelli di sale che allietano ogni morso, siamo certi che a tutti sia capitato di assaggiarli almeno una volta nella vita, nel corso di un viaggio nei paesi del centro e nord Europa, o ancora nel corso delle tante manifestazioni gastronomiche che, pur restando nel nostro paese, ci consentono di assaggiare specialità provenienti da differenti parti del mondo.
Alcune fonti raccontano che la storia della ricetta dei bretzel sia legata a quella dei monaci che abitavano il nord dell’Italia e il sud della Francia, i quali sembra utilizzassero gli avanzi dell’impasto del pane per formare delle strisce che poi intrecciavano a conferire la tipica forma a questo prodotto. E ancora, sembra che questi, nella modalità d’intreccio, si fecero ispirare dalle braccia conserte dei fedeli in preghiera: si vennero così a formare i caratteristici tre fori centrali che contraddistinguono il bretzel, che andarono simboleggiare la Santissima Trinità.
Le origini legate al mondo religioso sarebbero confermate anche dall’etimologia: il più moderno appellativo di “bretzel” deriva infatti da “pretzel” o “pretzl”, nella nostra lingua “pretiola”, ovvero ricompensa, quella che i monaci davano in premio ai ragazzi che seguivano i dettami del Signore imparando a memoria preghiere e passi della Bibbia.
Attorno al 1450, i bretzel divennero anche un simbolo della cucina pasquale, perché auspicavano prosperità. Oggi li conosciamo soprattutto come tradizione dei paesi germanici, dove i bretzel si accompagnano benissimo alla birra e vengono serviti non solo tal quali, ma anche tagliati in due parti e farciti come un panino, soprattutto con del burro spalmato generosamente all’interno.
I bretzel devono la propria consistenza caratteristica ad una doppia cottura, che avviene prima per bollitura rapida in acqua e idrossido di sodio (NaOH) e poi in forno, fino a raggiungere la classica consistenza morbida dentro e più compatta fuori. Questo metodo di panificazione in tedesco è noto con l’appellativo di Laugengebäck: a livello industriale, l’utilizzo della soda caustica nell’acqua di cottura incentiva l’aspetto lucido del bretzel, e non vi sono controindicazioni per la salute, dal momento che la causticità si perde totalmente con la cottura in forno. A livello domestico, alla pericolosità di manipolazione dell’idrossido di sodio si sostituisce l’uso del più comune bicarbonato.
Ma avreste mai immaginato che il bretzel potesse avere un senso anche nel mondo della matematica, essendo la sua forma assimilabile al noto nastro di Moebius?
Tutte le superfici della geometria tradizionale sono bilaterali, ovvero possiedono due facce, siano esse inferiore/superiore o interna/esterna. Per passare idealmente da una faccia all’altra, occorrerebbe perforare la superficie e passarci attraverso, oppure scavalcare il margine della superficie stessa. Il nastro di Moebius, invece, è una superficie caratterizzata dal possedere una sola faccia; lo si potrà ricreare facilmente anche in casa, tagliando striscia di carta e unendone le due parti terminali, ma dandogli prima mezzo giro di torsione, unendo cioè l’angolo destro di una faccia con la faccia sinistra dell’altra estremità del nastro. In questo modo si otterrà una superficie dall’aspetto e proprietà particolari, che anche il celebre Escher ha preso ad ispirazione per un disegno. Percorrendo il nastro di Moebius come fanno le formiche nella sua famosa immagine, ci si ritrova “sotto” il punto di partenza semplicemente percorrendolo, senza bisogno né di bucare la carta né di “scavalcare” i bordi.
Accade la stessa cosa se si prova a dipingere il nastro di Moebius di carta: volendo dipingere una sola faccia del nastro, inevitabilmente si dipinge anche l’altra! Inoltre, se si taglia un nastro di carta legato classicamente alle estremità parallelamente alla base si otterranno due nastri di uguale perimetro e dimezzati in altezza; nel caso del nastro di Moebius, tagliandolo si ottiene invece un solo nastro, sempre di metà altezza ma con il perimetro doppio rispetto a quello iniziale.
Lo studio del nastro di Moebius ha avuto la sua importanza nel mondo della matematica, perché ha contribuito a gettare le basi di una nuova scienza chiamata topologia. Questa è una branca della matematica che si occupa proprio di studiare superfici e volumi che non cambiano anche in seguito a continue deformazioni.
Ed è proprio vero che il nastro di Moebius è una figura magica: anche i maghi li utilizzano per i loro trucchi e giochi di prestigio, come quello d’inizio Novecento che prendeva il nome di “gioco delle bande afgane”.
Per concludere, visto che su Prodigus siamo in ambito enogastronomico, val la pena citare non solo il bretzel come “superficie golosa” da percorrere morso dopo morso dandogli “ciascuno il proprio senso”. Un altro particolare oggetto topologico, bellissimo a vedersi e strettamente collegato al nastro di Moebius è la bottiglia di Klein, contraddistinta da non possedere “un dentro e un fuori”, proprio come come il nastro che possiede un’unica superficie.
Fonti sitografiche
- https://www.focus.it/scienza/scienze/quali-caratteristiche-ha-il-nastro-di-moebius
- https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/Matematicae/Aprile_07/AnelliMobius.htm
Grazie come sempre articoli molto interessanti