I consigli per conservarla al meglio e per trarre il massimo dalle sue proprietà benefiche
Il rosso piacere proveniente da Emilia e Lombardia, che ad oggi risulta essere il vino più venduto nel nostro paese
E’ il rosso più venduto in Italia, prodotto in Emilia e Lombardia nel rispetto della tradizione e con tecniche all’avanguardia. Alcuni tendono a snobbarlo come fosse un “vinello”, ma tantissimi invece lo amano perché lo definiscono onesto, sincero, rustico, di facile abbinamento in tavola. Il lambrusco, oltre ad essere un prodotto dal costo generalmente contenuto, rappresenta il carattere semplice ed ospitale degli emiliani, e rende piacevolissimo consumare anche un semplice panino (o lo gnocco fritto locale) farcito con i migliori salumi del territorio.
Attraente per la sua bella schiuma color violetto e per la piacevole vivacità, il lambrusco è un vino derivato da una grande tradizione, con una storia che nel tempo ne ha stigmatizzato le caratteristiche che costantemente deve possedere (quali la nota frizzante, una schiuma abbastanza persistente e la nota di colore posseduta della stessa). Un vino che affonda le proprie radici nel passato, dal momento che già in epoca romana se ne produceva una versione similare, che allungata con acqua era la bevanda più diffusa tra i campagnoli dell’epoca.
Ma se nel passato era prodotto con tecniche semplici in considerazione della classe dei consumatori, da trent’anni l’ottenimento del lambrusco vede applicate tecniche e tecnologie moderne per la produzione, con il controllo della temperatura durante la fermentazione, con la filtrazione e stabilizzazione, con la cura delle viti già in pieno campo, perché il vino di qualità si produce innanzitutto nella vigna, e poi in cantina.
I lambruschi sono un gruppo numeroso di vitigni, il cui nome generico indicava la vite selvatica (vitis silvestris) o labrusca (citata anche da Virgilio nelle Ecloghe), diventato il nome proprio di alcuni vitigni derivati probabilmente dalla domesticazione delle viti spontanee (selvatiche o labrusche) della pianura Padana.
La trasformazione delle labrusche da selvatiche a coltivate (domesticazione) comportò innanzitutto la scelta di terreni idonei (poggianti su sabbia e argilla, per cui non soggetti a ristagno idrico) e l’allevamento a pergola, cioè tale da sostenere la pianta con tetti e palificazioni al fine di allontanare i grappoli dal terreno che in quelle terre vicino al Po è spesso troppo umido e farebbe sviluppare sugli acini le muffe nocive sia alla pianta che al vino che ne deriverà.
L’altra scelta fondamentale degli agricoltori è stata quella di impiantare vigneti specializzati, cioè vigneti fatti solo di viti senza alcuna promiscuità con altre piante sia erbacee (cereali e orticole) che arboree (spesso fruttiferi). Gli impianti precedenti erano promiscui poiché il vino non era visto come fonte di reddito, al contrario di ortaggi, grano, olio e frutta.
I vitigni chiamati “lambrusco” sono oggi diversi: di Alessandria (usato solo misto ad altre uve), Lambrusco a foglia frastagliata (usato solo con altre uve), di Sorbara (anche in purezza, diffuso a Modena), Lambrusco grasparossa (anche in purezza, nelle province di Modena e Mantova), Maestri (anche in purezza, Emilia, Parma e Reggio), Marani (anche in purezza, in Modena e Reggio), Montericco (anche in purezza), Lambrusco salamino (anche in purezza, provincia di Modena) e Lambrusco viadanese (anche in purezza, diffuso nel mantovano e cremonese). I più diffusi sono quello di Sorbara (vino Lambrusco di Sorbara), il Grasparossa (vino Lambrusco Grasparossa di Castelvetro) e Salamino (vino Lambrusco Salamino di Santa Croce).
I lambruschi vengono spesso aggiunti negli uvaggi insieme ad altre uve, perché apportano molto colore e acidità fissa (utile per la conservazione del vino) nei vini, ma vengono usati anche in purezza, ottenendo prodotti in genere tinti di un intenso rosso rubino, leggermente frizzanti, piuttosto aciduli, mediamente tannici, di media alcolicità e con profumo vinoso, spesso amabili e adatti per essere consumati giovani (cioè entro l’anno successivo alla vendemmia).
L’esistenza di tanti vitigni lambrusco determina ovviamente la produzione di vini da lambrusco diversi tra loro, ma la parte del leone spetta a Modena con la produzione di tre tipologie: il Lambrusco Salamino di Santa Croce nella zona nord della provincia, il Lambrusco di Sorbara nella parte centrale, il Lambrusco Grasparossa a sud, tutte DOC. Anche nella confinante provincia di Reggio Emilia la coltivazione del lambrusco è diffusa e origina due DOC: il Lambrusco Reggiano e il Lambrusco Colli di Scandiano e Canossa. In Lombardia dal lambrusco proviene la DOC Lambrusco Mantovano.
La nascita di diversi consorzi di tutela dei vari Lambrusco ha consentito di sfatare la sua errata fama di vino “da poco”, perché se è vero che non parliamo di Chianti, Barolo, Brunello (rappresentanti mondiali del vino italiano) abbiamo comunque di fronte un vino con specifiche caratteristiche, che lo rendono altrettanto unico al mondo: frizzante, profumato, fresco, riconoscibile da tutti per la spuma colorata che si forma nel bicchiere appena lo si versa.
Ma ciò che più occorre sottolineare è che pur avendo i produttori modernizzato il processo produttivo ai fini della qualità e riconoscibilità del prodotto, il prezzo è rimasto molto contenuto e accessibile a tutti. Fino a qualche decennio fa per produrre il Lambrusco si adottava il metodo classico (o Champenoise), lo stesso utilizzato per fare spumanti: la fermentazione del mosto avveniva prima nei tini, ed il vino veniva imbottigliato nei mesi invernali. Con l’aumento della temperatura in primavera, la fermentazione riprendeva, originando l’anidride carbonica che però rimaneva imprigionata nella bottiglia, rendendo il vino “effervescente naturale”.
Oggi la tecnica è un po’ cambiata: il mosto viene fatto fermentare con l’uso di lieviti selezionati che arricchiscono il vino di profumi; segue la filtrazione e il riposo in vasche prima dell’imbottigliamento. Ciò che si imbottiglia è un mosto parzialmente fermentato in quanto contiene ancora zuccheri: saranno proprio questi che serviranno per la ripresa della fermentazione in bottiglia grazie sempre ai lieviti selezionati aggiunti all’inizio, rimasti vivi perché il tenore alcolico prima dell’imbottigliamento è inferiore a 15°.
I lieviti vengono poi espulsi velocemente con l’operazione denominata remuage. Oggi però molti produttori di Lambrusco usano il metodo Charmat o Italiano, molto più rapido e meno costoso del precedente. Dopo la prima fermentazione nei tini di acciaio, il vino passa in autoclavi inox, con l’aggiunta di mosto dolce di lambrusco: è in questi contenitori che la fermentazione riprende con il consumo più o meno totale degli zuccheri e la formazione di bollicine che restano disciolte nel vino e si sprigioneranno solo alla stappatura della bottiglia. Il risparmio è rappresentato dal fatto che non si deve attendere la primavera per la presa di spuma, accorciando così i tempi di produzione e di conseguenza i tempi di attesa per la vendita dei vini.
Il Lambrusco si abbina a una cucina ricca, saporita e genuina (prosciutti, salumi, mortadella, fritti, formaggi sia giovani che appena stagionati). Ottimo anche l’abbinamento sia con i primi piatti come cappelletti, tortelli, paste ripiene, sia con le carni e gli insaccati tipici del territorio. Anche in estate il Lambrusco trova la sua giusta collocazione con gli stuzzichini, o come bevanda dissetante, servito a 11-13°C anche come aperitivo.
Per degustare o bere il Lambrusco, trattandosi di vino da consumare giovane, ricco di bollicine e profumato, è bene scegliere il bicchiere a tulipano che si usa per i rossi giovani, quindi non troppo ampio, con stelo, con imboccatura non troppo ampia per non disperdere velocemente i profumi semplici del vino che devono avere il tempo di giungere al naso rapidamente grazie al restringimento del bicchiere, il quale potrà esser ampio per la produzione di una congrua dose di sostanze volatili profumate. Di recente è stato proposto un bicchiere specifico per la degustazione del Lambrusco.
Note bibliografiche e sitografiche
- A. Calò – A. Scienza – A. Costacurta, Vitigni d’Italia, Edagricole
- A. Dominé, Vino, Ed. Gribaudo
- AA.VV., Il vino Italiano, Ed. AIS
- Mensile il Mio vino, Ed. Il Mio Castello
- www.vinicum.com
- www.vinitalyclub.com
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