La regina delle golosità semplici servita con datterini, noci, squacquerone allo zafferano e rucola
Il legume che sorprende per versatilità e gusto (prima parte)
La soia costituisce da millenni una risorsa importantissima per molte popolazioni asiatiche, e oggi, insieme al riso, costituisce uno degli elementi nutrizionali fondamentali per continuare a nutrire la speranza di sconfiggere la fame nel mondo.
Questa pianta si sta rivelando preziosissima anche per gli abitanti dei paesi occidentali, sia come alimento nutriente e saporito, sia come riferimento per limitare i danni alla salute derivanti da una cucina spesso troppo ricca di colesterolo e grassi di origine animale.
Secondo fonti cinesi, i fagioli di soia venivano coltivati già intorno al 2.800 a.C., piantati anche personalmente (come vuole la leggenda) dall’imperatore Chen-Nung. I cinesi hanno sempre apprezzato la soia, sia in tempi di carestia che più prosperi, per le sue virtù nutrizionali e per la molteplicità di cotture e di prodotti da essa derivabili (in tal senso superiore anche il frumento).
Come terreno, la soia si adatta anche a quelli poco fertili, perché è essa stessa che arricchisce la terra di azoto, rendendola più produttiva (essendo una leguminosa); i semi si possono conservare a lungo senza che si deteriorino, con notevole vantaggio per le popolazioni che abitano in zone isolate o soggette a calamità naturali ricorrenti.
La soia dalla Cina si è diffusa nei secoli prima in Giappone e Corea visti i rapporti commerciali, poi ha cominciato a interessare anche Africa, Stati Uniti ed Europa, a tal punto che oggi l’America ne risultano i maggiori produttori al mondo, grazie anche alla diffusione di varietà OGM.
E’ per questo che molti paesi, come ad esempio Giappone, oggi dipendono dagli USA, dall’Argentina e dal Brasile per l’approvvigionamento di soia, specialmente per la produzione dell’olio derivato da essa.
Per la produzione dei derivati della soia invece (dal miso a tofu, natto e tantissimi altri più o meno conosciuti nel mondo occidentale) si ricorre invece alla produzione e al know-how giapponese, e solo secondariamente a quella americana.
Già durante la migrazione verso Indonesia e Giappone la soia fu soggetta ad adattamenti ai gusti tradizionali locali, originando nuove lavorazioni e nuovi prodotti derivati. In climi differenti, ovviamente, il risultato del raccolto sia in quantità che qualità fu differente, tanto da far affermare che la soia di determinati paesi è adatta più per ottenere alcuni derivati che altri (per esempio, quella migliore per fare del tofu è la soia giapponese).
Il palato americano ed europeo stentò però ad accettare un gusto che per gli asiatici era invece prelibato, per cui all’inizio se ne ricavò essenzialmente olio e proteine per l’alimentazione animale. Occorse giungere al diffondersi della cucina macrobiotica per convincere molti occidentali a usare salsa, germogli, farina, formaggio e latte di soia.
Così come furono le tecnologie alimentari d’avanguardia a consentire di produrre nuovi derivati come la farina di soia disoleata per produrre ragù, spezzatini, bistecche e altre pietanze sostitutive della carne, con gusto e consistenza simili a questa, ma di origine esclusivamente vegetale e quindi priva di colesterolo ed altri elementi esclusivi della carne.
Sempre le tecnologie alimentari occidentali hanno generato la lecitina, largamente usata come integratore alimentare e dietetico, oltre che come additivo per migliorare le performance di molti alimenti.
Altri derivati della soia sono diventati indispensabili per la panificazione e la pasticceria; perfino la pasta, esclusiva della cucina mediterranea, oggi può essere arricchita con le proteine della soia. Lo stesso UNICEF sta cercando di favorire la produzione di soia e derivati per sconfiggere la fame in tanti paesi, proprio per le caratteristiche quantitative e qualitative dei semi di soia.
Botanicamente la soia, come già accennato, è una leguminosa (proprio come ceci, fagioli, lenticchie e fave) della famiglia Phaseoleae e della specie Glycine max, di cui si conoscono numerose varietà (giganti, nane, tardive, precoci, a semi gialli – verdi – viola – neri, con due o più baccelli) adatte a vari tipi di clima e di terreno.
La composizione nutrizionale della soia varia anch’essa in base al luogo di coltivazione, ma in generale si può affermare che 100g di prodotto grezzo contengono il 41% di proteine, 26% di carboidrati, 21% di lipidi, 5% di cellulosa, 5% di sali minerali e 2% di vitamine. Con la produzione di semi decorticati e disoleati, la % di proteine aumenta fino al 55% e di carboidrati fino al 32%.
Come le altre leguminose, anche la soia può essere definita la “carne dei poveri” per il suo alto contenuto proteico e la presenza di proteine nobili, contenenti cioè la gamma completa di amminoacidi essenziali per l’organismo (quelli che il corpo non riesce a costruire e che risultano indispensabili per la vita); a differenza però delle altre leguminose, la soia contiene anche l’amminoacido chiamato lisina (ad alto valore biologico, ndr) in ottime quantità, fattore che la rende per questo nutrizionalmente molto simile alla carne animale.
La tradizione orientale combina spesso i prodotti della soia con piatti a base di riso: questa combinazione fornisce un pasto completo e bilanciato tra carboidrati e proteine. Si verifica dunque quello che negli altri continenti accade abbinando la pasta ai fagioli, o il farro o l’orzo e altri cereali alle leguminose locali, nell’ottica di aumentare il valore nutritivo della pietanza.
Le proteine della soia non sono soltanto di qualità, ma anche a basso prezzo, viste le quantità abbondanti delle produzioni per ettaro di superficie, le minori cure colturali richieste e i derivanti minori costi di produzione per quintale di seme prodotto.
Della soia non si butta davvero via niente: dopo l’estrazione dei semi, la pianta può essere usata nell’alimentazione animale, così come può servire per il sovescio (cioè per concimare il terreno semplicemente interrandola prima della fioritura) o la pacciamatura (ovvero, venendo stesa sul terreno, protegge le coltivazioni dalla crescita delle malerbe, dalla perdita di acqua e dall’eccessivo riscaldamento).
Inoltre, l’industria trasforma la pianta in carburante, aldeidi e altre sostanze. Il seme oltre che intero può essere trasformato in farina, germogli e per estrarre olio; i cosiddetti “panelli” (così sono chiamati i residui della pianta post-estrazione delle sostanze, ndr) vengono usati per alimentare gli animali o come combustibile per caldaie. Infine, sgrassando la farina si ottiene l’olio, dal quale si ottiene a sua volta lecitina di soia.
Si può tranquillamente affermare che la soia è un alimento sano e altamente digeribile: la sua diffusione parte dalla scoperta degli effetti negativi del consumo di carne sulla salute umana (a causa del suo transito lento nell’intestino e alla conseguente formazione di sostanze biogene tossiche, spesso cancerogene).
Il contenuto in proteine nobili, l’assenza di colesterolo, la veloce digeribilità e l’apporto di fibre ne fanno dunque un alimento idoneo al consumo in ogni età.
Edamame è il nome giapponese dei baccelli di soia che contengono i fagioli di soia, che possiamo trovare in commercio sia verdi, che neri-viola, che gialli. Quelli verdi sono più piccoli e teneri, e vengono usati anche per produrre i germogli, il cui consumo dovrebbe avvenire soprattutto a crudo per trarre il massimo dai loro principi nutritivi.
I fagioli neri o viola sono chiamati azuki: di grandezza media tra quelli verdi e quelli gialli, gli azuki si consumano sia germogliati che cotti o stufati, facendo precedere l’uso da un breve ammollo di un paio d’ore, utile per ridurre il tempo di cottura e favorire la digestione (durante tale operazione bisogna cambiare un paio di volte l’acqua per allontanare sostanze antinutrizionali naturalmente contenute in molti tipi di legumi).
La soia gialla, che si presenta invece grossa e con tegumento esterno più spesso, viene invece usata soprattutto a livello industriale, per produrre farina, estrarre olio e preparare i diversi derivati che esamineremo nella seconda parte di questo articolo.
Note bibliografiche e sitografiche
- G. Dalla Via, La soia, Ed. Di Red
- F. Bonciarelli, Coltivazioni erbacee, Ed. Edagricole
- AA.VV., Colture e allevamenti alternativi, Ed. REDA
- www.viversano.net
- www.fondazioneveronesi.it
- www.saperesalute.it
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