Venerdì 1 febbraio non perdete la lasagna dai "distinti sapori" di chef Fabio Campoli a La Prova del Cuoco!
Proseguiamo il viaggio alla ricerca del cibo nelle citazioni di "Oliver Twist" di Charles Dickens ed "Il pranzo di Babette" di Karen Blixen
“Oliver Twist” di Charles Dickens (1837-1839)
Questo celebre romanzo, nella sua prima edizione, uscì in forma di puntate mensili sulla rivista britannica Bentley’s Miscellany, per poi passare alla storia come una delle opere più significative di Charles Dickens. Ai tempi, fu uno dei primi esempi di letteratura a tema sociale, che mira all’approfondimento dei mali della società inglese ottocentesca attraverso uno stile nuovo e “anti-romantico”, quasi più vicino a quel che in Italia, qualche decennio dopo, ha preso il nome di Realismo, ma caratterizzato da un umorismo-pessimismo unico nel suo genere.
In “Oliver Twist”, la tavola si fa mezzo per la prima denuncia sociale di Dickens, ovvero le condizioni in cui versano gli orfani raccolti negli ospizi: non solo erano sottoposti allo sfruttamento minorile ed a molteplici maltrattamenti, ma pativano anche la fame. E’ così che, dopo quasi tre mesi di digiuno forzato, il destino vuole che sia Oliver Twist colui che, nel gruppo di orfanelli finalmente seduti a tavola, verrà scelto a sorte per provare a chiedere di poter mangiare una porzione di cibo in più.
“Come al suo solito il direttore in grembiule da cuoco si avvicinò al pentolone con le sue assistenti alle spalle, la zuppetta fu scodellata e una lunga preghiera fu recitata perché Dio la benedicesse. La farinata fu fatta fuori in un baleno e i ragazzi cominciarono a sussurrare fra loro, dandosi di gomito e facendo segno a Oliver. La fame, si sa, fa uscire il lupo dalla tana; e la fame rese coraggioso il ragazzo, che si alzò, si avvicinò al direttore con la sua scodella in mano e balbettò: “Per favore, potrei averne ancora?”
Il direttore era un uomo massiccio e corpulento, ma udendo quelle parole impudenti impallidì, fissò stupefatto il piccolo sfrontato e si appoggiò al pentolone per sostenersi, quanto alle assistenti e ai ragazzi erano come paralizzati. “Che... che cosa hai detto?” chiese infine l'uomo con voce morente. “Per favore”, ripeté Oliver, “ne vorrei ancora un po’”.
[…] “Scusate, signor Limbkins! Oliver ne ha chiesto ancora! Se si potesse sopravvivere dopo di aver ricevuto in pieno petto una palla di cannone si avrebbe la faccia che mostrarono i membri del comitato dopo di aver ascoltato quelle parole. Ancora? boccheggiò il signor Limbkins. Calma, Bumble, e rispondete chiaramente. Volete dire che ha chiesto dell'altra farinata dopo aver mangiato la razione regolamentare? Proprio così, signore. Quel ragazzo finirà impiccato. profetizzò il signore dal panciotto bianco.
Nessuno osò contraddire quel profetico augurio e seguì una discussione alquanto animata. Oliver venne condannato ad essere segregato di volata e l'indomani mattina fu attaccato al cancello dell'ospizio un avviso che offriva un compenso di cinque sterline a chi avesse sollevato la parrocchia dal peso di Oliver Twist. In altri termini, cinque sterline sarebbero state versate a colui che avesse avuto bisogno di un apprendista per qualunque mestiere, impiego, professione. Quando l'indomani lesse quell'annuncio sul cancello, il signore dal panciotto bianco ripeté: Quel ragazzo finirà impiccato”.
“Il pranzo di Babette” di Karen Blixen (1950)
Il celebre film trae in realtà spunto da un racconto di Karen Blixen, edito in Italia nel 1962 nella sua raccolta intitolata Capricci del destino. Babette Hersant è una ex-cuoca parigina accusata di essere una rivoluzionaria, che scappa dalla Francia per trovare rifugio in Norvegia presso l’abitazione di due anziane sorelle, figlie di un decano protestante e fondatore di una sorta di congregazione che coinvolge tutto il loro piccolo, antiquato villaggio.
Babette si guadagna la fiducia e l’ospitalità delle due donne prestandosi al lavoro di governante, finché un giorno riceve inaspettatamente dal suo paese natale una vincita pari a 10.000 franchi. L’intero villaggio è certo che Babette userà quella somma per rientrare a Parigi, ma la donna chiede addirittura umilmente di poter dedicare uno specialissimo pranzo al centesimo anniversario dalla nascita del venerato decano padre delle ospitali sorelle.
Ebbene, questo pranzo è passato alla storia proprio per il suo significato intrinseco, ovvero quello della tavola vissuta come innegabile momento di piacere e di abbandono, che rinnova la gioia e stimola la socialità in qualsivoglia individuo, ma che viene messo ancor più in rilievo dalla reazione e dalla natura dei commensali di Babette, seguaci di una vita morigerata e lontana dai vizi terreni.
“Il ragazzo di Babette colmò un bicchierino di fronte a ogni membro della comitiva. Essi lo portarono alle labbra, gravi, a conferma della loro risoluzione. Il generale Loewenhielm, che sospettava un poco di quel vino, ne bevve un sorsetto, sussultò, sollevò il bicchiere prima all'altezza del naso e poi degli occhi, e lo posò poi, sbalordito. "Che strano!" pensò. "Amontillado! E del miglior Amontillado che mai abbia assaggiato." Dopo un attimo, per mettere alla prova le reazioni del suo gusto, prese una mezza cucchiaiata di minestra, poi una cucchiaiata piena, e posò il cucchiaio. "È veramente strano!" disse a se stesso, "perché sto certamente bevendo brodo di tartaruga... e che brodo di tartaruga!" Fu preso da uno strano panico e si vuotò il bicchiere.
Di solito, a Berlevaag, nessuno parlava molto mentre mangiava. Ma quella sera, non si sa come, le lingue s'erano sciolte. Un vecchio Fratello narrò la storia del suo primo incontro col decano. Un altro evocò la predica che sessant'anni prima aveva provocato la sua conversione. Una vecchia, quella alla quale Martina aveva confidato per prima il suo sgomento, ricordò ai suoi amici che nelle avversità ogni Fratello o Sorella sarebbe stato pronto a spartire il fardello dell'altro”.
Photo made in AI
Scritto da Sara Albano
Laureata in Scienze Gastronomiche , raggiunta la maggiore età sceglie di seguire il cuore trasferendosi a Parma (dopo aver frequentato il liceo linguistico internazionale), conseguendo in seguito alla laurea magistrale un master in Marketing e Management per l’Enogastronomia a Roma e frequentando infine il percorso per pasticceri professionisti presso la Boscolo Etoile Academy a Tuscania. Dopo questa esperienza ha subito inizio il suo lavoro all’interno della variegata realtà di Campoli Azioni Gastronomiche Srl, , dove riesce ad esprimere la propria passione per il mondo dell'enogastronomia e della cultura alimentare in diversi modi, occupandosi di project management in ambito di promozione, eventi e consulenza per la ristorazione a 360°, oltre ad essere referente della comunicazione on e offline di Fabio Campoli e parte del team editoriale della scuola di cucina online Club Academy e della rivista mensile Facile Con Gusto.

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