Lunedì 12 ottobre Fabio Campoli a "La Prova del Cuoco" con un gustossimo primo piatto
Fritta, bollita o arrostita, è il tubero che ha conquistato i palati del mondo intero: scopriamo da dove provengono le patate e come sono fatte
La patata dal punto di vista botanico, la patata fa parte della grande famiglia delle Solanacee (a cui appartengono anche la melanzana, il peperone, il pomodoro, il tabacco, ecc.), al genere Solanum, specie S. Tuberosum. Secondo Vavilov i centri di origine di tutti i vari tipi di patate sarebbero situati in Perù, Cile, Ecuador e Bolivia. Da tali zone, ancor prima della scoperta di Colombo, la patata si sarebbe diffusa in molte parti dell’America meridionale ed era chiamata papas da molti indigeni.
Con la conquista del Perù e del Cile da parte degli spagnoli la patata fu portata nella penisola iberica e da qui si diffusa in Portogallo, in Italia e nel resto d’Europa, mentre furono i coloni inglesi e irlandesi che la portarono nell’ America settentrionale quando furono fondate le colonie inglesi in questo continente. Nelle terre europee all’inizio la patata veniva guardata con sospetto e ripugnanza, in quanto si riteneva che fosse cibo per animali.
Furono le carestie europee, verificatesi tra il XVIII e il XIX secolo, che fecero apprezzare alle popolazioni le buone qualità della patata. Tra i vari agronomi che ne favorirono la diffusione va ricordato il francese Antonio Parmentier (a lui è dedicata la ricetta delle patate alla Parmentier). Ex farmacista militare. In Italia la diffusione della patata cominciò tra il 1810 e il 1812 ad opera specialmente del chimico – farmacista veneziano Vincenzo Dandolo.
La patata si affermò nell’alimentazione umana soltanto a partire dalla metà del XVIII secolo, quando il rapido incremento della popolazione in Europa, con l'aumento delle necessità di cibo, rese necessaria l'adozione di coltivazioni, come la patata e il mais per la polenta, che avevano un rendimento maggiore rispetto ai cereali ed erano capaci di fornire molte calorie in più a parità di quantità consumata, vista la particolare ricchezza di amido.
Nel XIX secolo la coltivazione della patata in Europa raggiungeva estensioni tanto ampie da costituire in non pochi Stati il prodotto agricolo principale. Le catastrofiche infezioni del parassita fungino Phitophtora, verificatesi nel 1845 e nel 1879 in Irlanda, dove la patata rappresentava quasi l’unica risorsa agraria, più che ridurre l’area coltivata furono di incentivo per le indagini scientifiche volte a debellare il parassita. Oggi la patata è diffusa in tutto il mondo, raggiungendo addirittura i 71° di latitudine nord, area in cui sembra appena possibile la coltivazione solo dell’orzo e non manca anche nella freddissima Groenlandia, dove per ovvi motivi di freddo i tuberi non si possono porre nel terreno tal quali per poi svilupparsi, ma devono essere seminati già germogliati, avendo a disposizione poco tempo per svilupparsi e produrre nuove patate (tuberi).
Le coltivazioni di patate si trovano nell’Africa del nord e all’Equatore ma anche a notevole altitudine (in Italia anche nelle Alpi fino a 1500 – 1800 m di altitudine). In Europa però la zona classicamente coltivata a patata è quella centro – orientale (Germania, Polonia, Repubblica Ceca, ecc.): qui insieme alla segale (cereale) costituisce l’alimento più importante nell’alimentazione.
Dal punto di vista nutrizionale, la patata ha una composizione ottimale per l’alimentazione essendo ricca di carboidrati in forma di amido; in 100 g di prodotto si rinvengono 75-78% di acqua, 2% di proteine (ricche di asparagina e glutenina), 0,1-0,15% di grassi, 17-21% di carboidrati (amido), zuccheri (destrosio e saccarosio) 0,4-0,5%, 0,4-1,0% di fibra grezza (cellulosa e pectina), 1,0-2,5% di ceneri (formate da fosforo, calcio e ferro), oltre a vitamine A-B1-B2-C-PP. Nel tubero della patata abbondante è l’amido, materiale di riserva che costituisce il cosiddetto parenchima (o tessuto parenchimatico) i cui granuli sono grossi, oviformi, oppure semplicemente tondi e stratificati (la variabilità è funzione della varietà di patata). Cento grammi di polpa bollita, sbucciata e senza sale apportano solo 86 kcal.
Gli strati più esterni dell’amido possono debolmente rinverdire per azione della luce formando clorofilla e producendo un alcaloide glucosidico velenoso detto solanina (presente sempre nelle patate immature e verdi), per cui le patate durante la conservazione non devono essere esposte alla luce, pena l’impossibilità di venderle in quanto immangiabili a causa della termo stabilità della solanina, la quale quindi non viene distrutta dalla cottura.
Per decomposizione dell’amido, con le basse temperature nonché soprattutto con il trascorrere del tempo dalla raccolta, questo si trasforma in zuccheri semplici: la patata diventa più dolce e tenderà anche a colorire maggiormente in cottura (es. le patate fritte o al forno diventano di colore aranciato piuttosto uniforme, data la disponibilità di zuccheri semplici che tendono a caramellare).
La patata è una pianta erbacea stolonifera e tuberifera, nel senso che nel terreno forma stoloni e tuberi, che ricordiamo essere fusti speciali capaci di dar vita a nuove piante (non sono perciò delle radici). I firoi della patata sono piccoli e bianchi, danno origine al frutto, il quale botanicamente è una bacca carnosa (come l’uva) molto tossica, contenente i semi. Della patata ci interessano i tuberi interrati e non il frutto. Il ciclo della patata è annuale, anche se in natura la pianta è poliennale. Nella pratica agricola si hanno patate a ciclo precocissimo (70-80gg), precoce (80-90), mediamente precoce (90-100), mediamente tardivo (100-120), tardivo (120-140 gg), molto tardivo (oltre 140 gg).
I tuberi possono raggiungere un peso individuale fino a 3 kg; il numero di tuberi per pianta dipende da molti fattori sia colturali che genetici. Hanno buccia variamente colorata in relazione a genetica della varietà, condizioni ambientali, natura del terreno. La tinta della buccia si attenua con l’invecchiamento del tubero, mentre è molto brillante nei tuberi freschi di raccolto e lavati. Sui tuberi (a dimostrazione che trattasi di fusti sotterranei) vi sono gli “occhi”, i quali altro non sono che le gemme da cui si svilupperanno radici, fusti e foglie della intera pianta.
La patata riveste particolare importanza come pianta alimentare, sia per il consumo diretto che per la preparazione di derivati, per l’l’industria dell’amido e dell’alcol per la produzione di distillati famosi coma la vodka e altri, oltre che come foraggio per gli animali. SI distinguono patate da tavola, da foraggio, da amidoneria (amido, fecola, alcol) e universali (per tutti gli usi).
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Nel mondo il più grande produttore di patate è la Cina, seguita dall’india; in Europa il primato della produzione è della Germania con 9,7 milioni di T, seguita dalla Francia con 6,9 milioni e dalla Polonia con circa 6,3 milioni di T. L’Italia è tra i minori produttori di patate con i suoi 1,75 milioni di T, e le regioni più interessate sono Veneto, Lazio e Puglia, seguite da Abruzzo, Molise e Campania.
Per la patata si distinguono una coltura comune, una anticipata o primaticcia, una bisestile o di secondo raccolto, le ultime due diffuse molto ne sud Italia per l’esportazione. Altra classificazione è in base al colore della pasta (parenchima), per cui si avranno: patate a pasta gialla, dalla polpa compatta e “cerosa” (derivano il loro colore dalla presenza di caroteni), sono impiegate per le patatine fritte industriali e casalinghe, ma sono adatte anche per le insalate e le cotture in forno; patate a pasta bianca, dalla polpa farinosa che si spappola durante la cottura: sono adatte ad essere schiacciate, per esempio nel purè, nelle crocchette o negli gnocchi; patate novelle, caratteristiche per la buccia sottile, vengono raccolte quando la maturazione non è completa: sono a breve conservazione e andrebbero bollite con la buccia; patate a buccia rossa e pasta gialla, caratterizzate dalla polpa soda che le rende indicate per le cotture intense quali cartoccio, forno e frittura. Esistono anche patate “a pasta intermedia”, ovvero che presentano la polpa in parte cerosa e in parte più farinosa.
La patata risulta molto richiesta per la preparazione delle patate fritte, del puré e degli gnocchi, assimilando una sorta di americanizzazione in tal senso: si richiedono perciò sempre più patate con caratteristiche idonee per l’ottenimento di tali derivati, anche a detrimento della superficie destinata al consumo diretto. Dalle patate otteniamo chips (occorrono 3-5 kg di patate per un kg di cips), patate fritte (2 kg di patate per un kg di fritte), derivati disidratati per puree (5-7 kg di patate per un kg di disidratate). Tra gli altri derivati delle patate sono da ricordare anche le patate prepelate confezionate in atmosfera modificata e quelle in scatola, poco reperibili e amate nel nostro territorio ma non in altri del mondo.
Non bisogna poi dimenticare che l’industria sfrutta le patate per l’estrazione della fecola, del glucosio e per la produzione di alcol. In cucina le patate sono molto versatili e facili da utilizzare. Possono essere cotte con la buccia o senza, intere o a pezzi, con condimenti o senza. Le patate non possono essere mangiate crude perché l’amido non sarebbe digeribile: solo la cottura lo rende gelatinizzato e gustoso al palato, in quanto demolito in composti meno complessi e più dolci. In genere le patate si servono calde sia da sole che in varie preparazioni; solo le insalate di patate e le chips industriali si consumano non calde. Elencare le ricette culinarie con l’uso della patata sarebbe fatica improba, tanto numerose esse sono. Molte sono anche le prelibatezze a base di patate riconosciute come PAT (Prodotto agroalimentare tradizionale)nelle diverse Regioni Italiane (es. pizza di patate in Campania, riso, patate e cozze alla barese, ravioli di Esino in Lombardia ecc.).
Concludiamo segnalando che le patate vengono impiegate anche come cosmetico: si possono infatti sfruttare le loro proprietà in impacchi per far riposare gli occhi. Basta tagliare a fette una patata cruda e poggiare le fette sulle palpebre. Oppure la si può grattugiare, avvolgendola in garza e poggiandola sugli occhi per 15 minuti.
Note bibliografiche
- Manuale dell’Agronomo, Ed. REDA
- Bonciarelli, Coltivazioni erbacee, Edagricole
Scritto da Luciano Albano
Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione.
Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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