I vini analcolici

In Italia entrano sul mercato i vini privati del tutto o in parte della frazione alcolica (e all’estero sono già un successo)

I vini analcolici

Ridurre o eliminare la parte alcolica di tante bevande contraddistinte nel sapore tradizionale anche da questa componente sembra essere oggi una vera tendenza. Dopo mocktails (ovvero i cocktails in versione analcolica), birre al 0% di alcol e distillati senza alcool (non alcoholic distilled spirits), sono arrivati anche i vini “analcolici”, che hanno fatto parlare molto qualche mese fa nel corso dell’edizione 2022 del Vinitaly. 

I prodotti enologici “low alcol” e “no alcol” rappresentano un tema scottante sotto diversi aspetti. Anzitutto gli attori della filiera vinicola li percepiscono come una potenziale minaccia per l’immagine del mercato del vino italiano, e anche i consumatori più affezionati all’originale non sentono ragioni. In realtà però questi vini sono già prodotti, conosciuti e diffusi nei paesi anglosassoni, in Germania e in Spagna, mercati dove riscuotono successo insieme ad altre bevande alcol-free, con un’ottima previsione di crescita della richiesta. 

Per il vino dealcolizzato (o parzialmente dealcolizzato) commercializzato negli Stati Uniti, gli analisti di Wine Intelligence stimano per il periodo 2022-2025 una crescita media annua intorno al 30%: ciò ad ulteriore conferma dell’esistenza di una fascia di mercato tutta nuova – e completamente “distaccata” dal “consumatore affezionato” precedentemente citato - fortemente interessata a limitare (o evitare del tutto) il consumo di alcol senza rinunciare al piacere del buon sapore delle bevande più popolari da sorseggiare in compagnia. Ciò può accadere ad esempio per scelte dietetiche, necessità salutistiche o dettami religiosi

In rischio che si corre è però duplice: da un lato i “vini dealcolizzati” senza una corretta legislazione potrebbero essere confusi con “soft drinks a base di mosto d’uva” che eliminano la problematica dell’alcol ma rappresentano l’ennesimo prodotto immesso sul mercato con elevato contenuto di zuccheri semplici (seppur naturali), indispensabili per stabilizzare sia il sapore che la conservazione della bevanda. Dall’altro, i vini propriamente dealcolizzati (cioè prima ottenuti dalla classica vinificazione e poi sottoposti a processi di separazione della frazione alcolica) rischiano di diventare equilibrate alchimie chimiche che passano attraverso innumerevoli macchine e filtri, rendendosi molto più simili ai prodotti processati industrialmente (anche se non ce ne accorgeremo dall’etichetta). 

Ad ogni modo, il grande dibattito aperto su questo tema è quello normativo, legato principalmente alla giusta denominazione di questi prodotti che la legislazione attuale non cita né prevede nelle definizioni merceologiche di “vino”. Ma i provvedimenti sono già stati presi dal Parlamento e dal Consiglio europeo nell’ambito del progetto PAC 2023-2027: dal 1° dicembre 2023 entrerà in vigore il regolamento 2021/2117, mediante il quale la legislazione vitivinicola sarà “aggiornata” con la nascita delle due nuove definizioni di “vini dealcolizzati” (con contenuto in alcol inferiore allo 0,5%) o “vini parzialmente dealcolizzati”.

Starà a voi scegliere se iniziare a cercarli e provarli. Dal canto nostro, ci sentiamo di consigliare ancora cibi e bevande autentici, a prescindere dai “nobili intenti” raccontati dietro di essi. 


Fonte: Il fatto alimentare

Scritto da Redazione ProDiGus

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