Quando il pane è fritto

Non solo al forno: in tante cucine del mondo capita che tanti semplici impasti d’acqua e farina finiscano per essere… gustosamente fritti

Quando il pane è fritto

Nelle cucine di tutto il mondo, accade che ciascun cuoco (di casa o di professione) con il proprio bagaglio culturale gastronomico scelga di friggere un impasto a base di acqua e farina lievitato (e qualche volta anche non) piuttosto che farlo finire più classicamente steso in teglia o formato in pagnotte all’interno del forno per ricavarne le più classiche tipologie di pane.  In Italia gli esempi più celebri di tale usanza sono senza dubbio la pizza fritta napoletana, i panzerotti pugliesi e gnocco e torta fritta dell’Emilia Romagna, ma quest’oggi vogliamo concentrarci sul racconto delle tradizioni straniere. 

In Nuova Zelanda l’occasione per assaggiare un buon pane fritto è la festa del Matariki, celebrata solitamente alla fine del mese di maggio o ad inizio giugno. In lingua maori Matariki è l’ammasso stellare delle Pleiadi che sorge esattamente all’alba rendendosi visibile a queste latitudini. Diversi popoli tra cui i Maori usano datare l’inizio dell’anno nuovo con questo fenomeno, altri attendono la successiva luna piena o ancora l’alba della successiva luna piena per farlo. 

In occasione dei festeggiamenti (e non solo), il pane fritto neozelandese, chiamato paraoa parai nella lingua maori, si ottiene con 3 tazze di farina, 2 cucchiaini di lievito istantaneo, mezzo di zucchero e uno di sale e si aggiunge una tazza e mezza d’acqua circa. La lievitazione ha una durata di 45-60 minuti e, una volta raddoppiato il volume, l’impasto viene steso e ritagliato in varie forme per essere poi fritto 2-3 minuti in olio di canola o di crusca di riso. Questo pane fritto si presta ad accompagnare marmellata, burro e miele ma anche si può farcire con formaggio, pancetta, funghi, cipolle, panna acida. Da quando il paraoa parai è divenuto cibo di strada, il lievito naturale ottenuto da patate bollite, farina, zucchero e acqua sembra funzionare in modo simile al lievito di birra o al lievito madre.

In Argentina così come in Bolivia, in Cile, in Messico e in Uruguay la pasta per pane fritta è la sopapilla o sopaipa o cachanga, preparata con farina di frumento lievitata con aggiunta di strutto o burro. Viene stesa e tagliata in forma circolare, quadrata o triangolare e di dimensioni diverse a seconda che si serva come dessert dolce o come piatto unico. In questo caso le forme si gonfiano nell’olio bollente e creano una tasca interna che si può farcire in vari modi. In Argentina i sopapilla accompagnano il maté; in Patagonia la pasta di farina è arricchita con purea di zucca, in Perù l’impasto del pane fritto può contenere la cannella e in Uruguay, dove si chiama anche torta frita, ha forma allungata e sottile, ha grandi dimensioni e si consuma ricoperta di zucchero soprattutto nelle giornate di pioggia. In Cile le sopaipilla sono rotonde con dei fori al centro e si servono con salse a base di peperoncino, aglio e cipolla ma anche con senape, ketchup, avocado e formaggio; nella versione dolce sono immerse in sciroppo d’arancia e cannella e si consumano in strada anche qui nei giorni di pioggia.

Il frybread è il sottile pane fritto che fu prodotto nel 1864 dal governo degli Stati Uniti d’America per i Navajos. Questo popolo dovette spostarsi di 300 miglia per raggiungere dall’Arizona il New Mexico, un luogo dove non potevano coltivare fagioli e verdure. È per questo che il frybread è diventato in chiave polemica un simbolo del colonialismo per cui i nativi americani non gradiscono che sia ritenuto una tradizione della loro cucina. La ricetta tipica prevede l’aggiunta di olio all’impasto di farina, acqua, lievito e sale, e la lievitazione dura dai 30 minuti ad un’ora. La pasta viene quindi stesa in dischi piatti prima di finire nell’olio in padella. Tra le varianti c’è anche l’uso di maionese nell’impasto e di yogurt o latte acido in sostituzione del lievito. Dal 2005 il frybread è divenuto il pane ufficiale del South Dakota.

Nel New Mexico il pane fritto è rappresentato da dei cuscinetti di pasta che servono a raccogliere le salse nel piatto oppure vengono frantumati in zuppe e stufati; si trovano anche come dessert, guarnite con miele o sciroppo d’anice o ricoperti di zucchero e cannella e sono parte della cucina Tex-Mex. Spostandoci verso il nord America troviamo un pane fritto diverso da quello del sud del continente americano; nel suo impasto ci sono lievito, farina ma anche latte in polvere, acqua, sale e un dolcificante, e qui il pane fritto si serve essenzialmente con miele o confetture e frutti di bosco. Dopo la lievitazione, dall’impasto si ricavano delle palline che si appiattiscono leggermente praticandovi 3- 4 tagli prima di friggerle. 

Se ci spostiamo in India, il paese dei tanti pani diversi, il pane a lievitazione naturale che viene fritto è il bhatoora o bhatura servito a colazione o a pranzo assieme al curry di ceci. Qui alla tipica farina maida si aggiungono yogurt, burro chiarificato e lievito. L’impasto lievitato viene lavorato in forma di palline che si gonfiano nell’olio restando morbide internamente e croccanti all’esterno. Si consumano con salse allo yogurt, sottaceti o verdure.  

Proseguendo il nostro giro del mondo troviamo in Tunisia i bambalouni, che hanno la caratteristica di dover essere lavorati più volte; la loro preparazione ricorda quella dei nostri krapfen, come la forma a ciambella che viene data alla pasta prima di tuffarla nell’olio bollente. I bambalouni si servono con zucchero e miele. I mandazi del Kenya sono invece gustosi panini fritti serviti spesso a colazione sorseggiando o caffe; ai consueti ingredienti del pane si aggiungono uova, zucchero, del latte caldo e delle spezie (cardamomo, pimento, cannella e zenzero). In Sudafrica il vetkoek, che alla lettera si traduce in torta grassa, è una ciambella che nell’impasto annovera il curry: viene riempito tradizionalmente con carne macinata al curry e nel tempo è diventato uno street food assai popolare in Botswana, in Namibia e in tutto il Sudafrica e lo si trova non più soltanto in occasione di feste popolari ed eventi locali.

Alla cucina di Trinidad e Tobago e dei Caraibi appartiene il fried bake, pane fritto in forma di palline che vengono servite con pesce salato o squalo fritto. E nella nostra vecchia Europa? C’è in Bulgaria la mekitsa, la pasta è lavorata con yogurt e tra gli ingredienti ci sono anche le uova; molto simili sono in Ungheria i langos, mentre in Grecia è diverso il tiganopsomo, che può essere anche un piatto unico affiancato ad un’insalata perché tra due dischi di pasta lievitata stesa sottile viene messa la feta e i dischi vengono quindi ben pressati e fritti in poco olio. 

Scritto da Elena Stante

Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 al 2023 ha insegnato Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali ed ha collaborato con la nomina di Vice Direttore per la regione Puglia alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani. Le piace correlare la scienza al cibo, nonché indagare su storie e leggende, e con Prodigus inizia il suo percorso di redazione di contenuti golosi per gli utenti del web.

0 Commenti

Lasciaci un Commento

Per scrivere un commento è necessario autenticarsi.

 Accedi


Altri articoli