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Tra varie leggende sull’origine di un dolce al cucchiaio ancora oggi fra i più amati, la più accreditata si lega alla nostra nazione e varie regioni
Zuppa inglese: un nome, una garanzia! A maggior ragione davanti all’evidenza che di britannico, questo amato dolce al cucchiaio, possiede solo ed esclusivamente il nome.
Con il numero “675”, la ricetta della zuppa inglese compare già, alla fine dell’Ottocento ne “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, che la attribuisce alla tradizione toscana. Origine ed etimologia del nome di questo classico della pasticceria italiana sono però molto più dubbie e incerte, non esiste una vera e propria documentazione, mentre è sicuro che già nel XIX secolo in almeno tre regioni italiane (Emilia-Romagna, Toscana e Marche) fosse già molto diffuso e apprezzato.
È solo una leggenda l’ipotesi dell’origine francese del dolce, che secondo alcuni sarebbe nato durante la Guerra dei Cent’anni proprio per schernire i rivali inglesi. Non vi sono infatti riferimenti storici fondati per attribuire ai cugini francesi la paternità di una ricetta che non ha tradizione alcuna nella loro cucina.
Più probabile è invece l’origine anglosassone del dolce che, nato dalle mani di Sir Charles O’ Connor per la Regina nel XVI secolo, fu poi rielaborato presso la corte dei Duchi D’Este. Qui si operò, come spesso accade nella storia della cucina, una rivisitazione del tipico dolce rinascimentale inglese trifle (a base di pasta lievitata imbevuta di cherry, crema pasticcera, panna e frutta). Nel tempo, sarebbe stata introdotta come base del dolce la tipica ciambella senza buco emiliana (la cosiddetta “brazadèla ferrarese” o “il bensòun modenese”). Successivamente, per rendere perfetta la consistenza del dessert, la ciambella fu sostituita con il pan di spagna (o in alternativa con i savoiardi) e la crema pasticcera prese via via il posto della panna.
Curiosa la tesi che vuole il dolce di origine napoletana, attribuendolo al periodo della Repubblica Partenopea in cui l’ammiraglio Francesco Caracciolo fu sconfitto dall’ammiraglio Nelson. Fu allora che il Re Ferdinando I, cui gli Inglesi restituirono il trono, volle onorarli offrendo una festa in onore proprio dell’ammiraglio. In quella circostanza, al momento di servire il dessert, il cuoco avrebbe improvvisato un dolce preparato con biscotti secchi bagnati nel rum e aggiunti di crema pasticcera, invitando poi il cameriere “a servire la zuppa all’inglese!” (da cui appunto il nome!).
Non ultima, c’è l’ipotesi dell’origine romana, sostenuta da Ada Boni, autrice del Talismano della Felicità. La Boni inserisce la zuppa inglese tra i dolci tipici della tradizionale cucina romana. Su questa scia non si può non citare il poeta Gioacchino Belli che colloca il dolce nella tipica tradizione pasquale capitolina “brodetto, ova, salame, zuppa ingresa, carciofi, granelli e ‘r rimanente, tutto a la grolia de la Santa Chiesa” (sonetto “La Santa Pasqua”, 1835).
Infine, è doveroso ricordare anche la posizione di Vincenzo Agnoletti sulla zuppa inglese; nel suo “Il manuale del cuoco e del pasticcere di raffinato gusto moderno” (1834) sostiene che la zuppa inglese si fa come il marangone alla mantovana, un dolce a strati con biscotti delle monache o pan di spagna imbevuti originariamente nel rum (liquore particolarmente amato e utilizzato dagli anglosassoni, che vale al dolce l’accezione britannica) con aggiunta di frutta secca, albume, zucchero, crema e marmellata.
Al di là delle ipotesi e delle varie attribuzioni di paternità, indiscussi sono invece gli ingredienti base per una buona zuppa inglese: pan di Spagna, crema pasticcera e bagna alcolica a base di alchermes (quest’ultimo influenza di derivazione araba). Il dolce al cucchiaio prevede secondo la ricetta classica uno strato di pan di spagna imbevuto di alchermes, uno strato di crema al cacao, un altro strato di pan di spagna e uno di crema pasticcera.
Le varianti sono molte e prevedono innanzitutto la scelta tra pan di Spagna o savoiardi, nonché tra alchermes, rosolio o rum; alcune propongono l’aggiunta di frutta come decorazione o a pezzetti uniti alla crema pasticcera. Alcune varianti prevedono l’uso della confettura di albicocche o della composta di frutta, altre aggiungono gocce di cioccolata alla crema pasticcera.
Interessante è l’uso del termine zuppa, abitualmente attribuito ad una preparazione salata, e derivante dal latino suppa (letteralmente pane inzuppato in brodo) che in questo caso diventa dolce e si riferisce ad un composto spugnoso e omogeneo di pan di spagna o biscotti imbevuti di crema e bagna alcolica in cui si alternano, rigorosamente a strati, i colori giallo oro della crema pasticcera e il marrone di quella al cioccolato insieme al rosso che conferisce al dolce la sua tipicità.
Ora, se la zuppa inglese vi piace, non vi resta che gustarla e provare la vostra variante preferita considerandolo vero e proprio dolce nazionale!
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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