Dal croissant al gelato, dall’affettato al formaggio, nascono sempre più alternative vegane…o sarebbe meglio definirle “vegrasse”?
L'erba aromatica più rinfrescante, la menta, è perfetta sia in cucina che nelle bevande: scopriamo cos'è, come è fatta e come utilizzarla
Credo che soltanto il basilico possa competere con la menta come simbolo indiscutibile della stagione estiva. Il profumo di queste foglie è inconfondibile (vivo, balsamico e canforico), specialmente se inserite in squisite preparazioni estive, alle quali donano fragranza e delicatezza gradevolissime. E’ tanto apprezzata da essere utilizzata nella preparazione di sciroppi, liquori, cocktail come il Mojito (in cui si usano foglie di menta fresca e un suo rametto per decorazione), il Mint Daiquiri (in cui si usano la crema di menta bianca e le foglioline per ornamento), il Mint Julep (in cui si usano 5-6 foglie di menta piperita fresca), il Mint Collins (in cui si usano alcune gocce di concentrato di menta), il Mezcalibur (in cui si usa liquore di menta verde) e molti altri, oltre a gelati, sorbetti, gomme da masticare, caramelle, confettini e tanti altri prodotti, oltre che in medicinali e detergenti sia intimi che per capelli e pelle. La usavano già Romani ed Egizi a scopo puramente medicinale e terapeutico, oltre che in riti sacri. Un tempo negli orti venivano coltivati diversi tipi di menta: quella a foglie rotonde, quella crespa, quella romana (con un profumo così forte che secondo alcuni poteva scacciare le pulci!), lamenta acquaiola, il pulegio (o mentuccia o nepetella), alcune coltivate ancora oggi.
Il genere Mentha appartiene alla famiglia delle Lamiacee, o Labiate (il fiore ha una specie di labbro inferiore; ne fanno parte anche rosmarino, basilico, salvia, timo, lavanda, melissa, borragine, ecc.), tutte caratterizzate dalla presenza di oli essenziali molto tipici nelle foglie (Oleum Menthae Piperitae, ricco di mentolo utilizzabile in farmacopea come analgesico locale e antisettico). Il nome sembra che derivi da quello di una ninfa dei fiumi di nome Minthe o Myntha, trasformata in pianta dal dio Persefone suo amante o da Cocito dio dei fiumi. I fiori sono riuniti in gruppetti apicali o posti all’ascella delle foglie, con corolla di colore variabile dal bianco al rosa carico. Le diverse specie di menta non sono quasi mai autofertili, per cui è necessaria l’impollinazione entomofila, operata dagli insetti pronubi: in tal modo in natura si creano diversi ibridi dato che gli insetti portano il polline di una specie sui fiori femminili di altra specie. In natura sono presenti almeno un centinaio di specie europee, ma sembra che soltanto 5 di queste siano in grado di produrre fiori, mentre le altre sarebbero ibridi non fertili. La menta preferisce le posizioni a mezza ombra e si riproduce facilmente per talea e, meglio ancora, con gli stoloni che si formano alla base della pianta (lo stolone è un ramo basale che corre sul o nel terreno, originando dai nodi radici e foglie, quindi nuove piantine. Per un buon rendimento di essenza sono da escludere i climi freddi e quelli troppo caldi
Le specie (che in realtà secondo alcuni sarebbero ibridi sterili) importanti per la coltivazione sono essenzialmente tre: M. spiccata (o viridis), M. piperita, M. citrata, mentre dal punto di vista commerciale le mente più importanti sono la menta piperita (o menta inglese o peppermint), la menta campestre (o giapponese) e la menta comune (o menta verde). In commercio esiste il mentastro, mescolanza di scarsa qualità di M. rotundifolia, M. viridis e M. silvestris.
La più accreditata delle mente è la piperita, il cui nome richiama il pepe perché il sapore e l’odore sono forti come tale spezia, specialmente per l’estrazione dell’olio essenziale. Di questa menta esistono due varietà, quella nera (var. vulgaris o rubes) e quella bianca (var. officinalis o pallescens). La prima è originaria dell’Inghilterra e presenta foglie di colore scuro, steli porpora, risulta molto rustica ed è più ricca di olio essenziale (meno dotato però di mentolo), mentre la seconda è di colore chiaro e produce più olio mentolato. La menta piperita fu descritta per la prima volta nel 1696 in Inghilterra, dove crebbe rigogliosa, per essere poi diffusa anche in Germania, Francia e per l’Italia in Piemonte (nelle province di Torino e Cuneo nel sec. XIX, rispettivamente nei centri di Poncalieri e Casalgrasso) e nel resto d’Europa. Attualmente i maggiori produttori ed esportatori sono Cina, Giappone, Brasile e USA, mentre l’ex Unione Sovietica, l’Australia e l’Ungheria sono in crescita per tale prodotto. In Italia la coltivazione della menta è praticamente accentrata in Piemonte, con circa 400 ettari di superficie e circa 25-30 tonnellate di olio essenziale ogni anno. Menteti sono presenti anche in quel di Verona, Padova, Firenze, Cesena e Ariano Ferrarese. Dal 1950 la menta viene coltivata nel Canavese (comune di Caluso) e nel Vercellese (comune di Cigliano).
La coltivazione in pieno campo (quindi su ampie superfici e secondo regole agricole) serve per la produzione destinata all’estrazione dell’olio essenziale, da destinare a usi medicinali, alimentari, cosmetici e la raccolta delle piante di menta viene di norma effettuata in piena estate (Luglio/Agosto), con un ulteriore sfalcio anche in autunno (Settembre-Ottobre), sempre che le condizioni climatiche siano state favorevoli, consentendo uno sviluppo delle piante tale da rendere economicamente conveniente l’operazione di raccolta (spese per intervento operai e macchine falciatrici). Per la raccolta si ricorre alle stesse macchine utilizzate per la raccolta del foraggio, cioè delle falciatrici meccaniche collegate ai trattori o semoventi, cercando di ridurre al minimo le perdite di prodotto perché ogni parte aerea della pianta contiene olio da estrarre. Per ottimizzare i risultati economici della coltivazione bisogna operare nelle ore meno calde (foglie non afflosciate) e con piante asciutte (taglio netto e non sviluppo di muffe da umido). Immediatamente dopo la raccolta la menta viene portata alla distilleria, per evitare l’avvio di nocive fermentazioni nella massa verde.
La massima quantità di olio essenziale è presente nella pianta quando questa è in piena fioritura, momento in cui è possibile raccogliere da 15 a 30 T/ha di massa vegetale utile per la distilleria, con un contenuto di olio pari a circa 2-6 per mille della massa verde, corrispondenti a 30-60 kg/ha di olio.
In quest’ultimo il maggiore componente è il mentolo, il quale dal punto di vista commerciale deve costituire il 50-60% dell’olio, per cui è fondamentale la scelta del momento migliore per la raccolta. A tal fine il momento migliore coincide con Luglio e Agosto, quando la composizione dell’olio vede il picco del mentolo (un alcol) e del mentilacetato (entrambi dal sapore dolciastro) e la diminuzione del mentone e isomentone (dal sapore asprigno).
Per l’uso erboristico della menta vanno bene sia le piante fiorite che quelle con sole foglie; le piante raccolte intere vengono poste ad essiccare (per perdere acqua) in locali o altri posti ventilati, ombreggiati e asciutti, ottenendo alla fine del ciclo 12-15 kg di secco ogni 100 chili di verde.
In liquoreria e per gli usi medicinali vengono impiegati anche altri tipi di menta, come la menta bergamotto, la menta d’acqua, il mentastro, il mentone, la menta silvestre, la mentuccia.
In medicina da sempre la menta viene usata per preparare decotti, infusi a scopo digestivo, tonificante, antisettico, carminativo, antispasmodico e antipruriginoso, anche se oggi gli omeopati la vietano quando si assumono preparati omeopatici, mentre altri nutrizionisti consigliano di non assumere menta di sera perché non favorisce il sonno. Inoltre risulta sconsigliata per chi soffre di reflusso gastroesofageo, ulcera gastrica, problemi epatici e renali. Da sempre la menta è usata per migliorare l’alito e portare sollievo nel mal di gola. Purtroppo la menta viene usata anche in aggiunta al tabacco delle sigarette. Infine, secondo alcuni un infuso di menta ridurrebbe i disagi del mal d'aria o d’auto, purché bevuto per alcuni giorni prima del viaggio. Secondo la tradizione della farmacopea la menta è risolvente di raffreddori e catarri bronchiali, diuretica, galattofaga (quando si vuole ridurre la produzione di latte), vermifuga, termifuga (allontana le tarme in armadi e cassetti).
In cucina la menta rientra nelle preparazioni più disparate, nelle quali è soltanto un elemento aromatizzante e non fondamentale per le caratteristiche nutritive della preparazione. Non diremo quindi di calorie e composizione chimica della menta perché non è un alimento ma un componente aromatico. La ritroviamo in carciofi, insalate di funghi, guarnizioni per sandwich al formaggio o per bevande, in primi piatti a base di riso e paste fredde, carni come l’agnello, carni macinate per ripieni e polpette (specialmente nei paesi orientali, balcanici, oltre che in quelli di cultura islamica), salse, zuppe. Si tratta soprattutto di menta romana e menta piperita, m non mancano le pietanze in cui si ricorre alla mentuccia o nepetella e quella a foglie rotonde, entrambe dal sapore e profumo più delicati. Per l’uso in cucina le foglie vanno colte piccole e tenere, tritandole per inserirle in insalate, o nelle uova per una frittata o strapazzate, o a ricotta con olio e pepe. In Sicilia la menta tritata viene aggiunta agli spaghetti aglio e olio o quelli al sugo (la menta viene posta in un padellino insieme a pangrattato da tostare senza olio. Spesso la menta in rametti si pone nell’acqua in cui si fanno bollire le patate novelle, i piselli, le carote. La menta come guarnizione si ritrova nella ricetta del Cocomero al Porto, macedonie, preparazioni varie a base di frutta. Per tali preparazioni la guarniture può essere fatta con foglie di menta o rametti spennellati di bianco d’uovo montato a metà, poi passati in zucchero semolato fine a fatti asciugare bene. Famosa è la salsa di menta, ottenuta usando menta tritata (3 cucchiai colmi), zucchero (1cucchiaio e mezzo), aceto bianco (1 dle mezzo): è una classica salsa inglese, famosa nel mondo intero, da servire con agnello arrostito. Una certa quantità di questa salsa può essere conservata per tutto l’inverno mettendo della salsa in un barattolo di vetro, sminuzzando un ciuffo di foglie di menta e coprendo con melassa. All’occorrenza potremo prenderne alcune cucchiaiate da mescolare però con aceto bianco. Tra gli aceti aromatizzati compare anche quello alla menta (aceto bianco), usato per le insalate dopo riposo di tre settimane e opportuno filtraggio.
Numerose sono le bevande che vedono la menta abbinata ad altri aromi vegetali come anice, liquirizia, orzata, magari insieme al latte fresco per un effetto veramente rinfrescante. La menta viene spesso aggiunta al the, specialmente quello verde, nella preparazione del famoso the tipico dell’Africa Magrebina, oltre ai cocktails citati in apertura dell’articolo. Una fresca bevanda estiva può essere preparata versata acqua bollente su foglie di menta appena raccolte, lasciando raffreddare a temperatura ambiente e passando poi in frigorifero. Potremmo anche preparare un normale tè e versarlo in una brocca in cui avremo posto foglie di menta, fettine di limone, pesca e dello zucchero o miele; passeremo il tutto in frigo dopo aver fatto raffreddare a T ambiente; serviremo in bicchieri alti in cui avremo sistemato in bella vista rametti di menta, ovviamente tutto più freddo che mai!
Fonti consultate
- Tassinari Manuale dell’Agronomo Ed. REDA
- Dizionario di Agricoltura UTET
- Cappelletti Botanica Sistematica UTET
- Baldoni – Giardini Coltivazioni erbacee Patron
- Guida Compact De Agostini Cocktails
- Guarire con le erbe Campi Editore
- Suor Bernardina Guarire con le erbe Ed. Piemme
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