Tazze, bicchieri e bottiglie per divertirsi a studiare il comportamento del suono e fare musica anche con gli strumenti in cucina
La nuova soluzione alla mancanza di tempo per la preparazione dei propri pasti principali, che promuove anche la fiducia nei ristoratori
La ristorazione si conferma, nonostante la crisi, un settore trainante per tutta la filiera agroalimentare italiana. Agli italiani piace mangiare fuori, che si tratti di pranzo o cena non importa. E le cifre lo dimostrano ampiamente: in dieci anni il denaro speso per una cena in un bel locale, con menu made in Italy, è cresciuto del 5,7% e nel 2019 si è toccata la cifra di 86 milioni di euro spesi nell’ambito della ristorazione.
Dati che fanno riflettere sulla qualità della gastronomia italiana e sulle abitudini del paese. Si preferisce rinunciare a qualcos’altro, piuttosto che sacrificare una serata in compagnia di amici, in uno dei tanti locali sparsi lungo la penisola.
Sulla base di questi risultati i ristoratori si sono ingegnati con soluzioni sempre nuove, proposte alternative che riguardano non solo il menu ma anche il modo di fruire il cibo. È così che nasce il fenomeno chiamato flat food, in partenza soprattutto nei principali centri urbani del nord Italia. “Flat” significa piatto, ovviamente non quello di portata. L’aggettivo inglese si riferisce piuttosto ad un’offerta a prezzo fisso e vantaggioso: i ristoranti che propongono questa soluzione stabiliscono infatti un rapporto di fedeltà con il cliente, attraverso la proposta di una sorta di abbonamento.
Una spesa mensile di circa 150 euro (la cifra può variare molto) significa, per i clienti abituali di un dato locale, poter mangiare a volontà ogni volta che vogliono per l’intero periodo. Una rivisitazione dell’all you can eat che abbatte la crescente ansia (e sempre minor tempo) di gestione del momento dei pasti quotidiani. L’abbonamento semestrale è rinnovabile alla fine del mese, altrimenti decade.
Già la telefonia, la pay tv e altri settori sperimentano da tempo la modalità “flat”, con buoni risultati, cioè soddisfazione dei clienti e vantaggio per i gestori dei servizi. Secondo i proprietari di un ristorante in provincia di Padova, uno dei primi a sperimentare questa formula, il “flat food” potrebbe rivoluzionare tutto il comparto.
A Ravenna, un altro ristoratore si è imbarcato nell’avventura “flat”, offrendo alla propria clientela anche la possibilità di ordinare il cibo da casa. Il valore aggiunto, in questo caso, è rappresentato da alcune scelte del titolare del locale: non solo le consegne a domicilio, ma anche l’esclusione della plastica dalla tavola e la diversificazione degli abbonamenti, in base alle esigenze della clientela. Ciò si traduce in costi più bassi per gli studenti e per chi frequenta il ristorante nelle giornate lavorative, in pausa pranzo. Il flat food sembra, per il momento, un nuovo modo di fidelizzare la clientela e una via per tornare ad una dimensione più intima nei rapporti tra cliente e ristoratore.
Fonte: il Sole 24 Ore
Scritto da Redazione ProDiGus
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