Atlanta, la grande pesca

In America la Georgia è nota come Peach State: ecco l’intricata storia del perché la pesca è diventata il frutto simbolo di Atlanta e non solo

Atlanta, la grande pesca

USA: tutti sanno che New York è la grande mela, ma quanti conoscono Atlanta come la grande pesca? Non vi sorprenda scoprire che proprio la pesca sia il simbolo indiscusso dello Stato della Georgia e della città di Atlanta in particolare, dove viene celebrata e raffigurata ovunque, a partire dalle targhe delle auto per finire con i nomi di decine di strade ed edifici, senza contare i prodotti locali a base di questo frutto. Ma come è arrivata nel sud est degli Stati Uniti? Il perché, come generalmente accade, ha ragioni storiche e sociali precise: scopriamole insieme. 

La Georgia è il paese di Martin Luther King, Rosa Parks e delle conquiste per la dignità umana e la libertà dei neri d’America: non a caso vi si trova il National Civil Rights Museum e tutta la storia umana in esso racchiusa e raccontata. La storia della Georgia, e della città di Atlanta in particolare, si snoda infatti attraverso fatti storici ed economici strettamente connessi che, dalla coltivazione del cotone prima a quella dei frutteti di alberi di pesche poi, conducono fino ad oggi attraverso due particolari prodotti della terra, simboli ed emblemi di fasi cruciali nella vita del Paese e dei suoi abitanti fino alla radicalizzazione di una immagine, la pesca, che diventa e rimane, ancora oggi, icona di una intera comunità

Ben oltre la quantità di frutti prodotti in Georgia, che non è affatto il più grande produttore del frutto rosa-arancio nel mondo (la sua produzione infatti copre meno del 10% della produzione agricola totale del paese), la Georgia è il Paese della pesca tanto da divenirne immagine rappresentativa a livello internazionale. La ragione ha a che vedere con la schiavitù, la sua fine e la necessità - per un territorio e la sua gente - di rinascere e cambiare, lasciando alle spalle il passato per aprirsi ad una prospettiva socialmente ed economicamente tutta nuova. 

E’ proprio questo ciò che gli agricoltori locali tentarono di fare nel XIX secolo passando dalla coltivazione intensiva del cotone (con tutto ciò che ne derivava) a quella degli alberi da frutto e di pesco in particolare, il cui frutto divenne sinonimo di cambiamento e che oggi pervade ogni angolo della cultura e della tradizione locale, non solo gastronomica.  Dopo la Guerra Civile, la produzione di pesche raggiunge i massimi livelli, rappresentando la vera concreta alternativa al cotone.

Non si dimentichi, tuttavia, che il frutto – originario dell’Asia - fu introdotto nella regione per la prima volta nel XVI secolo dai conquistadores spagnoli che navigarono nell’Atlantico e nel secolo successivo dai monaci francescani ma fu solo dalla seconda metà del 1800 che aspiranti orticoltori iniziarono a provare a coltivare la pesca come coltura da frutteto. Nonostante la popolarità tra i nativi americani, infatti, la pesca rimase marginale nell’agricoltura bianca del sud prima della Guerra Civile, lasciando il primato a cotone, tabacco e mais.

L’agricoltore Raphael Moses fu il primo, nel 1851, a vendere i frutti ricavandone un interessante profitto e nel 1856 la famiglia Berckmans, acquistò un appezzamento di terreno a frutteto nella città di Augusta, in Georgia, che sarebbe diventato noto come Fruitland. L’intenzione era quella di dimostrare che le piante ornamentali e da frutto potevano diventare un'industria altrettanto importante nel Sud del Paese tanto quanto il cotone, che stava rovinando il suolo con la sua semina intensiva. L’abolizione della schiavitù e l'improvvisa disponibilità di manodopera diede alle pesche il vero momento di gloria! Fino a quel momento, infatti, la pesca era per la classe dei grandi proprietari terrieri un bene destinato esclusivamente all’alimentazione degli schiavi dediti alla raccolta del cotone. 

La produzione georgiana attuale non rappresenta la fetta più importante del mercato mondiale (il primo produttore al mondo è la Cina, seguita da Italia, Spagna e USA), eppure, dal 1995 il frutto è ufficialmente il simbolo dello Stato e le autorità locali non mancano di promuoverlo, cantandone le lodi, e di sponsorizzarlo in festival sparsi su tutto il territorio americano. 

La varietà più tipica è senza dubbio l’antica pesca Belle of Georgia, una pesca dalla classica polpa bianca, dalla consistenza soda ma succosa, dolce come il miele, che fece la sua comparsa nel 1870. Grazie all’alta produttività e alla resistenza durante il trasporto, crebbe di importanza, superando sia la varietà Mountain Rosy sia l’Amelia, e dalla fine del XIX secolo rappresenta la varietà di pesca più popolare. Tra i coltivatori di professione, tuttavia, oggi è stata abbandonata e sostituita da pesche selezionate per sapore, aspetto e resistenza sia nelle fasi di raccolto che di trasporto. 

Tuttavia, prima che la pesca diventasse una coltura importante ed interessante dal punto di vista economico, era il frutto degli schiavi, che pendeva in abbondanza dai rami degli alberi e che i proprietari terrieri - considerandola del tutto priva di valore -  davano loro liberamentei. Fu solo quando la pesca conquistò il suo potere economico che divenne “il frutto bianco per i bianchi”, prezioso, ricercato ed economicamente interessante.  

Ecco dimostrato come la pesca racchiuda in sé tanto la storia della segregazione razziale e della schiavitù quanto l’immagine del cambiamento, dell’affrancazione dalla schiavitù stessa fino alla modernità e alla globalizzazione (si pensi per esempio che la Georgia oltre ad essere il paese del peach tree è anche il Paese della Coca cola). Gli orticoltori hanno nel tempo consapevolmente utilizzato la pesca e la sua coltura per riscattare l’immagine di un Paese vittima della segregazione, della schiavitù e delle colture intensive che hanno ammalato il suolo per soppiantare letteralmente l’immagine delle piantagioni di cotone con quella più romantica e libera del frutteto di pesche fino a trasfigurarne il significato in “un nuovo raccolto per un nuovo sud”.

Non mancano tuttavia importanti riflessioni storiche che sottolineano come, lungi dal sostituire l'economia del cotone macchiata di sangue, i coltivatori di pesche hanno continuato tristemente a fare affidamento sul lavoro nero sottopagato. Così, i frutteti frondosi sono rimasti lì a puntellare i campi di cotone erosi e sterili e il frutto dolce e succoso è diventato nel corso dei decenni il simbolo di una connotazione sociale precisa.  

Photo via Pexels

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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