Microplastiche ovunque

Microplastiche e nanoplastiche vengono sempre più rilevate in alimenti e bevande di vario genere: cosa è possibile fare per difendersi?

Microplastiche ovunque

Nella nostra società la plastica è dappertutto; resistente e versatile ,leggera ed economica, nel tempo ha preso il posto dei metalli, del vetro e della carta. Da molti anni però l’inquinamento da plastica è riconosciuto come una vera catastrofe ambientale alla quale anche noi dobbiamo cercare nel nostro piccolo di porre rimedio.

Nel 1997 la plastica rappresentava il 60-80% dei rifiuti; oggi, mentre la produzione di plastica continua a crescere, cresce pure la percentuale di quella che viene riciclata, ma non è abbastanza, e il riciclaggio non avviene ovunque. Attraverso le numerose campagne di informazione e sensibilizzazione sappiamo che la plastica dispersa nel mare rappresenta un grave pericolo per i mammiferi, gli uccelli e i pesci che ne ingeriscono i frammenti. Ma non finisce qui.

Non dobbiamo infatti credere che il pesce che arriva sulle nostre tavole sia l’unico alimento contaminato da plastica. Tutte le volte che apriamo un contenitore di plastica, facciamo il bucato o scaldiamo il latte al microonde è assai probabile che si liberino dei piccolissimi frammenti chiamati microplastiche e nanoplastiche. Le prime hanno dimensioni comprese fra 0,001 e 5 millimetri, e le più grandi potrebbero essere visibili anche ad occhio nudo; sono presenti soprattutto in prodotti che hanno proprietà abrasive quali i dentifrici, i cosmetici, i preparati in crema per lucidare gli oggetti e via dicendo. Le nanoplastiche sono originate generalmente dalla degradazione di detriti plastici esposti alla luce, all’aria e all’acqua ed hanno dimensioni inferiori a 0,001 millimetri.

Le dimensioni assai ridotte e l’ubiquità di queste particelle sono causa di preoccupazione per la salute dell’ambiente e dell’uomo. Allo stato attuale, in diversi contesti scientifici è stata accertata la contaminazione da microplastiche e nanoplastiche in alimenti e bevande. In Cina i ricercatori di due Università di Shangai hanno riscontrato la presenza di 600 particelle per ogni chilogrammo di sale marino.

Per quel che riguarda la fauna ittica sappiamo che non tutta la plastica ingerita dai pesci finisce nel nostro stomaco; in molti casi i frammenti di plastica restano nel tratto gastrointestinale dei pesci e vengono eliminati quando questi vengono eviscerati. Nel caso di piccoli pesci e dei molluschi non si può invece evitare di ingerirli. Ma non è solo nel sale marino e nei pesci che sono state riscontrate le particelle plastiche. Un gruppo di ricercatori dell’Università del Queensland, in Australia, ha compiuto ricerche sulla contaminazione da plastica nei prodotti di largo consumo a base di riso ed ha riscontrato la presenza di 3-4 milligrammi di plastica per ogni 100 grammi di riso crudo.

Gli stessi studiosi hanno anche accertato che il riso precotto o istantaneo, che spesso si cuoce a microonde all’interno della confezione di plastica che lo contiene, ha una quantità di plastica quadrupla di quella del riso crudo e ciò fa pensare che la lavorazione industriale aumenti la contaminazione dei chicchi e non si sa con certezza se la fonte delle microplastiche sia l’imballaggio. 

Una buona abitudine sarebbe comunque quella di provvedere al lavaggio del riso prima della cottura che dovrebbe ridurre la contaminazione del 20-40%. Tracce di plastica sono state trovate anche nelle carne, nel cibo da asporto, nella frutta e nella verdura; sembra che la contaminazione si verifichi con maggiore probabilità quando sul cibo fresco o appena raccolto intervengono macchinari, taglieri, imballaggi in plastica (anche se la plastica si è trovata anche nel suolo irrigato con fanghi di depurazione e ciò  coinvolge il settore agro-alimentare). 

In Francia e in Germania sono stati analizzati dei campioni di miele e la presenza di micro-particelle plastiche secondo i francesi è dovuta al processo produttivo che porta il miele dalle arnie al confezionamento, mentre secondo i tedeschi le microplastiche sono già presenti nell’acqua piovana e nei fiori. Sempre in Germania, L’Università di Oldenburg ha condotto degli studi su 24 marchi di birra tedesca e in tutti i campioni c’erano tracce di microplastica; in questo caso le ipotesi formulate sono diverse: i macchinari, le bottiglie sporche o l’orzo e il luppolo potrebbero essere la causa della contaminazione. Ci sono microplastiche anche in altre bevande analcoliche o energetiche, e persino nel tè. I salutisti penseranno che ci resta solo l’acqua da bere ma anche in questo caso occorre prestare attenzione. 

Uno studio recente condotto da un gruppo di ricerca della MedUni di Vienna ha rivelato che chi beve quotidianamente la quantità consigliata di 1,5 litri di acqua da una bottiglia di plastica ingerisce circa 90.000 particelle plastiche all’anno, mentre con l’acqua di rubinetto la quantità ingerita si riduce a 40.000 particelle, meno della metà.

E ancora, la plastica quando è scaldata al microonde può rilasciare miliardi di microplastiche; gli esperimenti compiuti presso l’Università del Nebraska-Lincoln hanno dimostrato che i contenitori in plastica per alimenti per bambini che si trovano negli scaffali dei negozi statunitensi rilasciano più di 2 miliardi di nanoplastiche e 4 milioni di microplastiche per ogni centimetro quadrato di confezione. Questo vuol dire che se la cottura al microonde è più rapida e comoda dobbiamo però sapere che l’acqua o il latte - anche quelli del biberon! - scaldati al microonde assorbono la plastica in maggiore concentrazione.

Il team di studiosi ha scoperto che i contenitori di polipropilene e i sacchetti di polietilene rilasciano 1000 volte più nanoplastiche che microplastiche e di questo dovrebbero essere informati i consumatori anche se non si sa ancora con esattezza quale danno esse possano arrecare alla salute. A tal proposito le ricerche del gruppo della MedUni di Vienna si sono concentrate sulla presenza di nanoplastiche nell’apparato digerente ed hanno rilevato cambiamenti nella composizione del microbioma intestinale collegabili allo sviluppo di malattie metaboliche quali diabete, obesità e malattie epatiche.

Gli effetti delle nanoplastiche potrebbero essere più incisivi nelle persone affette da patologie croniche e comunque sono associate a processi biochimici implicati nella carcenogenesi. Allo stato attuale tuttavia non si conoscono con esattezza i livelli di sicurezza per l’uomo che ingerisce microplastiche. Se la ricerca si adopera ad accertare l’impatto delle microplastiche sulla salute umana  tentando di allertare il consumatore e quindi spingere le autorità a prendere dei provvedimenti in merito (quali l’eliminazione dei prodotti usa e getta quali posate ,piatti e bicchieri di plastica come è accaduto in Francia), dall’altra parte si stanno sperimentando nuovi materiali plastici che non rilascino micro e nanoplastiche o lo facciano in misura decisamente ridotta.

E comunque, ciascuno di noi può contribuire a ridurre la diffusione di plastica nell’ambiente ad esempio scegliendo prodotti sfusi o confezionati in imballaggi plastic free. Possiamo poi evitare di lavare gli abiti troppo spesso e per quelli in fibra sintetica scegliere cicli di lavaggio più corti. Invece di adoperare bottigliette di plastica possiamo optare per le borracce termiche e limitare soprattutto l’uso dei prodotti usa e getta. Magari ci troveremo presto a scegliere prodotti che riportino in etichetta la "vera" scritta plastic free. Di sicuro è la più grande sfida per l’industria alimentare quella di riuscire a non far arrivare la plastica nei nostri piatti.

Photo via Canva

Scritto da Elena Stante

Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 al 2023 ha insegnato Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali ed ha collaborato con la nomina di Vice Direttore per la regione Puglia alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani. Le piace correlare la scienza al cibo, nonché indagare su storie e leggende, e con Prodigus inizia il suo percorso di redazione di contenuti golosi per gli utenti del web.

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