Un formaggio regale che è una vera emozione!
Pare sia proprio giunto il tempo di dire addio alle bustine di zucchero al bar: ripercorriamone la storia e analizziamo i perché
Bustine di zucchero o zuccheriera? Una questione di abitudine ma anche di tradizione, di comodità così come di sostenibilità ambientale. La bustina di zucchero monodosa ha oramai un secolo di storia, e ha soppiantato un oggetto che sembrava "superato" e destinato ormai esclusivamente alle vecchie credenze delle nonne, ma sembra tornerà presto protagonista dei banconi dei bar: la zuccheriera.
4 sono i grammi di zucchero contenuti oggi in una bustina, nata più di cento anni fa con una attribuzione contesa: c’è infatti chi sostiene sia nata nel 1862 a Philadelphia, chi propende per una “trovata” di due parigini - Loic de Combourg e Francois de la Tourrasse - che avrebbero inventato la “sucre-pochette” nel 1908, e chi infine la attribuisce al newyorkese Benjamin Eisenstadt, classe 1906, di professione inventore e imprenditore che aveva un caffé a Brooklyn, e che poi passò a fabbricare bustine di tè e, per ampliare il giro d'affari, propose ad alcuni grandi produttori di zucchero di confezionarlo in piccole bustine da pochi grammi. Sfortunatamente non riuscì ad ottenere il brevetto e alcuni produttori gli rubarono l'idea, senza dargli un soldo.
E’ interessante notare che in passato il contenuto della bustina era maggiore, aggirandosi intorno ai 6/7 grammi; oggi invece – complice una maggiore attenzione alla salute e al benessere alimentare – il contenuto è diminuito. Caffè o cappuccino, latte o orzo, tutto è più dolce con qualche grammo di zucchero! Eppure, se con un poco di zucchero la pillola va giù, con la bustina non è proprio tutto rose e fiori. Infatti, un gesto tanto semplice come quello di zuccherare con le bustine monodose la nostra bevanda preferita al bar, è in grado di generare molti rifiuti, pari a circa quaranta milioni di chili non smaltiti a causa proprio di quelle bustine usate spesso per metà e gettate nell’indifferenziata che contribuiscono ad aumentare l’inquinamento.
Ecco perché, su proposta della Commissione Europea, la bustina di zucchero è destinata a sparire dai banconi dei bar di tutta l'Unione Europea. Nella proposta di regolamento sugli imballaggi, presentata alla fine dello scorso anno, vengono espressamente vietati gli imballaggi monouso, anche per lo zucchero, nel settore Horeca. Saranno così messi al bando "bustine, tubetti, vassoi e scatole". Verranno proibiti "imballaggi monouso nel settore Horeca, contenenti singole porzioni, utilizzati per condimenti, conserve, salse, creme per il caffè, zucchero e condimenti, ad eccezione di tali imballaggi forniti insieme ad alimenti pronti da asporto destinati al consumo immediato senza necessità di ogni ulteriore preparazione". Insomma, insieme alle bustine di zucchero saranno messi al bando gli imballaggi monouso per condimenti, salse e creme, conserve e piccoli flaconi (come quelli dello shampoo e del sapone negli hotel) mentre non saranno eliminati gi imballaggi che accompagnano gli alimenti da asporto destinati ad un consumo immediato senza ulteriori passaggi nella preparazione.
L’addio alle bustine risponde alla necessità di tagliare del 15% per ciascuno stato membro dell’Unione Europea la produzione di rifiuti da imballaggi entro il 2040 (rispetto a quelli prodotti nel 2018). L’obiettivo è ovviamente da raggiungere a piccoli passi fino ad arrivare, ad esempio entro il 2024, a coprire l’80% delle bevande da asporto con imballaggi da riuso, oppure utilizzando i contenitori dei consumatori. Non si tratta tuttavia solo di una guerra all’inquinamento e ai rifiuti. In questo passaggio, infatti, sono inevitabilmente coinvolti altri soggetti ed altri aspetti.
Coldiretti e Filiera Italia hanno infatti espresso perplessità in merito alla proposta della Commissione Europea sostenendo che “si tratta di norme che non premiano la filiera del packaging italiano e le aziende che in particolare hanno investito nei materiali tecnologicamente avanzati, sostenibili e riciclabili”. Evidenziano anche “l’effetto negativo sui costi di produzione dell’intera filiera agroalimentare che rischia di riflettersi sui prezzi pagati dai consumatori, in un momento di grande difficoltà economica”.
Un’altra criticità messa in evidenza dalla volontà di favorire e promuovere il passaggio alla vendita di prodotti allo stato sfuso a fronte di quelli confezionati, è quella di ridurre la possibilità e il livello di controllo e tracciabilità dei prodotti stessi (soprattutto di quelli alimentari) riducendo potenzialmente il monitoraggio sulle contraffazioni. Ricordiamo infatti che il problema delle alterazioni e sofisticazioni alimentari è questione non trascurabile e di primo piano nella tutela della salute.
Non solo, il fronte dei detrattori della zuccheriera sostiene infatti che il passaggio green avrà ripercussioni negative anche nel settore occupazionale in azienda, riducendo i posti di lavoro nel settore degli imballaggi monouso. Di contro, la Commissione rassicura sostenendo che questo stesso passaggio favorirà circa 600mila posti di lavoro nel settore del riutilizzo in un arco di tempo stimato fino al 2030. Il principio portato avanti e sostenuto dalla Commissione in queste proposte è quello di promuovere il riuso ancor prima del riciclo, perché ciò ridurrebbe nel complesso la mole di rifiuti riversati nel nostro ecosistema globale.
Dal punto di vista strettamente nutrizionale, consumando una bevanda con una bustina di zucchero possiamo più semplicemente tenere sotto controllo la quantità di zucchero introdotta sapendo che il contenuto nutrizionale per bustina ha un valore energetico di 16 kcal. Nel nostro Paese abbiamo già detto addio a molto prodotti in plastica: impareremo a fare a meno anche delle bustine di zucchero ritornando alle "vecchie abitudini"?
Photo via Pexels
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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