La gubana friulana

La dolce chiocciola dal ricco ripieno che allieta le feste in Friuli: scopriamo la gubana dalle sue origini alle caratteristiche di composizione

La gubana friulana

Friuli, Valli del Natisone, Cividale del Friuli e Gubana: in poche parole un itinerario gastronomico dolciario di inegualiabile tradizione, bellezza, profumo, sapore, dolcezza! Tutto dimostra che per Natale e Pasqua, oltre che per gli eventi speciali non ci sono soltanto panettone, pandoro, colomba, pastiera napoletana, pizza pasqualina e tanti altri dolci regionali, ma tutti i dolci ripieni del Friuli, veri e propri scrigni di storia, tradizione, bravura, nutrizione, feste in buona compagnia... anche se possono essere tranquillamente degustati da soli in altrettanto ottimo assoluto silenzio.

Regina di queste preparazioni è la gubana, la cui qualità è tutelata dal 1990 da un apposito Consorzio per la tutela del marchio Gubana (fusione di due distinti consorzi preesistenti per la protezione di quella di Cividale – 1983 - e delle Valli del Natisone - 1973 -), dolce che rappresenta un trait d’union tra Friuli e terre slave/austiache circostanti, anch’esse caratterizzate da preparazioni simili, fatte di pasta sfoglia o frolla, ripiene di ogni squisitezza, anche se con forma finale variabile.

Riconosciuta PAT (Prodotto Tradizionale Agroalimentare, forse un giorno IGP o DOP), la gubana è simile a un dolce preparato dagli antichi conquistatori Romani, di cui alcuni studiosi hanno trovato tracce in ricettari antichi, con una ricetta che prevedeva due sfoglie di pasta, la superiore cosparsa di miele, con all’interno un ripieno goloso e nutriente, fatto con tritato di mandorle, pinoli, noci, datteri, ricetta certamente propria degli antichi popoli di quella regione (in successione Euganei, Liguri, Veneti, Illiri, Carni) i quali già lo preparavano per le feste, per i guerrieri e lottatori, oppure per ritemprarsi nei lavori estremamente faticosi in una terra ricca di montagne e colline (i meno abbienti farcivano con quel che potevano, allontanandosi dalla ricca ricetta di base appannaggio dei ricchi).

Della gubana si trova traccia nei manoscritti dei conti  Claricini, una nobile famiglia proveniente da Bologna, insediatasi in Cividale del Friuli intorno al 1250, divenuti feudatari dell’imperatore Carlo IV nel 1368 e nel 1418 autorizzati (sempre dall’imperatore) di affiancare al cognome quello dei Dornpacher (antica famiglia austriaca estinta): la singolarità che rende tale ricetta diversa dalle altre conosciute risiede nell’ impiego anche di erbe aromatiche come maggiorana (Origanum majorana), mentuccia comune o nepitella (Calamintha o Clinipodium nepeta), erba sativa (la cosiddetta canapa utile, con uso tessile ed edile, corrispondente alla Cannabis sativa), elementi che mostrano sia l’antichità di essa, che il contesto campagnolo in cui fu ideata. 

La prima citazione del dolce con il nome gubana (che diventa gubanca nel dialetto benecjano della Slavia Friulana, area geografica tra Cividale e la slovena Caporetto; bubana per i veneziani del tempo che fu) appare però a distanza di tempo, all’inizio del XV secolo in documenti storici dell’area geografica delle valli del fiume Natisone (Nadison, Nediža, Nadiža rispettivamente in friulano, sloveno locale e sloveno; 55 km, nasce a 415 m slm sul Monte Maggiore nelle Prealpi Giulie, dal confine con la Slovenia giunge in Friuli confluendo alla fine nell’Isonzo, dopo essersi inglobato nel fiume Torre, per finire in Adriatico, nel golfo di Trieste vicino a Panzano): viene citata infatti tra le portate del banchetto organizzato in Cividale del Friuli (UD) nel 1409 in onore del papa Gregorio XII (Angelo Correr, 205° papa dei cattolici dal 1406 al 1415).

Il valore della gubana era tale che, in molti rapporti di commercio o lavoro, veniva usata anche come merce di scambio, dato che per confezionarla si usavano componenti costosi: farina di grano tenero, miele, grappa, frutta secca, spezie, agrumi e altro in considerazione delle diverse varianti esistenti. Avere delle gubane voleva anche dire aver fortuna, come se si fosse vinto qualcosa di molto prezioso, di gran valore.

Non ci troviamo quindi di fronte a un dolce umile, nonostante l’estrazione popolare: restava comunque un dolce per ricchi e benestanti, occasionale per il popolo che lo preparava solo nelle grandi occasioni, con ovvi sacrifici economici. Equivalente alla fortuna o al benessere era anche il detto “essere pieno come una gubana”. Questo dolce era tanto apprezzato e di valore da costituire, nel XVI sec., una delle regalie obbligatorie che i coloni/mezzadri/affittuari dei terreni agricoli dovevano corrispondere ogni anno al proprietario dei fondi.

A dimostrazione di quanto detto sulla correlazione con altri dolci slavi, l’etimologia della parola gubana ci porta in terra slava: deriverebbe infatti da guba che vuol dire “piega”, oltre che da “gubati” che in sloveno vuol dire “fare delle pieghe” “piegare”. Altri propendono per il collegamento al cognome Gubana, diffuso un tempo nell’area di Cividale; altri affermano che guban in friulano antico indicava il fungo porcino, del quale la gubana simulerebbe il grande cappello; altri rimandano alla parola paniere che in friulano si dice gubane. 

Gubana, spirale di dolcezza e di gioia: la forma del dolce farcito è, infatti, a chiocciola, a spirale, di un bel colore marroncino dorato, classico di un prodotto da forno. Nel tipo delle Valli del Natisone (praticamente quella detta di Cividale) la pasta (farina di grano tenero, zucchero, burro, olio, uova, miele, latte,lievito, sale) è lasciata a lievitare per diverse ore (3-4), ma non si giunge mai ai tempi di un panettone, di un pandoro di una colomba; nel tipo di Gorizia (detto anche di pianura) si tratta invece di pasta sfoglia, pur restando identico il ripieno. Questo è di norma costituito da un impasto di noci, uva passa, pinoli, limone, vaniglia con varianti di aggiunta nocciole, mandorle, marmellata, cioccolata sminuzzata o cacao, un distillato per dare profumo in più e umidità al tutto (grappa classica, rum, sliwovitz - cioè distillato di prugne), scorza d’arancia. Alcuni friggono i pinoli prima di aggiungerli.

La gubana si ottiene in pratica preparando un rotolo di pasta farcito con il ripieno e ripiegato su sé stesso a spirale: la cottura farà aumentare il volume finale del dolce e l’aspetto finale sarà quello di una conchiglia di chioccola vista dall’alto. Si tratta perciò di un dolce arrotolato con ripieno. Considerati i componenti, la gubana è un pasto gustosissimo, ma nello stesso tempo molto calorico: 100 g apportano ben 350 kcal, oltre a circa 46 g di carboidrati (in parte zucchero), 10 g di proteine, 13 g di grassi   (di cui circa 9,5 di tipo mono e polinsaturo), 12 mg di colesterolo, 3 g di fibre. Si tratta quindi di un cibo non solo costoso (almeno un tempo era così) per gli ingredienti, ma anche ricco di ottime qualità nutrizionali per la presenza di melatonina (ormone regolatore del ciclo circadiano sonno-veglia, prodotto dall’epifisi), lipidi ω3 (ac. α-linolenico ω 3-6-9, essenziale), ac. linoleico (ω 6-9, essenziale) entrambi derivati dalla frutta secca tritata, polifenoli flavonoidi (come in mele, uva, frutti di bosco, the e cioccolato, tra cui il tannino e catechine con proprietà astringenti, antibatteriche e antifungine di cui è ricchissimo il castagno), ac. oleanolico (triterpenico antiossidante), vitamina E, A, B₁-B₂-B₃, arginina (amminoacido pro ormone della crescita e vasodilatatoria). A tanto devono aggiungersi (grazie alla frutta secca) minerali come potassio, fosforo, selenio, ferro, rame, fluoro. Questo dolce ha quindi proprietà energetiche, antinfiammatorie, antinvecchiamento cellulare, cardiotonicche, riequilibranti dopo sport o lavori faticosi e tanto altro.  

Per quanto sin qui esposto, la gubana deve essere consumata con parsimonia, preferibilmente a colazione, oppure al pasto principale dopo un primo piatto o un secondo molto leggeri, o meglio ancora come piatto unico insieme a un frullato di frutta; mai la sera visto che dormendo non si consuma molta energia. Particolare attenzione devono porre diabetici, iperglicemici e ipercolesterolici.

Tradizionalmente la gubana si consuma bevendo vini dolci, possibilmente passiti, ma non sono esclusi i liquorosi; è necessario però porre attenzione affinché il risultato finale di dolcezza (somma di quella della gubana e di quella del vino) non sfoci nella stucchevolezza. Quindi, si per un vino dolce (la dolcezza si abbina per concordanza e non per contrapposizione), ma non troppo perché la gubana è già molto dolce. Personalmente preferisco consigliare di abbinare uno spumante profumato (perché nella gubana ci sono anche spezie e cacao) e dolce, in quanto la sua bassa temperatura (8 - 10 °C) di servizio stempera in bocca la somma delle due dolcezze.

Esiste anche il gubanetto (o gubanetta), identico per pasta e ripieno, ma del peso di 400 g contro gli 850 della gubana media, a forma di bauletto, più adatto alle occasioni particolari e per i piccoli, più che alle grandi festività.  Altri dolci dell’area friulano – slovena – austriaca simili alla famosa gubana, sono: la putizza PAT (goriziana e triestina), il presnitz PAT di Trieste, lo schartl di Valbruna, lo strudel PAT,  gli strucchi PAT (sia fritti che lessi). Gubana e gubanetto restano freschi anche se già tagliati, con una shelf life di circa 10 giorni, purché conservati in appositi contenitori per pane e dolci.

Note bibliografiche
Tecnica dell’abbinamento cibo-vino, Ed. AIS
Il Cibario – Regione FVG
La Repubblica – Guide Friuli Venezia Giulia
Ricette del Friuli Venezia Giulia, Ed. Slow Food

Photo via Wikimedia Commons

Scritto da Luciano Albano

Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione

Già specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes), nonché iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto e nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

, da sempre ama approfondire il food e il beverage per metterne in rilievo ogni sfaccettatura.

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