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Sono la frutta secca ideale per la cucina delle grandi occasioni: scopriamo cosa sono, come si producono e come consumare i pinoli
A tutti sarà certamente capitato di cercare i famosi pinoli per preparare il classico pesto alla genovese o un dolce come quello “della nonna”: guardando tra le tante bustine dello scaffale della frutta secca al supermercato, sempre più spesso capita di dover rinunciare al loro acquisto, sconcertati dal prezzo. Ma cerchiamo di capire il perché di questo costo elevato (anche 120 €/kg)., che dedurrete da cosa sono i pinoli, come si puliscono, come si conservano e come si usano in cucina.
In inglese pine nuts, in francese pignons de pin, in tedesco pinienkerne, in spagnolo piñones, in portoghese pinhões, i pinoli sono i frutti del pino domestico (Pinus pinea, detto anche pino italiano, pino domestico, pino comune, pino da pinoli), pianta resinosa, sempreverde, che può vivere anche fino a 200 anni. Quest’albero è tanto rappresentativo del nostro Paese che gli inglesi lo chiamano Italian stone pine e in i francesi "Pin d'Italie". Il pino nell’antichità era una pianta molto venerata da Etruschi, Greci, Celti e Romani, perché collegato a tante leggende sugli dei, particolarmente caro a Zeus (Giove dei Romani).
I pinoli sono contenuti nelle pigne (falsi frutti del pino, botanicamente chiamati strobili) e rilasciati quando queste a maturazione si aprono liberandoli (ci vogliono 36mesi perché la pigna maturi). I pinoli sono avvolti in una membrana alata che facilita la disseminazione da parte del vento, ma deve trattarsi di un vento molto forte perché i pinoli non sono tanto leggeri da sfruttare le correnti d’aria. La disseminazione è principalmente zoofila (specialmente da parte degli uccelli) e secondariamente idrofila (forti piogge con ruscellamento). Il singolo pinolo è costituito da un guscio coriaceo che contiene la mandorla, quella che poi troviamo nelle bustine del negozio e che viene chiamata pure pinolo. In molte regioni italiane i pinoli sono anche chiamati pinoccoli o pinocchi, da cui il nome del famoso burattino di Collodi, anch’esso ricavato da un pezzo di tronco, come una mandorla tirata fuori del guscio.
I pinoli sono prodotti anche da altre piante simili al pino o comunque della classe gimnosperme: in Italia anche il pino cembro (Pinus cembra); in Asia il pino siberiano (P. sibirica), il pino coreano (P. koraiensis), il pino himalayano detto anche pino chilgoza o neja (P. gerardiana) e altre specie di pino; nell’America del Nord il pinyon pine (P. edulis), il pino ad ago singolo o Piñon (P. monophilla) e il pino messicano (P. cembroides); nell’America del Sud il pino del Paranà che in realtà è del genere Araucaria e non Pinus, pinheiro do Paraná in portoghese (A. angustifolia), il pino del Cile o albero della scimmia o araucaria cilena (Araucaria araucana). Per tale motivo si trovano in commercio pinoli mediterranei, in particolare italiani (i migliori sono toscani, quelli di Pisa specialmente, e quelli laziali), quelli cinesi (da Cina, Russia e Corea), quelli pakistani (da Pakistan, Iran e Afganistan).
Ovviamente ci sono delle differenze tra i tre tipi in commercio: i migliori sono i mediterranei caratterizzati da colore bianco avorio uniforme, mentre quelli cinesi sono giallo ocra con estremità scure, quelli pakistani sono molto più lunghi e affusolati degli altri due. Un ettaro di pineta (bosco di pini) può fornire anche 30-40 mᶾ di pigne. Poiché queste restano attaccate a lungo sulla pianta, e non cadono se non quando può uscire il seme, si usa raccoglierle sull’albero in autunno - primavera, appena il seme è maturo mentre la pigna è ancora semichiusa. Operai muniti di lunghe scale salgono sulle piante, staccano le pigne una ad una e le mettono in un sacco, che buttano giù.
A livello familiare o artigianale le pigne raccolte vengono portate sopra un’aia, dove si distendono al sole affinché si aprano; per facilitare l’apertura si usa tagliare loro la parte inferiore, che la ostacola. Le pigne si aprono così più velocemente e vengono rimosse con dei rastrelli per facilitare l’uscita del seme. Questi si raccolgono, si liberano dalle impurità e si mandano alle fabbriche, dove saranno sbucciate con apposite macchine per ricavare la mandorla pulita (lo sgusciato è in media pari al 29-30% della massa col guscio legnoso).
Nell’ambito industriale il procedimento per ottenere il prodotto finito (pinoli sgusciati) sono più articolati: preriscaldamento con aria calda delle pigne intere, frantumazione grossolana delle pigne calde con fuoriuscita del pinolo in guscio, separazione meccanica dei pinoli in guscio dalle impurità, riscaldamento dei pinoli in guscio con ari calda, apertura del guscio con attrezzature meccaniche, cernita dei pinoli grezzi per separare i gusci rotti, essiccazione in forno dei pinoli sgusciati, spazzolatura e ventilazione della mandorla grezza, ulteriore selezione meccanica – lavaggio – spazzolatura dei pinoli sgusciati, selezione qualitativa per eliminare quelli non commercializzabili per qualunque motivo.
Da 1 metro cubo di pigne si ottengono 12 kg di pinoli. In modo più pratico: da 100 kg di pigne si ricavano 25 kg di pinoli con guscio e 6 – 8 kg di pinoli sgusciati. Un pinolo è lungo fino a 2 cm e pesa circa 200 mg. Quanto sin qui detto chiarisce il perché del costo elevato dei pinoli sgusciati: numero limitato di piante da pinoli, pericolosità della raccolta per gli operai, data l’altezza delle piante (la raccolta meccanica è sconsigliata perché le pigne non si staccano facilmente e il legno del pino non è molto elastico, da cui rotture dei rami), il limitato periodo di raccolta delle pigne mature (ricordo che la maturazione delle pigne richiede 36 mesi!). Quanto ai principali produttori mondiali di pinoli, al primo posto troviamo la Cina, seguita nell’ordine da Corea del Nord, Pakistan e Afghanistan.
Dal punto di vista nutrizionale i pinoli sono una vera fonte di energia e miniera di minerali e vitamine; 100 g di pinoli sgusciati (quelli che compriamo in bustina) apportano ben 597 kcal in quanto contengono minimo il 50% di grassi (in gran parte polinsaturi come l’acido pinoleico - C18H30O2, con tre doppi legami, - e quello linoleico - C18H32O2 con due doppi legami -), oltre a proteine 32%, carboidrati 4% (per la maggior zuccheri), fibra alimentare 4,5%, fosforo 466 mg, calcio 40 mg, in aggiunta a potassio, manganese, zinco, ferro, sodio, rame, selenio e vitamine A, B1, B2, PP ed E. La ricchezza di grassi fa si che dai pinoli si possa estrarre l’olio dalle caratteristiche organolettiche simili a quello di nocciola.
Olio e pinoli tal quali sono ritenuti capaci di contrastare il livello di colesterolo nel sangue, favorire l’attività cardiaca, ridurre l’appetito, rallentare l’invecchiamento cellulare. Data la ricchezza lipidica sono da consumare con moderazione nei casi di obesità, ma mangiati giornalmente in dosi moderate (circa 15 g se solo pinoli) insieme ad altra frutta secca (sempre modeste dosi), rappresentano davvero un grande aiuto alla salute.
In cucina i pinoli si usano in molte ricette, sia salate che dolci, facendo attenzione a non esagerare nelle dosi in quanto i pinoli sono appena dolci, delicati ma grassi in bocca e con sapore lievemente metallico, oltre che resinosi. Vengono usati per preparare il classico strudel altoatesino, il pesto alla genovese, l’intramontabile torta della nonna con pasta frolla e crema pasticcera al limone. Non mancano le ricette di pesce con uso di pinoli, di cui tante a base di baccalà, pesce spada, calamari, sarde specialmente in Sicilia. Si aggiungono anche in altri dolci (es. torta di pinoli della Liguria, castagnaccio toscano, biscotti) nonché in gelati, yogurt, macedonie di frutta, e non di meno le insalate. Li ritroviamo inoltre come rifinitura per primi piatti (come la pasta con le sarde siciliana con zafferano, pinoli e uvetta) e per minestre (come il cardone beneventano, a base per l’appunto di cardi). L’abbinamento frequente nelle ricette tra pinoli e uva sultanina è molto antico e studiato appositamente per far sì che l’uvetta smorzi la resinosità e il gusto un pochino metallico dei pinoli. Al posto dei pinoli si può usare in cucina il loro olio, ma l’uso di tale prodotto è più per scopi fitoterapici.
La conservazione dei pinoli è limitata a massimo 2 mesi una volta aperta la bustina del supermercato, in quanto i grassi contenuti sono soggetti a irrancidimento con alterazione di gusto e sapore in modo irreversibile. In ogni caso, abbiate cura di conservarli in un barattolo di vetro con tappo ermetico e di tenerli possibilmente in frigo.
Note bibliografiche
- Nali – Lorenzini, Il pinolo in cucina, Ed. ETS
- Caneva, Il pino domestico, Ed. Economica Laterza
- AA.VV., Dizionario di agricoltura, Ed. UTET
Scritto da Luciano Albano
Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione.
Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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