Il gusto è nella genetica

È possibile che siano le sequenze geniche del nostro DNA a determinare ciò che preferiamo mangiare? Uno studio americano lo conferma

Il gusto è nella genetica

Sono stati pubblicati lo scorso giugno i risultati preliminari di unostudio condotto dall’American Society For Nutrition su un campione di oltre seimila persone: l’obiettivo è stato quello di indagare sulle “radici genetiche” delle nostre scelte alimentari. Si tratta di uno dei primi studi volti ad analizzare i legami fra genetica e percezione dei sapori (dolce, salato, acido, amaro e umami): dopotutto ad ogni gusto corrisponde la preferenza di consumo di specifici gruppi di alimenti, e ciò influisce di conseguenza anche sulla nostra salute, portandoci in alcuni casi a prediligere cibi che alzano il rischio di incorrere in malattie di natura cardio-metabolica. 

I risultati dell’indagine, infatti, confermano l’esistenza di geni che determinano la percezione del gusto, e ciò sarebbe importante da considerare anche per approfondire nuove strade sulla personalizzazione delle diete. "Sappiamo che il gusto è uno dei fattori fondamentali di ciò che scegliamo di mangiare e, per estensione, della qualità della nostra dieta", affermano i ricercatori condotti nello studio, “considerare la percezione del gusto potrebbe aiutare a rendere più efficaci le indicazioni nutrizionali personalizzate, identificando i fattori che determinano le scelte alimentari sbagliate e aiutando le persone a imparare a ridurre al minimo la propria influenza genetica".

Per fare un esempio, gli individui che possiedono una forte percezione del gusto amaro al palato tendono a mangiare meno vegetali che possiedono tale caratteristica, dunque come consiglio nutrizionale si potrebbe suggerire di non rinunciare al consumo ma di addolcirne il sapore unendo la verdura amara ad altre tipologie più dolci, o ad esaltarne il sapore con delle spezie. Un nuovo approccio all’alimentazione, dunque, che potrebbe insidiare una nuova chiave di lettura dei propri gusti nelle scelte di nutrizione quotidiana, aiutandone il miglior controllo. 

Altri studi precedenti avevano anch’essi confermato l’importanza della componente genetica, ma è la prima volta che ci si concentra sull’analisi della percezione di tutti e cinque i gusti di base, che ha guidato i ricercatori a definire una nuova misura, ovvero il polygenic taste score (punteggio del gusto poligenico), che esprime una stima dell’effetto cumulativo di diverse varianti genetiche sulla percezione di un determinato gusto.

Nel complesso, l'analisi ha identificato inoltre alcune associazioni tra geni correlati al gusto con gruppi di alimenti e fattori di rischio cardio-metabolico: in particolare i geni legati al gusto amaro e a quello umami sembrano avere la maggiore influenza sulla qualità della dieta e delle scelte alimentari. Nel corso dello studio è stato rilevato ad esempio che coloro che totalizzano un punteggio di gusto amaro più elevato tendono a mangiare meno cereali integrali rispetto a partecipanti dal medesimo punteggio più basso, così come un’alta percezione del gusto umami è stato associato ad una minor tendenza a consumare verdure

Insomma, una nuova branca della genetica legata all’alimentazione umana che merita di essere esplorata allargando gli studi a diversi gruppi di persone nel mondo, per scoprire sempre più come sfruttare positivamente una nuova realtà. 


Fonte: Science Daily

Scritto da Redazione ProDiGus

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