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L'artista surrealista Renè Magritte fece leva anche sul cibo per raccontare in pittura i suoi paradossi
Nell'immagine di copertina: a sinistra Il figlio dell'uomo (olio su tela di René Magritte del 1964); a destra René Magritte in uno scatto fotografico di Lothar Wolleh
L’artista belga Renè Magritte è stato uno dei grandi esponenti della corrente artistica del Surrealismo; uomo posato ed elegante con la sua immancabile bombetta nera; apparentemente un uomo comune ma capace di creare attraverso le sue opere un senso di mistero e disorientamento in colui che guarda. Gli oggetti reali sono rappresentati in modo preciso con stile da illustratore; come lui stesso disse, il suo modo di dipingere è accademico ma la differenza sostanziale è nelle combinazioni degli oggetti ritratti o nello sfondo che fa da cornice, che concorrono a far assumere loro un diverso e più profondo significato.
Appropriato è il soprannome dato a Magritte, “le saboteur tranquille”,che si riferisce alla sua capacità di incutere il dubbio su ciò che è reale e trasformare in illusione il quotidiano spesso in chiave ironica e umoristica. Lo stravolgimento delle certezze si ritrova anche in uno dei più famosi suoi dipinti, “Questa non è una pipa”, datato 1928, ma anche nell’altro forse meno noto “ Questa non è una mela” ,perché ,a dire dell’autore come la pipa anche una mela disegnata non è semplicemente una mela.
“Ogni cosa che noi vediamo ne nasconde un’altra; noi vogliamo sempre vedere quello che è nascosto da ciò che vediamo”. Questa è una frase che più di ogni altra a mio parere traduce il pensiero dell’artista che con queste parole faceva riferimento alla famosissima sua opera del 1964, “Fils de l’homme”, “Il figlio dell’uomo” .
Commissionato a Magritte come un autoritratto, rappresenta invece un uomo in bombetta con il volto nascosto da una mela verde. Quest’opera ha dato ispirazione ad altri artisti di epoca successiva; essa è entrata nell’immaginario collettivo e rappresenta l’atteggiamento critico dell’autore nei confronti della borghesia che si riconosce dall’abito formale dell’uomo. Sullo sfondo il mare ed un cielo nuvoloso. Secondo l’artista l’enigmatico soggetto fa scaturire il desiderio di guardare oltre il visibile delle cose.
E ancora una enorme mela verde è quella che riempie una stanza nel dipinto “La chambre d’écoute“, ossia ”La camera d’ascolto” ,in cui la mela che solitamente è di piccole dimensioni sembra volerci ricordare che anche ciò che è piccolo e che come la mela con noncuranza viene addentato non va disprezzato o sottovalutato.La mela assume dimensioni tali da invadere prepotentemente tutta la stanza e il titolo che Magritte ha dato a quest’opera vuole sottolineare, secondo la critica, la possibilità di rendere visibile il suono capace di propagarsi nello spazio e riempire l’intera stanza come la mela fa col suo colore.
Nel dipinto ”L’explication” sono raffigurate su un tavolo una carota, una bottiglia ed una “carota-bottiglia” ; i primi due elementi appartengono alla realtà quotidiana mentre il terzo non esiste al di fuori del quadro ma risulta dalla sintesi degli altri due , è un ibrido surreale unico nella sua originalità.
La realtà di Magritte vuole stupire e far pensare, e per questo è fatta di contrasti e di opposti: giorno-notte, Sole-Luna, luce-buio, caldo-freddo, e molto spesso nei suoi lavori il razionale e l’irrazionale si fondono. Nella “Legende dorée” o “Leggenda aurea” le pagnotte di pane galleggiano dietro una finestra; il pane è stato spesso raffigurato dal suo amico Salvador Dalì ma per quest’ultimo il pane era simbolo di sostentamento , di abbondanza e dell’ Eucarestia mentre per Magritte il pane rappresentato è il vero pane; esso non è dotato di alcun significato simbolico ma assume un significato misterioso perché è un elemento familiare inserito in uno sfondo irreale; fuori dalla finestra le pagnotte sembrano librarsi in volo.
In quella che sembra una posa di riflessione si trova poi la pagnotta adagiata sul tavolo su uno sfondo notturno nel dipinto “L’avenir 1936”o “Il futuro”
Critico nei confronti di coloro che sono spinti dal desiderio di appropriarsi di qualcosa, possederla per poi eliminarla, nel dipinto dal titolo “Ritratto” Magritte esprime il pensiero secondo cui anche la digestione è un processo fisiologico che inconsciamente traduce il nostro senso di potere e di autoesaltazione; masticando e ingerendo il cibo facciamo uso del mondo a modo nostro .Ecco che quindi sulla tavola ci sono oggetti quotidiani: il bicchiere, la bottiglia di vino, la forchetta, il coltello e il piatto. Questi oggetti attendono impotenti di essere adoperati e il particolare insolito e irreale è la bistecca di prosciutto che riempie il piatto. Questa ha un occhio al centro , quell’occhio che è la coscienza dell’autore e di chi guarda l’opera; è il mondo in noi che ci sta domandando cosa vogliamo farne.
Magritte è artista del paradosso che coinvolge decisamente anche il cibo; nella sua carriera ha realizzato più di ottocento opere tra tele e disegni e alcuni esemplari si possono ammirare in diversi musei in giro per il mondo ;circa duecento delle sue opere si trovano presso il Museo Magritte di Bruxelles visitabile dal 2009 e un discreto numero di opere famose dell’artista è al MoMA di New York. Le atmosfere oniriche ed evocative , misteriose e spesso inquietanti dell’artista belga sono ancora oggi fonte d’ispirazione per artisti , pubblicitari e creativi di vario genere.
Photo via Wikimedia Commons
Scritto da Elena Stante
Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 insegna Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .
Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali e collabora, con la nomina di Vice Direttore, alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani.

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