San Martino, protettore degli osti

Quando arriva la sua festa, “il mosto diventa vino”: scopriamo perché Martino è un santo dai festeggiamenti radicati nella tradizione

San Martino, protettore degli osti

(…) ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar. (…)

L’avrete sicuramente riconosciuta, si tratta della seconda quartina di una delle poesie più famose di Giosuè Carducci, “San Martino”, e fa riferimento proprio alla data dell’11 novembre, giorno in cui, tradizionalmente, si ricorda San Martino Vescovo di Tour e si celebra la maturazione del vino nuovo, da cui la celebre locuzione proverbiale “a San Martino, ogni mosto diventa vino”!

Letteratura, tradizione popolare e cultura contadina sembrano da sempre convivere perfettamente in quella che viene chiamata l’estate di San Martino (“che dura tre giorni e un pochinino”), il momento in cui, dopo il primo freddo autunnale, il clima si mitiga, il sole scalda i campi e si aprono le botti del vino novello (è questo il momento in cui il mosto ha infatti terminato la fase di fermentazione, si fa la svinatura e si può consumare per la prima volta).

La storia, a metà tra tradizione religiosa e leggenda, vuole che Martino in un giorno di freddo pungente incontrò un mendicante che stava per morire assiderato; senza pensarci, strappò il suo mantello e ne offrì metà allo sventurato. Il mendicante a quel punto si rivelò essere Gesù, in attesa di un vero gesto di carità e così, all’improvviso, il clima divenne tiepido.

A Martino proclamato santo di Tour, si attribuisce anche il miracolo di aver trasformato l’acqua in vino, motivo che lo ha reso protettore degli osti, dei vignaioli, dei vendemmiatori e dei sommelier. Non solo però; Martino, infatti, fondò a Marmoutier, nel territorio di Rougemont nella Valle della Loira, un'abbazia di monaci nella quale vennero piantate le prime viti portate dall’Europa centrale per produrre vino da messa e pozioni medicamentose per i malati.

La storia gli attribuisce anche l’introduzione di un particolare stile di potatura ancora oggi utilizzata. A lui si deve anche l’addomesticamento della vite selvatica locale. Alla sua morte, si narra, venne sepolto nella nuda terra sopra un letto di rami di vite ove si può ammirare oggi una magnifica vigna, teatro, in passato, di numerosi miracoli legati al vino. 

Il legame tra l’11 novembre e il vino è evidentemente molto stretto; si tratta infatti di una data legata tradizionalmente all’agricoltura, che segnava la fine del ciclo di raccolto (in cui si celebrava una sorta di ringraziamento per la stagione agricola), il momento in cui si tiravano le somme di quanto prodotto. Il giorno di San Martino tradizionalmente segna anche l’avvio della nuova annata per il vino; il vino giovane, offerto nelle cantine aperte per tutta la giornata a festa, si assapora e degusta accompagnato dai frutti autunnali, soprattutto castagne e funghi.

Nella tradizione contadina l’11 novembre era anche la data consueta per i traslochi e il termine di scadenza e rinnovo dei contratti di affitto dei fondi rustici, dei pascoli, dei campi e delle terre coltivabili. “Fare San Martino”, infatti, è un modo di dire usato nei territori a vocazione agricola soprattutto della Pianura Padana, per dire “cambiare lavoro e luogo di lavoro” o, in senso più ampio, “traslocare”. L’anno lavorativo dei contadini terminava abitualmente agli inizi di Novembre, dopo la semina; qualora il datore di lavoro proprietario dei campi e della cascina, non avesse rinnovato il contratto con il contadino per l’anno successivo, questi era costretto a trovare un nuovo impiego altrove, presso un’altra cascina e dinque a traslocare.

Per onorare al meglio questa giornata di festa in tavola, vi raccontiamo che in Sicilia, per esempio, si prepara un pane speciale chiamato la muffuletta di San Martino, una sorta di rosetta di pane rotonda ricoperta di semi di sesamo e ripiena di salumi e formaggi o acciughe. A Palermo in particolare, si preparano i biscotti chiamati Sammartinelli, ripieni con la ricotta e profumati all’anice, da gustare inzuppati nel vino novello o nel moscato. Nelle Marche, a Monte San Martino (Macerata), si preparano ravioli ripieni di salsa di mela dei Monti Sibillini. A Venezia è tradizione la torta di San Martino, una frolla a forma del Santo a cavallo con il mantello, ricoperta di cioccolata e zucchero a velo. In Umbria invece si prepara il caciato di San Martino, un pane e formaggio con uvetta, noci e pecorino da accompagnare rigorosamente con il vino novello. 

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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