Senza dolce non è Carnevale!

Un sentiero goloso alla scoperta delle ricette simbolo di questa festività dall’Italia all’Europa e il mondo intero

Senza dolce non è Carnevale!

E’ proprio vero che Carnevale è la festa adatta per “le ultime pazzie”, culinarie e di altro genere: come resistere ad esempio alla tentazione di preparare (e soprattutto assaggiare) i dolci tipici di questa festività, prima che inizi la più “seriosa” Quaresima

Cominciamo allora con una visita nelle regioni italiane, tutte accomunate da dolci carnevaleschi fritti, metodo che consente una cottura veloce e la possibilità di servire cibi golosi in poco tempo, fattore che costituiva il fine ultimo delle locandiere di un tempo. Diciamo subito però che i dolci italiani che andremo ad elencare possono essere cotti anche al forno, forse un po’ a discapito della loro tradizione, ma sicuramente con indubbi vantaggi per la salute e i “sensi di colpa”!

In testa alla classifica ci sono certamente le famose chiacchiere: conosciute già nell’antica Roma, il loro nome sembra rifarsi alla semplicità degli ingredienti (acqua, farina e zucchero) e alla rapidità della preparazione, proprio come le piccole chiacchiere tra amici. Secondo una leggenda, le chiacchiere sarebbero state preparate per la prima volta dal cuoco napoletano Raffaele Esposito per la regina Margherita di Savoia, la quale accusava spesso un languorino che non riusciva a placare, per cui chiese al cuoco di preparale qualcosa di semplice, veloce da fare e rapido, appunto come una chiacchiera, parola a cui si ispirò il cuoco. 

Ogni regione chiama le chiacchiere anche con altri nomi: cenci in Toscana, sfrappole in Emilia, bugie in Liguria e in parte del Piemonte, crostoli in Friuli, Trentino e parte del Veneto, frappe a Roma e galani a Venezia e Verona. Una variante nella preparazione delle chiacchiere, è quella nella quale si usa non vino bianco per l’impasto ma marsala o acquavite o liquore all’anice.

Su tutto il territorio nazionale oltre alle chiacchiere sono molto diffusi in tempo di Carnevale i migliacci, nome derivato da miglio, in quanto è dalla farina di questo cereale che si partiva un tempo per la loro preparazione (oggi si usa anche farina di granoturco o grano duro). Ne esistono anche versioni salate.

Proseguiamo il nostro viaggio tra i dolci del Carnevale in Valle d’Aosta, terra in cui si usa preparare i panzerotti alla marmellata, a base di patate e imbottiti con confettura di frutta mista. A Bolzano, invece, prevale la tradizione austroungarica e mitteleuropea dei krapfen del Carnevale: si tratta di palline di pasta lievitata che, dopo la frittura nello strutto, vengono farcite con marmellata in particolare di rosa canina, oppure con crema bavarese o panna a seconda della zona di produzione. 

Seguono le castagnole (dette favette nel Mantovano) tipiche del Friuli, ma diffuse anche in Romagna, tipiche e golose frittelle morbide, dalla forma che richiama vagamente la castagna; sono da mangiare calde (come tutti i fritti) ma anche fredde non dispiacciono affatto! Sono realizzate usando uova, zucchero, farina e burro, preparando quindi delle palline da friggere e cospargere alla fine con zucchero a velo.

A Venezia il dolce di Carnevale più diffuso è la fritola (frittella), preparate con una pastella fatta di farina, latte, uova, zucchero, uvetta sultanina, pinoli, servita cospargendo zucchero semolato. Le fritole col nome di fritulis sono diffuse anche nel vicino Friuli. Quelle venziane sono vuote ed hanno un diametro di almeno 4 cm; alcune varianti zonali prevedono il riempimento di crema o marmellata, avvicinando il dolce veneziano al krapfen tedesco.

In Emilia e Lombardia a farla da padroni sono i tortelli di Carnevale, conosciuti anche come ravioli dolci perché ripieni di marmellata, frutta secca e talora anche di ricotta. I tortelli dolci vengono preparati anche in Puglia, specialmente nel tarantino, dove però sono chiamati calzoni di Carnevale, conditi con sugo di pomodoro e formaggio grattugiato, con un ottimo accostamento del sapore dolce con quello acidulo della salsa di pomodoro. 

Spostandoci verso la Toscana e l’Umbria il re del Carnevale è il berlingozzo, una sorta di grossa ciambella preparata ritualmente il giovedì grasso (il berlingaccio) di ogni anno, cotta nel forno e molto aromatica grazie all’abbondanza delle scorse di agrumi (arance e limoni) presenti nella preparazione.

Viaggiando dall’Umbria alle Marche, dall’Abruzzo al Lazio, a Carnevale sarà possibile degustare la famosa cicerchiata, il cui nome vuol praticamente significare “mucchietto di cicerchie” (antico legume che è tornato in auge per le sue ottime caratteristiche salutari). Il mucchio è praticamente fatto di palline di pasta fritte tradizionalmente nello strutto. Nel passato non si friggeva con l’olio (troppo costoso e riservato ai padroni, ma sempre non per friggere) ma con lo strutto, il quale affinché non si irrancidisse all’aria e al calore delle case (non esistevano i frigoriferi) doveva essere usato rapidamente nella settimana carnevalesca e ciò si otteneva friggendo tanti alimenti, tra cui i dolci tipici del periodo.

In quel di Ancona, tipici sono gli arancini anconetani: la sfoglia all’uovo viene arrotolata su sé stessa a formare un girella, che poi viene fritta e cosparsa di miele reso fluido. Spesso si accosta a questa prelibatezza il sanguinaccio dolce, diffuso invero in tutto il sud e nelle isole: si identifica con il sanguinaccio del maiale. 

Si tratta infatti di un dessert fatto con cioccolato amaro aggiunto al  sangue di maiale, accompagnando con savoiardi intinti nel liquido dolce. Il sanguinaccio dolce fatto nel napoletano viene chiamato si differenzia per l’aggiunta di uova intere in numero variabile. La vendita del sangue di maiale è stata però vietata dal 1992 per cui oggi il sanguinaccio dolce non ne contiene più, per cui oggi gli ingredienti sono cioccolato fondente, cacao e cannella, uva passa, canditi ed altre golosità, ricordando il sanguinaccio originale solo nel colore marrone finale.

Simile alla cicerchiata è la struffolata tipica di Napoli e della Campania in genere, costituita da palline fritte simili alle cicerchie, ma che vengono ricoperti di miele, corallini colorati o argentati, codette multicolore e pezzetti colorati di frutta candita: in questo dolce colorato si riflette tutta la gioiosità del popolo napoletano rappresentata dalla vivacità dei colori finali della preparazione, oltre che un chiaro richiamo ad Arlecchino con il suo variopinto costume.

La differenza tra cicerchiata e struffolata si vede anche dalla disposizione del dolce nel piatto: a formare una corona nel primo caso, a formare una pigna nel secondo. A Napoli durante il Carnevale vengono preparate anche le zeppole, una sorta di ciambelle fritte da servire semplici con zucchero a velo o guarnite con crema e amarena sciroppata. 

Passando alle isole, potremo assaggiare gli orroviulos (o orrobiolos) e i frisjoli (frittelle "a spirale") della Sardegna, dolci ancora una volta fritti fatti con zafferano, uova e formaggio fresco; le teste di turco a Palermo e dintorni, dolci costituiti da una sottile sfoglia di pasta fritta, farcita con una delicatissima crema di latte aromatizzata con limone e cannella oppure con una prelibata ricotta.

Sempre in Sicilia è possibile degustare la pignolata (forma di pigna), preparata friggendo, tassativamente in sugna bollente, dei tocchetti di pasta e cospargendoli infine con miele diluito con acqua di arance, con aggiunta finale di cannella. Seguono le crispelle di riso e miele e gli sfinci di Carnevale, una sorta di frittelle aromatizzate anch’esse con cannella e arricchite con miele. 

Ma è giunto il momento di fuoriuscire dai confini nazionali: cosa accade sulla tavola del Carnevale dolce in Europa? Volgendo lo sguardo alla vicina Spagna, a farla da padrone sono i famosi churros (presenti però tutto l’anno), bastoncini a base di acqua e/o latte e farina ovviamente fritti, da consumare rigorosamente intinti nella cioccolata calda. Nella confinante Francia il Carnevale è sinonimo di bugnes, piccole frittelle a forma di rombo e di cravatta, fatte di pasta lievitata con aggiunta di birra, fritte, croccanti e dorate.

Nel vicino Belgio il dolce carnevalesco classico sono le gaufres, tipico in verità di Liegi: si tratta di cialde con superficie a nido che ben trattiene la marmellata, la cioccolata o la crema con cui vengono servite. Oggi le conosciamo un po’ dappertutto sotto il nome americanizzato di waffles.

Altri dolci sono gli smoutebollen, frittelle simili a bignè di mele, preparati fritti per le strade, ricoperti di tanto zucchero a velo.  Anche l’austera Germania non sfugge al fascino del Carnevale e si lancia nel consumo di Quarkballchen (frittelle farcite con formaggio quark) e Berliner (krapfen ripieno di confettura). Un po’ più a nord eccoci a Londra, dove il martedì grasso è il giorno in cui si consumano di tradizione i pancake (tanto da definire questo giorno come “pancake day”). Nella fredda Svezia il calore della festa di è stigmatizzato dal consumo di semla, cioè panini dolci fatti con farina di mandorle e guarniti con panna montata. 

Nella vicina Grecia, a noi tanto simile perché terra mediterranea a tutti gli effetti, si consuma il laganà, pane senza lievito (azzimo) indice di purificazione per l’inizio prossimo della Quaresima. Nella vicina Cipro si mangiano moltissimi bourekia, piccoli dolci ripieni di formaggio e poi fritti. 

Ed infine, concludiamo con un breve sguardo oltreoceano: in Brasile in questo periodo sarà imperdibile un assaggio di papos de anjo (parole d’angelo) ricoperti di sciroppo di vaniglia. Si tratta di un tradizionale dolce di origine portoghese composto essenzialmente da tuorli d'uovo battuti, cotti e successivamente bolliti nello sciroppo di zucchero. Negli Stati Uniti, dove tutto è “mega”, si festeggia con la King Cake, una torta arcobaleno nata a New Orleans: si tratta di un ciambellone a forma di treccia, ricoperto con glasse di tutti i colori.

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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