Kvass: quando il pane si beve

Risale al Medioevo la tradizione estone (e non solo) del pane nero lasciato fermentare per trasformarsi in bevanda aromatica e rinfrescante

Kvass: quando il pane si beve

Che il pane, nelle sue numerose varianti e interpretazioni, sia un alimento base per molte culture alle varie latitudini è cosa nota, la particolarità che vogliamo farvi conoscere in questo caso è quella di una antica tradizione culturale in cui il pane è addirittura da bere! Siamo in Europa orientale, in Estonia, dove il kali, da molti conosciuto come la birra estone, è una tradizione antichissima (risale addirittura all’poca medievale) che ritroviamo in tutte le tavole. 

Nella regione orientale del Vecchio Continente è diffusa anche in altri paesi (Ucraina, Lituania fino ad alcuni Paesi baltici) dove è conosciuta come kvass. ed è utilizzata in sostituzione della soda per la preparazione di bevande varie e cocktail, oltre ad essere consumata ai pasti (per esempio come base per le zuppe, famosa la okroshka una zuppa a base di verdure, carne e panna acida), o sorseggiata nelle strade dove ancora è venduta dai carretti dello street food. E’ particolarmente apprezzata per le sue proprietà rinfrescanti nelle calde giornate estive per dissetarsi. 

Si tratta di una bevanda fermentata che ha, come ingrediente base, proprio il pane di segale, tipico della gastronomia locale, e per questo nota anche come birra di pane. Il pane di segale ha un sapore dolce ed è considerato imprescindibile sulle tavole tanto da essere considerato quasi un pane “sacro”, speciale, degno di ogni attenzione e reverenza (si pensi, solo per fare un esempio, alla tradizione di baciare il pane nero caduto in terra che non va assolutamente buttato).

Non a caso è simile, nell’aspetto, alla birra e alla cola per il colore ambrato-dorato, ha gusto aromatico e agrodolce, con una leggera effervescenza naturale accompagnata da una bassa gradazione alcolica. Il tasso alcolimetrico infatti non supera l’1-1,5% e per questo è consumata anche dai giovani e giovanisismi, preparata in casa, venduta nei supermercati (nella versione industriale in bottiglia) o dai venditori ambulanti (è possibile osservare vecchie fotografie che ritraggono venditori ambulanti che spingono i carretti per le strade acciottolate di Tallin).  

Spesso è soprannominata "la coca-cola estone", il che non stupisce a maggior ragione se si pensa che nel 2001 proprio la Coca Cola Company ha acquistato uno dei marchi commerciali della bevanda più popolari e distribuiti nella regione, il Linnuse Kali. Il processo di produzione è relativamente semplice, si parte infatti da un pane ottenuto da un impasto già fermentato che viene sottoposto a nuova fermentazione. Le fette vengono fatte bollire finchè non si ammorbidiscono del tutto e poi mescolate con zucchero, lievito e maltosio. Il ocmposto viene così lasciato a fermentare ancora per uan giornata e successivamente filtrato con una garza a trama sottile e addolcito con limone e uvetta.

Il kali è interessante anche dal punto di vista nutrizionale, infatti, la segale contenuta apporta una buona dose di magnesio e vitamina B, e l’acido lattico della fermentazione ha proprietà benefiche per la digestione. Nonostante l’avvio di un importante processo di industrializzazione del kali, gli appassionati del pane da bere sostengono che non vi sia paragone possibile con la versione artigianale o casalinga. La maggior parte delle “versioni commerciali” non sono fermentate, cosa che priva la bevanda stessa delle sue intrinseche qualità e del suo gusto inimitabile, rendendola invece più simile ad un modesto soft drink. 

Dalle regioni orientali del vecchio continente il kali sta iniziando a diffondersi anche nelle zone centrali e d’oltreoceano, sostenuta da una vivace riscoperta delle bevande fermentate della tradizione.

Photo made in AI
 

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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