Cos'è un Po'Boy?

Sulle origini del nome del panino americano nato in un ristorante di New Orleans nel 1929 e ancora oggi di grande successo

Cos'è un Po'Boy?

Mangiare un panino non sempre significa preparare un pasto frugale e veloce che alla fragranza del pane aggiunge pochi semplici ingredienti; fare un panino può richiederne molti, a volte elaborati, da unire e accostare con maestria seguendo precise regole. E’ il caso dell’americanissimo po’boy, contrazione di poor boy, ovvero “il panino del ragazzo povero”, un panino originario della Louisiana che impariamo a scoprire e che, nella tradizione alimentare del Paese a stelle e strisce risale agli anni della Grande Depressione e che si vuole nato in un ristorante di New Orleans di proprietà di Benjamin e Clovis Martin durante lo sciopero dei tram del 1929.

I Martin, infatti, già conduttori di tram in città, aprirono nel 1922 un piccolo ristorante dove negli anni degli scioperi si adoperarono per dar da mangiare ai lavoratori che combattevano la loro battaglia sindacale. Così furono impegnati negli anni a sostenere la protesta e a “sfamare” più di mille uomini e le loro famiglie trovando un accordo con il fornitore di pane che ideò una nuova pagnotta per panini di grandi dimensioni (originariamente 40 centimetri) e dalla forma nuova e uniforme (in precedenza le baguette locali erano più strette alle estremità tanto da risultare indispensabile per poter confezionare i panini tagliarne le punte che venivano lasciate come pane da accompagno al piatto).

La base di partenza fondamentale per il po’ boy è proprio il tradizionale pane francese di New Orleans, dalla tipica crosta croccante e un soffice interno cui è aggiunta carne, di solito roast-beef (in alternativa pollo fritto), o pesce fritto (gamberetti, aragoste, ostriche o granchi).

Il pane po’boy è prodotto con meno farina e più acqua in modo da ottenere un impasto più umido che produce un pane più leggero e soffice, meno gommoso. La ricetta “modificata” nelle proporzioni rispetto alla tradizionale baguette francese risale al XVIII secolo nel Golfo del Sud dove il clima umido era meno favorevole alla coltivazione del grano che pertanto risultava essere ingrediente prezioso, poco disponibile e più costoso.

Nato e consumato come pane per i lavoratori, il ricco e sostanzioso po’ boy è un esempio tipico di piatto della gastronomia locale, crocevia di sapori e gusti. Tra gli ingredienti per il ripieno del “ragazzino povero” troviamo infatti lattuga, pomodori, sottaceti, maionese, melanzane fritte, burro fuso, salsiccia piccante, prosciutto, patatine fritte, senape, formaggio…

Come spesso accade, anche per il panino po’ boy gli ingredienti sono dosati e amalgamati diversamente in relazione alla zona e alla cultura gastronomica locale che si è affermata negli anni; così troviamo la versione “pane di ostriche” (con ostriche fritte), il “po’ boy sloppy roast beef” (con tagli di carne spessi serviti con sugo), il tipo “crockPot tender” (con manzo stufato servito e amalgamato con la salsa) o ancora “il pacificatore o la médiatrice” (con gamberi e ostriche fritti).  

Andare a New Orleans e non mangiare un po’ boy è praticamente impossibile, si trovano in tutti i ristoranti, sono venduti preconfezionati nei mini market, disponibili nei banchi gastronomia dei supermercati e ovviamente fatti in casa seguendo il proprio gusto. Ogni anno dal 2007, a metà novembre, nella città di New Orleans nel quartiere Carrollton, è addirittura organizzato un festival del po’ boy, il l’Oak Street Po’ Boy Festival, dove cuochi e venditori si sfidano per realizzare il panino migliore e propongono varianti creative premiate con il “best-of”. 

Quando si dice che il panino è pop è perché, come in questo caso, il po’ boy è l’esempio evidente della contaminazione culturale avvenuta nella regione di New Orleans, crocevia etnico che ha visto nel tempo coniugarsi e fondersi cultura creola, afro, vietnamita, cajun, tedesca, austriaca (che verso la metà del 1800 “dominava” il commercio di pane e dolci nella città) e francese in un mix di profumi, sapori e colori che si influenzano e si sovrappongono. 

Photo by Sara Albano

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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