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Dalla pelle del pesce della specie tilapia arriva una nuova possibilità di cura per le grandi ustioni: se ne studiano le applicazioni in Brasile
I ricercatori dell’università del Brasile, uno dei più importanti produttori di tilapia, sono i pionieri nella ricerca di soluzioni innovative e alternative all’uso della pelle omologa per la cura delle ustioni.
Si chiama tilapia ed è tra i pesci più consumato al mondo; è una specie appartenente alla famiglia dei ciclidi che vivono e sono allevati in Africa, Asia e sud America.
Si tratta di un prodotto molto diffuso nell’itticoltura che ha prepotentemente conquistato i mercati di mezzo mondo ed è il più allevato dopo la carpa, rubando il secondo posto a trote e salmoni. Ad oggi la tilapia è allevata in 140 paesi, tra i principali produttori ci sono la Cina (con 1,6 milioni di tonnellate all’anno) e il Brasile.
Nato da una serie di incroci, la tilapia è un pesce molto resistente che cresce velocemente, con conseguenti costi di allevamento più contenuti; le sue carni hanno un sapore poco deciso (capace di soddisfare anche il palato di coloro che “non amano il pesce che sa troppo di pesce”) e non di meno il suo costo finale al consumatore si presenta contenuto. A fronte di queste qualità, è tuttavia oggetto di controversie nutrizionali, relative alla qualità delle sue proprietà, e soprattutto a controversie relative alla sua sostenibilità ambientale e alle modalità con cui viene allevato in modo intensivo.
Ma tralasciando in questa circostanza gli aspetti etici relativi all’eco-compatibilità ambientale, questo pesce è interessante per altri impieghi: la pelle della tilapia, infatti, viene “riciclata” e utilizzata per la concia delle pelli, trasformata in rivestimenti per mobili, suppellettili e accessori vari di abbigliamento (per esempio i guanti).
Sono proprio le sue particolari caratteristiche fisiche e meccaniche a rendere negli ultimi anni la pelle di tilapia oggetto di interesse di biologi, ingegneri e medici.
Nel 2011 il chirurgo plastico di Pernambuco Marcelo Borges, dopo aver letto un articolo sul Jornal do Commercio de Pernambuco che parlava proprio dell’uso nell’artigianato della pelle di tilapia (uno tra i pesci più allevati anche in Brasile) ha per primo pensato di utilizzarla in campo medico per il trattamento delle ustioni. Nel 2014 l’idea fu condivisa con Edmar Maciel, chirurgo plastico del Cearà, dando avvio ai primi studi sul campo. Si sono aggiunti negli anni altri studiosi, il ricercatore Odorico Moraes, direttore presidente del Centro di ricerca e sviluppo della medicina (NPDM) presso l’Università federale del Ceará (UFC) e il chirurgo plastico Nelson Piccolo di Goiás.
Gli studi condotti fino ad ora hanno messo in evidenza che la pelle di tilapia presenta una epidermide rivestita da un epitelio pavimentale stratificato, seguito da ampi strati di collagene. Grazie alla sua capacità di definire la maggior parte dei tessuti, si presenta come un ottimo componente per i biomateriali da utilizzare in campo medico e dermatologico, consentendo di ottenere materiali con un elevato tasso di biocompatibilità e biodegradabilità, caratteristiche che ne rendono proficuo l’impiego.
La medicina e la chirurgia plastica per la cura delle ustioni lavora, attualmente, utilizzando pelli omologhe (le banche del tessuto cutaneo), pelli eterologhe (cioè di origine animale) e materiali frutto della ricerca biomedica di laboratorio che presentano la massima compatibilità con l’organismo umano, le cosiddette medicazioni biosintetiche, e il derma artificiale. Ricordiamo che gli innesti di pelle, dopo grandi ustioni, sono da considerare dei veri trapianti con tutte le conseguenze che ne derivano.
Inoltre, il trattamento clinico delle ustioni, oltre alle implicazioni psicologiche e sociali, comporta lunghe degenze (con i relativi costi per la sanità) e medicazioni, generalmente molto dolorose per i pazienti e vari effetti avversi. Considerata anche la resistenza culturale, ancora ampiamente diffusa, nella donazione di pelle omologa, che finisce per limitarne la disponibilità che risulta praticamente inadatta a soddisfare la domanda, la ricerca dei medici brasiliani sull’uso della pelle di tilapia si pone l’obiettivo di trovare nuove medicazioni e soluzioni per la cura dei pazienti ustionati, riducendo, tra gli altri, gli effetti della contaminazione e delle infezioni sulle lesioni, favorendo il processo di guarigione (grazie all’elevata quantità di collagene presente) con una netta riduzione del dolore e offrendo anche migliori risultati estetici.
L’attenzione è per tale ragione rivolta ad un “prodotto biologico" che sia una valida alternativa e che presenti una serie di caratteristiche specifiche: buona flessibilità e aderenza al letto, resistenza allo stretching, manegevolezza, capacità di ridurre il dolore e la contaminazione batterica, capacità di favorire la naturale riepitelizzazione e la formazione di tessuto di granulazione, oltre ad un costo ridotto per la sanità e una facile reperibilità.
In questa prospettiva, la pelle di tilapia sembra avere queste peculiarità, avendo dimostrato buone proprietà fisico-chimiche, benefici nella medicazione e riduzione del numero, buona prognosi. La pelle della tilapia presenta caratteristiche microscopiche simili alla pelle umana come l’elevata resistenza alla trazione e l’estensione della rottura, capacità di ridurre i tempi di epitelizzazione e l’intensità del dolore. Infine, l’uso della pelle di tilapia presenta una notevole riduzione dei costi e una più ampia disponibilità di risorsa che rende la materia un effettivo concreto progresso nel campo del trattamento delle ustioni
I lavori condotti dai medici e dai ricercatori dell’Università Federale del Cearà hanno concretamente posto le basi per una piccola rivoluzione medico-scientifica che potrà concretamente contribuire ad una medicina sicura e alla portata di tutti.
Photo made in AI
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.
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