Le dritte per assicurarsi che sia fresco e a prova di salute
Sarebbe bene gestire la voracità durante le pause di lavoro o studio, nonché prestare più attenzione a qualità e quantità del pasto
Il pranzo è e rimane sempre un rito, pur con tutte le sue variabili. Mangiare a mensa significa prendersi una pausa durante l’orario di lavoro; che sia aziendale, pubblica o privata, scolastica, ospedaliera, self-service, a buffet o servita, la mensa rimane ancora il luogo in cui ogni giorno, milioni di persone pranzano fuori casa adattando bisogni e gusti e, spesso, è difficile conciliare questa necessità con la propria dieta e le proprie abitudini alimentari.
D’altra parte, quando si parla di ristorazione collettiva, non è così semplice coniugare l’appetibilità, la qualità dei cibi, il prezzo contenuto, i tempi di preparazione e distribuzione decisamente più dilatati. L’importante, come sempre, è scegliere con attenzione la materia prima, le tipologie di cottura e le preparazioni più semplici per evitare di cadere nella tentazione di piatti troppo elaborati o conditi e dunque poco salutari e magari non rispondenti al nostro abituale regime alimentare.
Anche a mensa accade di mangiare male, perché troppo in fretta o troppo in quantità (tendiamo spesso a riempire i piatti anche quando non serve e oltre il necessario), non gustando il piacere di una vera pausa in cui ci si ricarica.
Alcuni accorgimenti però possono aiutarci a rendere la pausa mensa un momento di recupero delle energie senza tralasciare l’attenzione al nostro benessere psico-fisico e al soddisfacimento del palato. Possiamo, anche durante un pasto in mensa, “difenderci” dai cibi di scarsa qualità o troppo grassi, scegliere e alternare i principali nutrienti per mantenere in equilibrio i pasti della giornata. Variare pasta, riso e altri creali, alternare i secondi tra carne, pesce, formaggi e uova, consumare regolarmente frutta e verdura, ci permette sicuramente di assimilare i giusti micro e macronutrienti.
Controllare le porzioni e, laddove possibile, il peso di ciò che mangiamo ci aiuterà a tenere sotto controllo la quantità e le calorie assunte. Inutile riempire troppo i piatti sapendo già che parte rimarrà non consumata, il piatto dovrebbe essere riempito massimo all’80% della sua capienza (non dimentichiamo che tra le maggiori fonti di spreco di cibo ci sono proprio le mense!). Preferire piatti leggeri, semplici e poco conditi aiuterà anche la digestione e la successiva ripresa dell’attività lavorativa.
A tavola, anche quella della mensa, ci vuole il giusto tempo: se è vero che il pranzo rappresenta una pausa dal lavoro non deve diventare però una “corsa del cibo”, almeno 20/30 minuti sono indispensabili. Sedersi comodamente e mangiare ogni piatto con ordine, magari facendo una piccola pausa tra una pietanza e l’altra, poggiare le posate tra un piatto e il successivo, allontanare lo smartphone e il tablet in modo che il pranzo non risulti una “intrusione” mentre facciamo o pensiamo ad altro. Anche se il tempo a disposizione è “contato”, dovremmo riuscire a concentrarci sul momento per apprezzarne i benefici: mangiare in fretta con l’ansia di tornare il prima possibile alla postazione di lavoro rende difficile anche la digestione; occorrono circa 20 minuti affinchè al cervello arrivino i primi segnali di sazietà, e dunque mangiare in fretta può far ingrassare perché mangiamo più di quello che dovremmo e la digestione diventa più lenta e difficoltosa andando a ridurre anche la soglia di attenzione e concentrazione.
Un altro elemento interessante da considerare è con chi si mangia a mensa: da soli (come purtroppo accade in questo periodo di pandemia, addirittura isolati in postazioni rigorosamente singole), con i colleghi, con i propri capi o magari con gli amici. Si, perché anche questo aspetto riesce ad influenzare le nostre scelte e ciò che mettiamo nel piatto. Le relazioni sociali sul posto di lavoro possono influenzare le scelte alimentari. “Dimmi con chi mangi al lavoro, e ti dirò che cosa mangi” è la sintesi di uno studio, condotto dai ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston, insieme ad altre università americane, e pubblicato su Nature Human Behaviour , dal quale emerge che le scelte alimentari sul luogo di lavoro sono fortemente influenzate dai commensali, più che dalle convinzioni o dai gusti personali. Il bisogno di socializzare si conferma un fortissimo propulsore delle scelte alimentari determinando atteggiamenti, scelte e preferenze.
Lo studio è stato condotto per due anni (tra il 2015 e il 2016) su un campione eterogeneo e reale di 6 mila dipendenti del Massachusetts General Hospital di Boston e ha dimostrato che le persone tendono a scegliere un certo tipo di alimento in base alla compagnia che hanno in quel momento. Si sarebbe potuto supporre il contrario e cioè che persone con abitudini simili tendessero a pranzare insieme, ma, i numerosi controlli effettuati sul campione e sui diversi parametri individuati, hanno mostrato che non si tratta di omofilia, cioè tendenza a scegliere persone simili, ma di reciproca influenza.
La socialità è insomma prevalente, e l’effetto è tanto più evidente sulla scelta di alimenti sani. Questo è un dato particolarmente interessante perchè permette, in prospettiva futura, di condurre campagne di promozione di stili di alimentazione sempre più sani e condivisibili anche sui luoghi di lavoro. Nell’attesa di una nuova socialità ritrovata (attualmente perduta a causa della pandemia), anche il pranzo a mensa potrà essere il motore di un vero cambiamento nelle abitudini alimentari e nelle scelte a tavola, sempre più orientate al mangiare bene e sano per tutelare la salute da una parte e gratificare il palato dall’altra. Mangiare sano infatti è gustoso, sfizioso e appagante!
Il desiderio di socializzare e stare insieme, specifico della convivialità a tavola, potrebbe aiutare a promuovere un’alimentazione sana nei luoghi di lavoro, proprio grazie alla ritrovata socialità riuscendo così a coniugare le esigenze di una società sempre in movimento ed evoluzione con la salute dei suoi cittadini.
Ricordiamo a tal proposito che un recente documento del Ministero della Salute (stilato dalla Commissione Salute in collaborazione con la Conferenza Unificata) illustra le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione collettiva (scolastica, ospedaliera e assistenziale) con l’obiettivo principale di raggiungere un livello ottimale sia in termini di qualità nutrizionale che di qualità sensoriale unitamente alla progettazione di una organizzazione sempre più efficiente del servizio offerto.
A lavoro, a scuola come in ospedale, una corretta alimentazione consente di facilitare l'adozione di abitudini alimentari in grado di promuovere la salute e la prevenzione delle patologie cronico degenerative di cui l'alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio, con un beneficio ultimo sia in termini individuali che di salute pubblica.
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.
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