Storie d'acqua tonica

Tra leggende e verità sulle origini della dissetante acqua tonica, oggi tanto amata da gustare tal quale o in diversi cocktail

Storie d'acqua tonica

Trasparente, frizzante, fresca, dissetante, ma soprattutto contraddistinta da quell'inconfondibile nota di sapore che prima si rivela dolce e poi via via più amaro, fino a lasciarlo permanere in un piacevole retrogusto. Parliamo dell'acqua tonica, amata in tutto il mondo da sorseggiare con ghiaccio e limone, alla base di alcuni cocktail (come il celeberrimo gin tonic) e che oggi troviamo in tante varianti sugli scaffali dei supermercati.

L'acqua tonica ha una storia che si rivela essere infarcita di leggende. In origine, si trattava di acqua minerale contenente una dose elevata di chinino e si trattava di una preparazione utilizzata per curare la malaria. Una leggenda racconta che la contessa della città spagnola di Chinchòn, moglie del vicerè del Perù dal 1628 al 1639, fu salvata dalla febbre malarica dal chinino: questa sostanza si estrae dalla corteccia dell’albero della china (la specie è definita Chincona calisaya), e il chinino è l’alcaloide che si ritrova appunto nell’acqua tonica.

A fornirle la cura al chinino pare fu il Governatore Spagnolo di Loja, a sud di Lim ; dopo la guarigione la contessa fu invitata a rivelare al popolo di Lima le virtù del chinino e la polvere bianca estratta dalla corteccia dell’albero fu chiamata “la polvere della contessa”. L’albero della china cresce tipicamente nelle foreste paludose amazzoniche e in particolare in Perù, Bolivia ed Ecuador; i guaritori nativi del Sud America lo chiamavano l’albero quina quina o kina kina, e probabilmente ne conoscevano già le proprietà antipiretiche.

Nel Seicento il flagello della malaria mieteva molte vittime non solo tra la popolazione autoctona ma anche tra gli esploratori e colonizzatori che dall’Europa arrivavano in Sud America. Ebbene, da allora e fino alla Seconda Guerra Mondiale il chinino estratto dalla corteccia dell’albero risultò l’unico rimedio utile per la febbre causata dalla terribile malattia; solo nel 1897 il medico britannico sir Ronald Ross individuò la causa della malaria nella puntura della zanzara anofele gettando le basi per la migliore cura.

Se l’acqua tonica originaria era dunque acqua minerale e chinino (molto amaro) da sorseggiare a scopi terapeutici, quella che noi oggi consumiamo ha invece un bassissimo contenuto di chinino, che fra l’altro è regolamentato ed è un chinino di sintesi o, come leggiamo in etichetta, cloridrato di chinino; in più contiene lo zucchero, aggiunto all’acqua per ridurre la percezione amara (nelle versioni light lo zucchero è sostituito da dolcificanti artificiali).

Ma tornando alla storia della bibita, la magica “polvere della contessa” raggiunse l’Europa grazie ai Gesuiti missionari che dalla Bolivia raggiunsero il Belgio e l’Italia all’incirca nel 1640; a Roma quella che fu chiamata “polvere dei Gesuiti” venne usata e caldamente consigliata dal Cardinale Lugo, e il papa Innocenzo X promosse degli studi approfonditi per giungere alla pubblicazione della Schedula Romana, nel 1651, una guida per la somministrazione della cura. 

Alla fine del ‘600, il rimedio del chinino fu riconosciuto un valido antifebbrile fino al nord Europa. Nel 1672 il medico Robert Talbor pubblicò un libro in cui descriveva un farmaco da lui stesso preparato con quattro ingredienti di origine vegetale tra i quali non mancava la polvere dei Gesuiti; egli ricevette onorificenze a Londra, dove nel 1679 il suo preparato riuscì a curare il re Carlo II.

Una volta che si riconobbe che il chinino poteva non solo curare la febbre della malaria ma prevenire la malattia dato che blocca la riproduzione del parassita veicolato dalla zanzara anofele, la corsa ad accaparrarsi la magica corteccia da parte dei colonizzatori europei vide in prima linea gli inglesi e olandesi. Questi sottoposero a un duro lavoro gli indigeni delle terre dove cresceva l’albero della china - i cosiddetti cascarilleros - e le piantine ed i semi della china furono anche oggetto di contrabbando .

Nella seconda metà dell’800 comparvero piantagioni di china in India e a Giava; l’isola conquistò il primato nella produzione di chinino durante la Seconda Guerra Mondiale, fino a quando i giapponesi ne presero il controllo costringendo gli scienziati a produrre il chinino in laboratorio con buona pace dell’albero della china. In Europa i primi ad estrarre il chinino furono gli scienziati francesi Pierre-Joseph Pelletier e Jean Bienaime Caventeau nel 1820: isolarono e identificarono molti alcaloidi di origine vegetale tra cui la caffeina, la stricnina e il chinino che deve a loro il suo nome.

La prima acqua tonica commerciale contenente una piccola quantità di chinino fu prodotta nel 1858 e brevettata con il nome di “tonico liquido addizionato d’aria da Erasmus Bond, titolare dell’azienda londinese Pitt & Co. Venduta inizialmente come digestivo, negli anni seguenti la mossa astuta di definire l’acqua tonica “bevanda dei tropici” e quindi dissetante nella calura estiva o anche ”acqua tonica indiana” per darle un tocco esotico la guidò a diventare presto un prodotto di largo consumo .

A fine ‘800 si cominciò ad aggiungere l’acqua tonica ad alcol, vino o brandy e altri liquori, e solo alla fine del XX secolo il famoso Gin & Tonic dall’Inghilterra contagia gli Stati Uniti grazie alla pubblicità dell’azienda Schweppes fondata da Johann Jacob Schweppe (fornitore reale della corte britannica dal 1831), che provvede ad addizionare l’acqua tonica con anidride carbonica.

L’incolore acqua tonica è solo all’apparenza neutra, e lo sanno bene i barman che la dosano come alchimisti nei cocktail (gin tonic, vodka tonic e rum tonic); l’acqua tonica può dare sapore e persistenza dolce-amara, acidità e anche aromaticità agli amanti dell’aperitivo e dell’happyhour .Ci sono fra l’altro il “bitter lemon” e il “bitter lime” e tanti altri tipi di acqua tonica: al cetriolo, ai fiori di sambuco, all’arancia, al pompelmo, con erbe aromatiche o spezie varie, e ciascuna tipologia rende unica e diversa l'esperienza al palato. Nel 2007 in Svezia a Helsingborg una caffetteria ha inventato l’Expresso & Tonic aggiungendo al caffè espresso dello sciroppo dolcificante, acqua tonica e ghiaccio: varrà la pena assaggiare? 

Photo made in AI

Scritto da Elena Stante

Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 al 2023 ha insegnato Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali ed ha collaborato con la nomina di Vice Direttore per la regione Puglia alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani. Le piace correlare la scienza al cibo, nonché indagare su storie e leggende, e con Prodigus inizia il suo percorso di redazione di contenuti golosi per gli utenti del web.

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