Il wasabi che non c’è

La salsa che in Occidente accompagna sushi e sashimi, nella maggior parte dei casi, non è wasabi autentico, ma solo un’imitazione

Il wasabi che non c’è

Quando il fake arriva in cucina e colpisce pietanze e condimenti, non è semplice smascherarlo, come in altri ambiti, del resto. Il wasabi, immancabile protagonista dei menu di ristoranti e sushi bar di tutto il mondo, non sarebbe autentico wasabi.

A rivelarlo è Trevor Corson, scrittore che si occupa di cucina. Diversi anni fa, attraverso le pagine del suo libro “The Story of Sushi”, ha chiarito che la radice giapponese che compare, in forma di pasta, sulle tavole della maggior parte dei ristoranti dove servono del sushi, è in realtà un suo surrogato, ottenuto industrialmente.

La domanda di wasabi è altissima, mentre questo piccantissimo ravanello giapponese (o perlomeno la sua migliore varietà) cresce in loco, precisamente a sud di Tokyo, e viene coltivato secondo tecniche antiche quanto la storia del paese, da piccoli agricoltori. Famiglie depositarie, attraverso le generazioni, dei segreti della coltivazione di questa pianta. Un prodotto di nicchia dunque; riprodurne le colture altrove sarebbe dispendioso e soprattutto assai poco vantaggioso dal punto di vista commerciale.

Per soddisfare quindi le richieste di wasabi che partono da ogni angolo del mondo, gli esperti del food trade hanno pensato di “inventare” un suo omologo, del tutto simile all’originale nell’aspetto e nelle caratteristiche. La soluzione al problema eccessiva domanda/scarsa offerta del prodotto è stata trovata in Spagna, paese dove si coltiva il cren o rafano spagnolo, il quale presenta tratti molto simili al wasabi.

La radice del cren viene grattugiata, “adulterata” con estratto di mostarda e acido citrico, colorata come il ravanello giapponese e servita come se fosse la stessa cosa. L’unico modo dunque di assaporare la vera crema di wasabi, dall’inconfondibile colore verde acceso, è prendere un aereo per il Giappone.

Nel paese del Sol Levante utilizzano non solo il fusto della pianta, ma anche il gambo, le foglie e i fiorellini. Per preservare le sue proprietà organolettiche, il wasabi viene inoltre servito grattugiato sul piatto, non oltre quindici minuti prima della consumazione del pasto.

La radice giapponese avrebbe proprietà antibatteriche, antisettiche e persino afrodisiache. Contiene inoltre ferro, magnesio, sodio, potassio e zinco e garantisce dei benefici non da poco a chi lo ingerisce, naturalmente in determinate proporzioni.

Appartiene alla famiglia dei cavoli, come la senape e il ravanello, e secondo alcuni studi sarebbe anche un ottimo alleato della salute, contro il cancro. Attenzione però: considerata la sua piccantezza, l’autentico wasabi non è per palati delicati.


Fonte: Esquire

Scritto da Redazione ProDiGus

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