Il tempo della “mixology”

Un comparto in rivoluzione, che non si limita al solo mondo degli alcolici e riscuote sempre più successo in tutto il mondo

Il tempo della “mixology”

E’ da già qualche tempo che stiamo vedendo l’intero mondo delle bevande sempre più in rivoluzione: dalla moda di centrifughe ed estratti freschi, all’interesse in crescita verso il e le tisane, nonché l’offerta di prodotti di caffetteria personalizzati in modo sempre più accattivante. Ma accanto alle tipologie dal consumo più classico e quotidiano, esiste il “mondo parallelo” (ma non per questo meno gettonato) dei cocktail, irrinunciabili compagni delle serate in compagnia o in relax.

E se fino a poco tempo fa sentivamo parlare di “bartender” e “flair”, l’ultima tendenza è quella di utilizzare la parola “mixology” per riferirsi all’arte di ottenere speciali bevande alcoliche frutto (appunto) della miscelazione. Questo termine identifica non solo la pura capacità tecnica di preparazione di un cocktail dalle sfumature di profumo e di gusto che mirano sempre più alla “perfezione”, ma soprattutto una gestualità elegante nella preparazione, l’utilizzo di differenti metodi di miscelazione degli ingredienti ma soprattutto la spiegazione affascinante del drink al cliente.

Ma non solo: il mondo delle bevande è in rivoluzione anche perché oramai il cliente, in sempre più parti del mondo, si aspetta disponibilità di servizi di mixology a tutte le ore del giorno, e non solo la sera con le bevande alcoliche a fare da tema fondamentale. Lo conferma la nascita di catene che da parte a parte del mondo si stanno specializzando chi nei tè, chi nei caffè, chi in succhi e centrifughe o smoothies e frullati, offrendo veri “menù” dedicati a questi prodotti e alle loro declinazione originale in nuove accattivanti bevande. Senza dimenticare che sempre più locali stanno scegliendo di servire cocktail alcolici “a tutto pasto”, accuratamente abbinati nel menù alle differenti portate.

Una mixology che dunque inizia ad esprimersi a più ampio spettro, tramutandosi in vera e propria arte della miscelazione e della mescita che rivolge non necessariamente al pubblico amante degli alcolici. Una trasformazione, questa, che sta passando anche per il comparto del ghiaccio.

Ebbene sì, perché se spesso come consumatori non ci soffermiamo a pensarci troppo, ma il ghiaccio nelle bevande costituisce in realtà un’alta specializzazione del perfetto mixologist: questi saprà bene quando sarà più opportuno servire le proprie creazioni sui classici cubettoni, su cubetti a ditale o con aggiunta di flakes (ovvero scaglie di ghiaccio), o ancora del pebbles, che costituisce l’ultima moda nel campo (si tratta infatti di un ghiaccio dalla forma che rappresenta un compromesso tra cubetto e granulato).

Un intero comparto che si sta dimostrando dunque sempre più in grado di rispondere alle nuove esigenze del mercato della ristorazione, anche grazie a nuovi attrezzi e macchinari tecnologici messi sempre più a servizio del mondo delle bevande (sono un esempio quelli che sfruttano i poteri del sottovuoto per ampliare la possibilità di creazione in proprio di sciroppi e infusi innovativi).

L’invito non resta dunque che quello di iniziare ad accomodarsi e percepire le differenze che oggi stanno dando luogo alla nascita di diverse tipologie di cocktail bar (american bar, speakeasy, tiki bar ecc.), uniti dall’obiettivo di offrire un’esperienza sensoriale ed emozionale il più possibile completa, che passa anche da una maggiore attenzione al design globale fino alla scelta giusta di forme e materiali dei bicchieri in cui proporre al cliente una nuova emozione… tutta da sorseggiare.

Scritto da Redazione ProDiGus

Il nostro staff in costante elaborazione e ricerca di informazioni utili e attendibili nel mondo del food&beverage

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