Bevande dimenticate

Ovvero, quando è il drink ad essere vintage! Tornano di moda prodotti come gazzosa, cedrata, spuma e acqua brillante

Bevande dimenticate

Se pensate che l’aperitivo sia una invenzione dei nostri giorni, vi sbagliate: ma probabilmente è solo perché non ricordate (o, per questioni d’età, non avete mai avuto modo di assaggiare) l’acqua brillante, la cedrata, la gazzosa, l’orzata o ill mitico latte e menta!

La moda del drink bevuto in compagnia è infatti più “antica” di quanto si possa pensare, e le mode attuali ci dimostrano che merita di essere recuperata anche attraverso queste bevande. Sono per lo più analcoliche, semplici protagoniste a pieno titolo dell’”aperitivo di ieri”, magari accompagnate da patatine, noccioline e i classici salatini per rendere l’esperienza ancora più vintage.

Per questo vogliamo farvi fare un viaggio nel tempo tra queste bevande dimenticate o quasi, attraverso la cultura e le abitudini che ritroviamo nei rituali a tavola, con gli amici o al bar, fino ai modi di dire e al linguaggio che diventa parte integrante di quella stessa tradizione. Se oggi a dominare il momento dell’aperitivo sono cocktails sapientemente miscelati, vini di pregio e birre artigianali, ieri a fare da padrone erano gli sciroppi, che davano vita a bibite colorate e zuccherose, dai sapori e dai colori inconfondibili.

Tra i grandi classici degli anni di Carosello, troviamo la mitica cedrata, lanciata nel 1956 dalla storica azienda Tassoni. Icona di stile, fresca e dissetante, la sua dolcezza unita all’acidulo del cedro e all’inconfondibile colore giallo sono i tratti distintivi che la caratterizzano e la rendono unica, come l’indimenticabile spot con la voce di Mina che ha contribuito a rendere l’azienda produttrice marchio storico e leader del settore.

Un altro tesoro da riscoprire è l’orzata, bevanda rigorosamente analcolica e di origine vegetale, ottenuta da uno sciroppo bianco lattiginoso e dolce che, a dispetto del nome, non contiene orzo ma estratti di vaniglia e mandorle, fiori d’arancio e zucchero cui veniva aggiunta acqua o latte. Si tratta di un prodotto diverso da non confondere con il latte di mandorla ottenuto propriamente dal frutto.

Non possiamo poi dimenticare l’acqua brillante, oggi chiamata più modernamente acqua tonica, fresca e amarognola, immancabile in estate. Memorabile lo spot anni Sessanta che recitava: “si prepari alle gioie della tavola con acqua brillante Recoaro! Stimola, tonifica e ristora”. L’azienda Recoaro era la protagonista dei banconi da bar con il suo gingerino, il suo chinotto, la sua aranciata e il ginger e soda.

Mitico era anche il latte e menta, la bevanda più diffusa tra i bambini e i ragazzi degli anni Settanta, da gustare rigorosamente fredda e ottenuta utilizzando lo sciroppo verde prato! Tra le bibite più popolari c’era ancora il chinotto; che sia nato dalla San Pellegrino (negli anni Trenta) o dalla Neri (nel 1949), certo è che l’agrume amarognolo ha fatto la storia delle bevande nostrane e di recente sta riconquistando i banconi e il palato del pubblico.

E ancora, che la si chiami gazzosa o gassosa, si parla sempre di acqua, zucchero e limone. Un tempo questo prodotto era ottenuto rigorosamente in modo artigianale e utilizzato sia in purezza che per diluire vino o birra. Attualmente l’industria la ripropone addirittura già miscelata con la birra, pronta da bere fredda per il massimo gusto effervescente. E’ la tradizione che ci ha insegnato ad accompagnarli alla birra o al vino per diluirli, celebri in proposito i detti della cultura popolare romanesca sul mezzo litro (‘na fojetta) di vino e gazzosa per gustare la tipica ciriola del forno romano.

Antenata dell’americana “cola”, c’era infine la spuma, una bibita a base di acqua gassata, zucchero, caramello e aromi vari. Tutte erano confezionate in bottiglie rigorosamente di vetro, dai colori e dalle fogge riconoscibili e dalle etichette ormai divenute cult. Oggi diverse aziende tentano il recupero e la modernizzazione di queste bevande, ma l’importante sarà conservarne la memoria del gusto e ricordare l’autenticità e la semplicità delle loro origini.

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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