Ombrina, pesce da scoprire

Allevata nel Mediterraneo nel rispetto dei suoi naturali tempi di accrescimento, le sue carni sono ricche di proteine nobili e grassi omega 3

Ombrina, pesce da scoprire

Di solito quando si parla di pesce non del tipo azzurro, ma ugualmente squisito nelle diverse preparazioni culinarie, facili da trovare sui banchi di pescherie e supermercati, si pensa all’orata, alla spigola, al pagello e simili. Ma oggi si sta facendo strada tra ristoratori e consumatori domestici anche l’ombrina.

Di questo pesce esistono tre specie: Umbrina cirrosa, Sciaena umbra e Argyrosomus regius. Sono tutte della famiglia Scienidae, pesci ossei (teleostei) ed eurialini (cioè viventi sia in mare che in acque salmastre delle lagune e delle foci fluviali). Dal punto di vista della cattura in mare (con le reti da posta o da strascico), l’ombrina è ancora considerato un prodotto della pesca di scarsa rilevanza, visto che la sua popolazione selvaggia diminuisce molto ogni anno a causa di inquinamento e dello sfruttamento delle risorse naturali, tra le quali ci sono quei pesci e molluschi di cui l’ombrina si nutre. Non dimentichiamo che l’ombrina per la conformazione del suo corpo e della bocca (molto grande) è un classico cacciatore, elemento che lo rende vulnerabile di fronte agli sconvolgimenti dell’ecosistema. Proprio per queste considerazioni ambientali e per la prelibatezza delle sue carni si cerca di diffondere l’uso dei questo pesce proponendolo allevato, anche per una certa costanza delle qualità delle carni e della pezzatura, che con il pesce selvaggio pescato in mare può subire molte variazioni e per questo va incontro ad una più difficile commercializzazione.

La specie che attualmente sta riscuotendo il maggior successo per le sue carni, tanto da indurre molti imprenditori di acquacoltura ad avviarne l’allevamento in mare, è l’ombrina boccadoro (Argyrosomus regius). Essa prende il nome dal fatto che l’interno della bocca è di colore giallo dorato. La bocca è abbastanza grande e dotata di denti appuntiti come per tutti i predatori. La mandibola nell’ombrina porta un breve barbiglio.

L’ombrina è una specie che non necessita obbligatoriamente di una fase specifica di nursery. Tuttavia, generalmente i piccoli esemplari, con un peso dai 3 ai 20g, vengono immessi in piccole vasche o gabbie, con un volume di circa 80-100 mᶟ: i pesci vi rimangono fino al momento in cui raggiungono il peso di 100g.

Per quanto riguarda la fase di accrescimento, le tecniche che vengono utilizzate per l’ombrina sono molto simili a quelle adottate per la spigola e l’orata. Negli allevamenti a terra vengono generalmente impiegate vasche rettangolari o circolari: adottando al loro interno una densità di circa 50 individui al mᶟ, l’ombrina può raggiungere il peso di 800 g - 1 kg in meno di 24 mesi, ma questa specie in genere viene allevata fino al raggiungimento di 2-3 kg di peso.

La tendenza che va per la maggiore è quella di allevare l’ombrina in mare aperto, all’interno di gabbie galleggianti, sia di forma circolare che quadrata, con un volume compreso tra 500 e 1000 mᶟ. Più recentemente per l’allevamento di questa specie sono state impiegate strutture sommerse, posizionate alla profondità di 10-20 m, con un volume maggiore ed una ridotta densità di allevamento (10-15 individui/mᶟ). A queste condizioni di allevamento sono stati riscontrati ottimi indici di accrescimento degli esemplari. Le ombrine di taglia più piccola (600g) vengono vendute intere o a filetti, mentre quelle di pezzatura superiore (da 1 a 3-5 kg) vengono avviate alla vendita sottoforma di filetti o subiscono il processo di affumicatura.

L’ombrina presenta carni dal sapore delicato, di colore bianco, e la boccadoro in fase adulta può aggiungere una lunghezza massima superiore ai 2 m ed un peso di oltre 50 kg. L’ombrina boccadoro ha inoltre un buon tenore di grassi omega 3 e contiene un’ottima quantità di proteine ad alto valore biologico (cioè ricche di tutti gli amminoacidi essenziali utili al nostro benessere).

Nei mari di alcuni paesi del mondo si fa ricorso a mangimi molto grassi e calorici, in modo da accelerare l’ingrasso e quindi la vendita. In definitiva per produrre molto, in modo veloce, si devono ingrassare i pesci in tempi brevi, vendendo poi a prezzi molto bassi e concorrenziali con le altre specie di pesci allevati. C’è però un inconveniente: la carne di questi pesci così allevati è scadente come sapore, oltre che troppo grassa. Gli stessi pesci allevati nel Mediterraneo costano un po' di più al dettaglio, semplicemente perché si rispettano i tempi di crescita dell’animale, producendo soggetti meno grassi e più saporiti.

L’ombrina allevata raggiunge il peso di 1 kg in 15 mesi, mentre a 30 mesi d’età arriva a pesare 4-5 kg, con evidenti difficoltà di commercializzazione al dettaglio minuti (singoli acquirenti non ristoratori). Dal punto di vista nutrizionale l’ombrina presenta la seguente composizione per 100 g di parte edibile per un apporto calorico da 135 a 142 kcal: 80g di acqua, 17,2g di proteine, 5,0g di grassi (per la maggior parte polinsaturi), 0,8g di carboidrati solubili, 57mg di colesterolo, 120mg sodio, 280mg di potassio, 92 mg di fosforo, 15mg di calcio, oltre a vitamine B1, B2, B3, E e D. Nel caso dell’ombrina allevata, il livello dei grassi e delle proteine può aumentare per evidenti motivi di alimentazione (maggiore, controllata e costante rispetto all’ambiente naturale), minore movimento dell’animale nella vasca per la ricerca del cibo, assenza di competitor e predatori, pur rispettando i tempi naturali della sua crescita.

Questa composizione consente dunque all’ombrina di sostituire egregiamente nella dieta il merluzzo, il nasello, la platessa e le sopracitate spigole e orate, con un sapore di gradevolezza anche superiore. Consumandola almeno un paio di volte a settimana, si avranno tutti i noti effettivi positivi correlati al consumo di pesce e ormai tanto noti a tutti: protezione dalle malattie cardiovascolari, controllo della pressione sanguigna, del diabete di tipo 2 e della ipercolesterolemia. Le carni di ombrina sono inoltre molto digeribili e quindi adatte anche a soggetti che soffrono di malattie dell’apparato digerente e del fegato. Inoltre l’ombrina, sia catturata che allevata, non presenta particolari contenuti di mercurio ed altri metalli pesanti. La porzione media consigliata è approssimativamente di 150-200g di parte edibile.

Nel cucinare l’ombrina, come per tanti pesci, è fondamentale limitare i tempi di cottura prolungati, per mantenere le carni succulente. Sarà ottima per cotture sia arrosto che in padella, sia al cartoccio che in crosta di sale. Rispetto ad altri pesci, se cotta bene “al punto”, sarà ottima anche conservata in frigorifero e consumata in un secondo momento, persino fredda, con le carni da sfaldare ad esempio per farcire un più originale (e più salutare) panino.

L’ombrina sarà ottima anche cruda, tagliando la polpa in piccoli cubetti o in fettine molto sottili: l’importante, come nel caso di tantissime specie ittiche che troviamo nei nostri mari, sarà in questo caso non consumarla cruda da fresca, ma abbatterla a -20°C per almeno 24 ore, per scongiurare il rischio di incorrere nel parassita Anisakis (un nematode che passando come larva all’uomo provoca sintomi anche molto gravi, fino alla morte) eventualmente presenti nelle carni. Non temete se non possedete un abbattitore che raggiunga bassissime temperature: potrete congelare il pesce anche nel congelatore domestico che arriva generalmente a un massimo di -18°C, ma vi occorrerà mantenerlo al suo interno per almeno 96 ore.

Il condimento più idoneo per sposare il sapore dell’ombrina sarà un olio extravergine dalle note fruttate delicate, ma insospettabilmente anche il burro, in una sorta di preparazione “alla mugnaia” esaltata dal sapore del succo fresco di limone. Se si vorrà esaltare il suo sapore con erbe e spezie, si presteranno ottimamente la menta, il timo, l’aneto, l’erba cipollina, e anche lo zenzero e il pepe, soprattutto quello rosa o quello bianco.

Per la scelta del vino da abbinare ad una buona pietanza a base di ombrina, si consiglia che tratti sempre di un bianco giovane (massimo un anno dalla vendemmia), fermo o vivace, quindi in ogni caso acidulo, di moderata alcolicità, con profumo proporzionato agli ingredienti aromatizzanti se utilizzati, morbido se la preparazione del pesce è di tipo sapido o se l’accompagnamento è con patate e verdure, che donano una tendenza dolce alla pietanza. Se si utilizza del pomodoro nella preparazione dell’ombrina, potremo ricorrere a rosati e rossi giovani (sempre poco tannici).

Note bibliografiche

  • P. Manzoni – V. Tepedino, Grande enciclopedia illustrata dei pesci, Ed. Eurofishmarket
  • F. Fidanza, Tabelle di composizione degli alimenti, Ed. Idelson
  • www.ilfattoalimentare.it
  • www.agraria.org/pesci
  • www.mipaaf.it

Scritto da Luciano Albano

Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione

Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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