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In Emilia le viscere della terra custodiscono un tesoro prezioso: le acque salse dalle quali da millenni viene estratto un prezioso sale
Tra le province di Piacenza e Parma, sulle colline che circondano Salsomaggiore, dall’epoca medievale cinque antichissimi castelli abbracciano e proteggono, da una posizione strategica, nientemeno che delle saline. E’ in questo luogo che, con stupore di molti, si trovano le acque salse tra le più antiche del nostro paese, risalenti ad epoche geologiche antichissime, ricche di sali minerali (iodio, bromo, zolfo, calcio) e note già a Celti e Romani che ne estraevano il sale per la conservazione degli alimenti (vi sono tracce precise e dettagliate dell’attività di estrazione consolidate già al tempo dell’Impero di Carlo Magno).
Curioso trovare del sale in collina, ma la spiegazione ce la fornisce la geologia: il territorio di Salsomaggiore sorge, in realtà, sopra un immenso mare fossile: dove ora vediamo le colline, un tempo antichissimo, circa un milione e mezzo di anni fa, nuotavano pesci e cetacei (come testimoniato per esempio dai ritrovamenti fossili nel torrente Stirone); e là dove il mare ha abbandonato la Pianura Padana sostituendo il mare con la terra, il sottosuolo è rimasto ricco e intriso di straordinarie quantità di sale dalle particolari caratteristiche fisico-chimiche.
Si tratta di un sale fossile, bianco, puro e prezioso, ma diverso dal più noto sale marino. Il sale estratto da queste antichissime saline è un’importante risorsa per il turismo, la gastronomia locale e l’industria alimentare che, partendo da questo circoscritto territorio tra Salsomaggiore e Salsominore, si è espansa a livello nazionale fino a conquistare i più importanti mercati internazionali.
Per secoli, in questa regione, l’estrazione del sale si praticò per evaporazione dalle acque sotterranee, estraendo dai pozzi una fanghiglia limacciosa (detta moja) - con l’ausilio di secchi rudimentali - che veniva depurata e messa a bollire in larghe pentole di ferro poste su fuoco di legna. Questa preziosa risorsa rendeva il territorio compreso tra Parma e Piacenza assolutamente autonomo dal sale estratto dalle saline costiere ma, al tempo stesso, necessitava di opere di tutela e protezione per quei pozzi di estrazione. La necessità portò, in epoca medievale, alla costruzione sulle colline dei famosi cinque castelli: il Castello di Tabiano, di Scipione (detto il Castello del sale), di Contignaco, di Bargone e di Gallinella. Questo sistema detto dei “castelli del sale”, con le fortificazioni e le caratteristiche case-torri, insieme alle saline stesse, ha plasmato una particolarissima fisionomia del territorio che ha permesso, nel tempo, di proteggere la preziosa risorsa naturale.
Nella storia delle saline, i marchesi Pallavicino hanno un ruolo di primissimo piano essendo stati tra i maggiori produttori di sale; si fecero promotori, infatti, della costruzione di nuovi pozzi e per anni detennero il controllo mercantile e commerciale in una vastissima zona. La storia delle saline attraversa, successivamente, le vicende della famiglia Farnese che nel XVII secolo consolida l’industria del sale, introducendo “moderni” sistemi di sollevamento per estrarre le acque dal sottosuolo (i cui resti sono ancora visibili a Salsomaggiore) per poi divenire proprietà dei Borbone fino all’annessione del Ducato al Regno d’Italia nel 1860, anno in cui le saline passarono definitivamente al Demanio Pubblico, che le ha amministrate fino ai nostri giorni (si veda per esempio la centrale di pompaggio da cui si estraeva l’acqua salsobromoiodica).
Le sorgenti e i pozzi di acqua salata di questo comprensorio hanno costantemente accompagnato la vita e lo sviluppo delle attività economiche e produttive della popolazione locale, che ha sempre preferito questo sale a quello marino perché particolarmente ricco di bromo e iodio. La combinazione di questi elementi, unita all’alta densità salina, conferisce alle acque incredibili qualità terapeutiche con una azione antinfiammatoria, stimolante per il sistema immunitario e con un effetto antisettico e antiossidante. Caratterizzata da un colore rossiccio, dovuto alla presenza di sali ferrosi che si ossidano a contatto con l’aria, l’acqua salsobromoiodica è utilizzata anche per ottenere fanghi termali. Queste acque saline dai noti benefici effetti curativi, scoperti a partire dall’Ottocento, hanno reso il distretto di Salsomaggiore un affascinante centro termale, impreziosito dalla ricchezza del gusto liberty che lo contraddistingue. Grazie a questa preziosa risorsa, anche l’industria gastronomica territoriale ha assunto un ruolo di primo piano a livello nazionale, divenendo espressione di una tradizione sapiente e secolare.
Sono proprio l’acqua, il sale, il cibo e la salute il fil rouge che ci conduce in questi territori e ce ne fa apprezzare la bellezza e la bontà. Il sale di questo territorio è infatti sia un sale curativo e terapeutico (sali iodobromici per il trattamento della cellulite, delle affezioni reumatiche, delle articolazioni e circolatorie del circolo periferico) che un sale da cucina. L’Istituto Chimico di Salsomaggiore lo estrae infatti per uso alimentare sia domestico che industriale, per la preparazione del Parmigiano Reggiano e del prosciutto crudo di Parma. Proprio la sua sorprendente sapidità e l’assenza del retrogusto amaro (tipico di altri sali) rende quello di Salsomaggiore (anticamente chiamato sale niveo per il suo colore candido e la sofficità simile a quella dei fiocchi di neve) un sale dolce particolarmente adatto alla salatura e alla conservazione di salumi e formaggi.
Il sale di Salsomaggiore ha ottenuto la De.Co., cioè la denominazione comunale di origine, una certificazione del settore agroalimentare che lega il prodotto al suo particolare e specifico territorio comunale di produzione. Il sale De.Co. ha la particolarità di mantenere, dopo l’estrazione, le caratteristiche dell’acqua madre, prelevata dai pozzi (miniere) a circa 700 metri di profondità. Al consumo si presenta bianchissimo e dalla consistenza particolarmente fine, soffice e impalpabile, con una granulometria così piccola da renderlo particolarmente solubile. E’ uno dei sali più puri fra quelli che si ricavano per concentrazione di acque salate, raggiungendo un contenuto di cloruro di sodio pari al 98%.
Questo sale è uno dei pochi e rari sali di terra rinvenibili in Italia tanto che, per evitare frodi nella commercializzazione, anche nelle varianti aromatizzate con le spezie, deve contenere alla prova chimica una quantità di iodio e di bromo superiori a 0,5 mg/Kg. Ogni sale ha una storia, un suo territorio, una tradizione culinaria che si traduce nella convinzione che: “no, un sale non vale l’altro!”. Impariamo a scegliere il sale come ingrediente della nostra alimentazione, come prodotto di qualità e impariamo anche a promuoverlo nelle cucine di tutto il mondo.
Photo via Pexels
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.
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