Sottocosto vietato per legge?


Una proposta di legge contro le campagne sottocosto nelle catene della GDO. Ma quali con ci sarebbero?

Sottocosto vietato per legge?


Le nostre preferenze alimentari, ben espresse dal contenuto del carrello della spesa, sono influenzate da numerosi fattori. Quello che non dovrebbe prevalere sugli altri è il costo dei prodotti, in qualche caso stracciato; non sempre ciò è possibile, soprattutto se si dispone di risorse non proprio illimitate.

Oltretutto orientarsi tra le offerte non è semplice e spesso le promozioni sono l’oggetto del contendere tra produttori e distributori.

Molto controversa è una proposta di legge che vorrebbe “vietare la vendita di prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato di IVA e di ogni altra tassa relativa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili allo stesso”.

Scritta così può sembrare un po’ farraginosa, in realtà si tratterebbe di una misura in favore di produttori e agricoltori e di una concorrenza leale.

Il 30% della merce presente sugli scaffali è interessata da sconti e offerte: dal sottocosto appunto, ai 3x2, agli alimenti civetta che dovrebbero spingere al consumo di altri generi, e via dicendo. L’elenco è lunghissimo e il legislatore ha ravvisato la necessità di regolare la materia, per contrastare eventuali pratiche illegali nascoste dietro alle offerte più vantaggiose, prassi che nuocerebbero sia ai lavoratori, sia all’ambiente.

Alla base di alcuni dei prezzi più scintillanti agli occhi degli acquirenti ci sarebbero, per esempio, le aste al ribasso, ovvero l’assegnazione del contratto di fornitura all’azienda che offre il prezzo inferiore, dopo due gare. A prescindere dalle gare al doppio ribasso, che vanno evitate a tutti i costi, vietare alla grande distribuzione e agli esercenti in generale, di applicare il sottocosto, favorirebbe lo spreco, secondo le associazioni a difesa dei consumatori. Soprattutto degli alimenti freschi e deperibili, come frutta e verdura.

E’ necessario che i commercianti li vendano nel più breve tempo possibile, questo è il suggerimento delle associazioni di categoria, e se ciò comporta un abbassamento dei prezzi, non bisogna aver paura. L’alternativa, secondo Federdistribuzione, sarebbe infatti vedere scaffali e ceste grondanti alimenti invenduti, a discapito dei produttori.

Lo stessa cosa accadrebbe se i distributori (iper e supermercati) decidessero di ordinare una quantità inferiore di merce da vendere, non potendo praticare il sottocosto; gli ordini ai produttori diminuirebbero, con l’effetto che si può immaginare.

C’è chi sostiene che il commerciante debba essere libero di vendere la merce al prezzo che desidera, anche se questo significa venderla a meno di quanto sia stata pagata. Se la verità sta nel mezzo, toccherà a tutte le categorie interessate, trovarla, nel rispetto dei diritti di tutti.


Fonte: ANSA

Scritto da Redazione ProDiGus

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