Le tipologie offerte dalla cucina giapponese sono numerose: conosciamole meglio
Dalla varietà alla ricetta, piccolo viaggio nella storia e nel disciplinare di produzione dell'oliva ascolana DOP in versione ripiena
Olive ascolane, all’ascolana, di Ascoli… tutto sembra giocarsi intorno ad una piccola e semplice preposizione, eppure dietro la prelibatezza conosciuta e amata in tutto il territorio nazionale si cela una tradizione e una storia importante, fatta di dettagli non trascurabili.
Si parte infatti dalla materia prima: non una oliva qualsiasi ma olive ascolane del Piceno, una cultivar che ha ottenuto il marchio DOP nel 2005 e dal 2018 è tutelato anche da un Consorzio di tutela e valorizzazione. È da qui che inizia la storia della perla verde ripiena e fritta, un tesoro culinario che ha fatto il giro delle cucine di tutta Italia (arrivando anche in quelle straniere), a volte con non poco discutibili variazioni. Si pensi alle varietà di olive diverse dall’originale utilizzate per il costo minore (soprattutto le olive greche che sono più economiche, resistenti e grandi) e una conseguente maggiore resa, alla tipologia di ripieno, alla conservazione (surgelazione) e alla lavorazione industriale con una seguente distribuzione a costo più basso per un prodotto purtroppo, troppo spesso, di scarsa qualità.
Per dirimere la questione se la DOP sia riferita all’oliva ascolana “pura” o alla sua versione gastronomica ripiena e fritta, viene in aiuto il documento ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che riserva la denominazione alle olive, in salamoia o ripiene, prodotte esclusivamente nella zona dei comuni di Ascoli Piceno e Teramo (dalle precise caratteristiche pedo-climatiche per le quali si rimanda al disciplinare stesso) e ottenute dalla varietà di ulivo “ascolana tenera”.
L’oliva ascolana del Piceno si riconosce infatti per la polpa dalla consistenza soda e croccante che si separa facilmente dal nocciolo più piccolo rispetto ad altre varietà. Il calibro delle ascolane DOP è inferiore rispetto alla media delle altre olive (soprattutto di quelle utilizzate per la produzione industriale) e il frutto è complessivamente tenero e delicato, necessita pertanto di particolare attenzione e cura nelle fasi di lavorazione (snocciolamento, farcitura, frittura ecc.). Le olive cosiddette “da mensa”, quelle cioè destinate alla salamoia o alla farcitura all’ascolana, sono raccolte a settembre quando i frutti sono ancora verdi, tondi, sodi e privi di difetti dati dalla successiva fase di maturazione.
Partendo dalle olive dop, è la lavorazione rigorosamente artigianale e la scelta accurata degli ingredienti che trasformano il frutto in un capolavoro della gastronomia territoriale, sia che vogliate chiamarlo “olive ascolane” o “olive all’ascolana”! Un composto morbido e gustoso a base di carne costituisce il cuore delle olive all’ascolana e ne documenta la nascita nel XIX secolo, quando la maggiorazione delle regalie che gravavano sui contadini verso i loro padroni mettevano a disposizione abbondanti quantità di carne che i cuochi, a servizio presso le famiglie nobili, impararono ad usare in modi alternativi e creativi.
È ancora il disciplinare ministeriale (nell’art. 6) a determinare le caratteristiche del ripieno: carni fresche di bovino (in percentuale variabile tra il 40 e il 70% sul totale), di suino (30-50% del totale), ed è tollerata l’aggiunta di carne di pollo e/o tacchino fino ad un massimo del 10% sul totale. Tra gli altri ingredienti ammessi ci sono: le uova (da 2 a 4 per chilogrammo di impasto), formaggio stagionato grattugiato (minimo 100 grammi per chilo di farcitura), olio evo e/o strutto per la cottura delle carni; vino bianco secco, cipolla, carota, costa di sedano, noce moscata, sale. Sono facoltativi l’uso di piccole quantità di salsa d pomodoro, chiodi di garofano, pepe, buccia grattugiata di limone e altri aromi.
Anche per l'impanatura, che deve coprire delicatamente la superficie dell’oliva ripiena, le indicazioni sono precise: uova, farina di grano, pane grattugiato. Il prodotto finito, farcito, impanato e fritto, deve contenere almeno il 40% del peso complessivo di oliva denocciolata. Il procedimento richiede l’attenzione ad alcuni piccoli dettagli come lo snocciolamento delle olive, che deve essere fatto a mano, con il coltello, possibilmente tagliando la polpa a spirale; in questo modo è possibile farcire più agevolmente, richiudere bene l’oliva su sè stessa facendo in modo che la panatura aderisca bene alla superficie.
Gustare una vera oliva ascolana può rivelarsi più difficile del previsto:diffidate dalle imitazioni, state alla larga dai prodotti a basso costo e, se potete, concedetevi una vera degustazione nel rispetto della tradizione e del sapore tipico presso la Bottega dell’oliva ascolana, nel comune di Ascoli a pochi passi dal Ponte Romano, una tappa cui non rinunciare se si è in città. Perchè ad Ascoli, il cartoccio con le olive è un tipico street food che permette di regalarsi una pausa gustosa o un pranzo veloce ma molto soddisfacente!
Photo via Stockfood
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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