Un frutto esotico dall’aspetto bizzarro e dall’elevato contenuto di sali minerali, sempre più presente nei nostri supermercati
C’è chi lo ritiene un atto “scandaloso” e chi invece non potrebbe fare a meno di diluire il vino con l’acqua: in realtà è tradizione antica
“Ma che ce frega, ma che ce ‘mporta, se l’oste ar vino ci ha messo l’acqua…”
Ricorderete certamente questo famoso verso della canzone popolare romana La società dei magnaccioni, che fa subito immaginare un’allegra e spensierata combriccola di amici seduti a condividere i piaceri della buona tavola prima noncuranti del “vino annacquato” servito, per poi pronunciare più avanti nella medesima canzone le parole “c’hai messo l’acqua e nun te pagamo” (sempre in riferimento all’oste).
Questa “contraddizione” sull'atto di diluire il vino con acqua ci ha incuriositi ad indagare in modo più approfondito, per scoprire che nei versi sopra riportati vive sia il suo passato che il suo presente. Infatti, miscelare il vino con l’acqua è in realtà un’usanza antica: non si tratta solamente di un luogo comune legato alla mescita nei locali a volte “truccata” dall’aggiunta di acqua per aumentare il guadagno sul prodotto, ma di una vera tradizione plurisecolare.
Agli albori della scoperta della vinificazione, l’uomo era in grado di ottenere dall'uva una bevanda che per essere gradevole (e anche non dare alla testa, dal momento che nell’area mediterranea l’elevato contenuto zuccherino delle uve porta ad alti tassi alcolici post-fermentazione) necessitava di essere annacquata. L’acqua poteva essere calda o fredda: nel corso dei simposi greci, i partecipanti venivano invitati a bere in comune attorno al kratér (“cratere”), parola che deriva dal verbo greco che significa appunto “mescolare”. Era qui dentro che il simposiarca si occupava di mescolare il vino con l’acqua sancendone le giuste dosi, per poi assaggiare il risultato e assicurarsi l’apprezzamento prima che tutti gli altri presenti potessero attingervi.
Non di rado il vino mescolato all’acqua veniva anche aromatizzato, facendolo passare attraverso filtri profumati con olio di mirto, anici, mandorle amare o quant’altro il simposiarca avesse a disposizione di suo gradimento. Un’altra curiosità è che al vino nell’antichità non si aggiungeva solo acqua dolce, ma anche l’acqua di mare, e questo al furbo scopo di stabilizzarlo assicurandone una migliore conservazione e dunque la possibilità di trasporto.
L’acqua di mare prima di essere mescolata al vino veniva sottoposta a una serie di ingegnosi trattamenti, in quanto gli antichi avevano già compreso l’importanza della necessità di depurarla prima dell’uso, onde pregiudicare il suo effetto desiderato sul vino. Si seguivano anche indicazioni di raccolta particolari: ad esempio Catone consigliava di prelevare l’acqua in alto mare “quando questo è tranquillo e non spira vento”, settanta giorni prima della vendemmia. “Quando l’avrai presa”, continuava, “versala in un dolio senza riempirlo, mettici il coperchio facendo però in modo che l’aria vi possa entrare. Dopo che siano trascorsi trenta giorni, travasala, piano piano, in un altro dolio e lascia sul fondo il deposito. Dopo altri venti giorni, travasala di nuovo in un altro dolio e lasciala così fino alla vendemmia”.
Secondo Ateneo, inoltre, con l’aggiunta di acqua marina il vino cessava di provocare ubriachezza. Ma tornando ai giorni nostri, all’evoluzione dei gusti e al miglioramento delle tecniche enologiche per la produzione attenta e controllata di ottimi vini che non necessitano più di essere “corretti” nel sapore come una volta, nel corso del tempo l’usanza di mescolare l’acqua con il vino è andata perdendosi, arrivando addirittura a guadagnarsi una cattiva fama. A chi non sarà mai capitato di assistere ad espressioni di sdegno attorno a sé vedendo una persona mescolare e sorseggiare insieme le due bevande?
Ma a dispetto di ogni pregiudizio, oggi bere vino allungato con acqua sembra stare silenziosamente tornando "di moda". Anzi, più precisamente, ad essere particolarmente gradita sembrerebbe essere l’acqua corretta con poco vino, rosso, rosato o bianco. E dove c’è gusto non c’è perdenza, pur sempre nella consapevolezza, naturalmente, che degustare il vino in purezza è un’altra cosa.
Miscelare acqua e poco vino è inoltre una buona abitudine per rendere più gradevole e saporito (e persino più dissetante) un bicchiere d’acqua, nonché per non rinunciare del tutto al vino nell’ambito di diete speciali ed ipocaloriche e per ridurre gli effetti collaterali (di vario genere) del contenuto alcolico, godendone semplicemente in maniera differente.
Scritto da Sara Albano
Laureata in Scienze Gastronomiche , raggiunta la maggiore età sceglie di seguire il cuore trasferendosi a Parma (dopo aver frequentato il liceo linguistico internazionale), conseguendo in seguito alla laurea magistrale un master in Marketing e Management per l’Enogastronomia a Roma e frequentando infine il percorso per pasticceri professionisti presso la Boscolo Etoile Academy a Tuscania. Dopo questa esperienza ha subito inizio il suo lavoro all’interno della variegata realtà di Campoli Azioni Gastronomiche Srl, , dove riesce ad esprimere la propria passione per il mondo dell'enogastronomia e della cultura alimentare in diversi modi, occupandosi di project management in ambito di marketing e comunicazione e consulenza per il food service a 360°, oltre ad essere il braccio destro di Fabio Campoli e parte del team editoriale della scuola di cucina online Club Academy e della rivista mensile Facile Con Gusto.
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