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Maschera simbolo del Carnevale piemontese, attorno alle avventure di Gianduja ruotano anche vicende golose, dal cioccolato alle caramelle
Rappresenta il carattere del tipico piemontese gioviale e bonario, un po' distratto e amante della convivialità. Sua moglie Giacometta, donna semplice ma arguta, lo affianca aiutandolo a districarsi nelle vicende più complesse. Stiamo parlando di Gianduja, maschera carnevalesca spesso raffigurata con in mano una douja (tipico boccale di vino piemontese) e con indosso pantaloni in fustagno marrone, panciotto giallo e fiocco verde al collo.
Gianduja si distingue anche per la parrucca da cui spunta una treccina legata da un nastro rosso, curvata all’insù, sormontata da un cappello a tre punte con una coccarda tricolore; il suo costume è ancora oggi quello dell’epoca settecentesca, in cui compare originariamente come burattino. Animato dai burattinai torinesi Giovan Battista Sales e Gioacchino Bellone, tra il 1802 e il 1804 Gianduja nasce a Genova, e si esibisce in un teatro nomade che lo porta da una città all’altra. Il suo nome in origine è Gironi e la sua satira, se da una parte lo rende simpatico al pubblico, dall’altra scatena le ire del doge Girolamo Durazzo che fa arrestare i due burattinai.
Quando questi più tardi arrivano nella città di Torino il loro personaggio - che ora si chiama Gironi-Gerolamo – egli viene trasformato da un villano servitore ad un artigiano o un commerciante; ma anche qui la pungente ironia nei confronti della dominazione francese, nonché il fatto che il nome Girolamo è quello del fratello di Napoleone Bonaparte, hanno come conseguenza la condanna a morte dei due burattinai.
Fatti prigionieri, riescono però ad evadere e sono ospitati in una cascina del paese di Callianetto di Monferrato in provincia di Asti, che oggi porta il nome di Ciabot d’Gianduja. La figura di Gianduja è entrata poi nella scena politica attraverso i giornali satirici “Fischietto” e “Pasquino”: disegnato da abili illustratori rivestiva il ruolo di paladino dell’Unità d’Italia e riuscì perfino ad influenzare le decisioni del parlamento prealpino.
Il trasferimento della capitale d’Italia da Torino a Firenze e poi a Roma produce un danno sociale ma soprattutto economico dal quale la città voleva emergere vincente. Perciò ecco che da capitale politica Torino diventa capitale manufatturiera: vi sorgono fabbriche e industrie soprattutto di tipo alimentare. Tra le strategie di valorizzazione del territorio rientra la rinascita del Carnevale torinese e chi meglio di Gianduja poteva diventarne il simbolo?
Nel 1865 Gianduja diventa così una vera e propria maschera, che lancia per le strade i Givò (in piemontese mozziconi di sigaro), che presto diventeranno i cioccolatini chiamati “gianduiotti”, e nel 1866 il giornale “Fischietto” celebra la gloria della maschera curando la pubblicazione del poema dal titolo Giandujeide. Il giandojòt, così è chiamato in Piemonte, pare esser stato prodotto per la prima volta dalla società torinese Caffarel, gestita a quei tempi da Michele Prochet. Vi abbiamo già parlato su Prodigus di chi sostiene la ricetta gli sia stata tuttavia rubata… (qui)
In quegli anni il blocco napoleonico aveva ridotto le quantità del prezioso cacao che giungeva in Europa, e quindi Prochet pensò al suo cioccolatino, che mescolava al cacao la pasta di nocciole ottenuta tritando finemente la nocciola tonda gentile delle Langhe. Abbondanti nel territorio e all’epoca economiche, le nocciole vengono tostate, macinate e poi raffinate: grazie all’olio che contengono si trasformano in una cremosa pasta che assieme al cacao, al burro di cacao e lo zucchero nelle dosi opportune rende unico il gusto di questo cioccolatino esportato ormai in tutto il mondo.
Non tutti sanno che esistono anche le caramelle Gianduja, una sorta di cialde di zucchero colato a base di frutta: in passato si regalavano a Carnevale e venivano fatte a pezzi per essere condivise coi propri cari mentre oggi hanno un formato più piccolo, spesso a forma di lecca-lecca.
Le maschere di Gianduja e di Giacometta sua fedele compagna aprono tutt’oggi le sfilate dei carnevali piemontesi e nella settimana che precede la Quaresima Gianduja visita ricoveri per anziani e ospedali per bambini distribuendo le tipiche caramelle rotonde e piatte avvolte in un cartoccio esagonale che riportano il suo profilo con l’immancabile cappello. La sera del Falò di San Giovanni, patrono di Torino la maschera sfila insieme al popolo.
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