Cosa vuol dire "salmistrare"?

Un'antica pratica riservata a pesci, carni e frattaglie per aumentarne la conservabilità, rivelando un gusto unico da provare

Cosa vuol dire "salmistrare"?

La conservazione degli alimenti è un’arte antichissima, indispensabile per preservare le caratteristiche di un prodotto e poterne usufruire nel tempo, garantendone la salubrità e la bontà del sapore. Di questo antico patrimonio di usi e tradizioni fa parte a pieno titolo quella che si chiama arte di salmistrare. Oggi questa tecnica è legata per lo più alla tradizione veneta della lingua di bovino salmistrata (salmistrare deriva proprio dal veneto salmistro, cioè salnitro incrociato con salmastro cioè salato): in realtà nasce originariamente nel XIV secolo per la conservazione del pesce nei paesi del nord Europa.

Dal pesce si è passati via via alla conservazione della carne fino a diventare quasi esclusiva di questi prodotti, riservando invece ai prodotti ittici terminologie più generiche come pesce sotto sale o pesce in salamoia. Nel termine salmistrare sono contenuti tutti gli ingredienti necessari per il processo di lavorazione: il sale che, come noto, assorbe l’umidità dall’alimento, prolungandone la conservazione; a questo si aggiunge il salnitro (cioè nitrato di potassio; oggi indicato con la sigla E252).

La salmistratura è dunque un processo di conservazione che agisce chimicamente sull’emoglobina contenuta nelle carni: questa, infatti, si combina con il nitrito diventando resistente al calore e all’azione dell’ossigeno. Questa aumentata resistenza consente alle carni di mantenere il colore rosso vivace tipico della carne fresca (e piacevole all’occhio) a discapito però di una perdita in contenuto nutritivo di proteine e sali minerali.

La lavorazione può avvenire a secco o in salamoia. Quella a secco prevede la strofinatura della carne con la miscela di sale e nitrito che dopo un periodo di uno o due mesi offre una carne secca pronta per essere conservata a lungo; quella in salamoia invece prevede che la carne sia bagnata con la soluzione di sale e nitrito, cosa che determina una minore conservazione nel tempo e un prodotto meno secco. Il salmistrato può prevedere anche l’uso di aromi e spezie come alloro, ginepro, cannella, pepe, aglio e tutto il processo avviene, secondo tradizione, in vasche in cui la carne riposa e viene letteralmente “massaggiata” offrendo un prodotto buono e profumato.

A queste due tecniche tradizionali si aggiunge quella rapida, espressione di un mercato veloce che non può attendere i tempi naturali e che, iniettando la soluzione essiccante direttamente nelle fibre della carne, riduce i tempi di lavorazione a due/tre settimane. Quale che sia la tempistica, l’arte di salmistrare viene essenzialmente riservata a quello che viene chiamato quinto quarto della carne. Si tratta di tagli “poveri” che hanno reso la cucina popolare e contadina maestra e che oggi conservano tutta la sua tradizione. Non è un caso, infatti, che la lingua salmistrata sia parte del famoso bollito misto di tradizione veneta e non solo. Se ne contano infatti varianti in Piemonte, Lombardia, Emilia, Friuli e Trentino.

Il bollito misto, che vanta niente meno che una vera Confraternita nata nel 1984 in Piemonte per la sua tutela, richiede infatti una particolare attenzione ai dettagli durante tutta la preparazione: temperatura dell’acqua, proporzione tra peso della carne, contenuto in acqua e quantità di sale, uso di spezie e aromi e ovviamente una cottura lenta per garantire un piatto finale di indiscussa bontà da accompagnare con la salsa verde, la mostarda di frutta o il purè di patate.

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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