Cosa c’è nel ginseng in tazza

E’ bene conoscere cosa si cela dietro questa bevanda che in tanti amano consumare in alternativa al caffè

Cosa c’è nel ginseng in tazza

La parola caffè evoca immediatamente un’atmosfera rilassata, e al solo pronunciarla è quasi possibile avvertirne il profumo dell’inconfondibile aroma. Una bevanda che rappresenta anche uno stile di vita, icona dell’italianità. Ma in tanti non possono permettersi, per intolleranze alimentari o problemi di salute, di gustarne una buona tazza: per questo nascono sempre più prodotti sostitutivi sul mercato, per sentirsi anche meno soli durante un momento di pausa con i colleghi di lavoro.

Queste alternative alla classica miscela sono tante, e spesso non è facile orientarsi tra le innumerevoli etichette che “scintillano” tra gli espositori dei supermercati e dei bar. Una delle proposte più insistenti e gettonate porta il nome di “ginseng”.

Il termine, come molti sapranno, indica una pianta di origine asiatica, dalle cui radici si estrae una sostanza che viene utilizzata dalla medicina cinese. Tale estratto ha proprietà toniche, motivo per il quale spesso il ginseng viene proposto come un valido energizzante. Ma cosa beviamo esattamente quando ordiniamo questo preparato?

Anzitutto è bene sfatare il mito secondo il quale la bevanda di origini asiatiche sarebbe un’alternativa al caffè. Non può esserlo in alcun modo, poiché tra i suoi tanti ingredienti, si trova anche il caffè solubile. Se si va ad analizzare il composto che i bar utilizzano e che da qualche tempo è in vendita anche nei supermercati, in varie versioni, si scopre che gli elementi principalmente contenuti sono lo zucchero e lo sciroppo di glucosio, cui seguono caffè, grassi vegetali di cocco, aromi, carbonati di sodio, proteine del latte, stabilizzanti, emulsionanti e infine ginseng. Una quantità davvero irrisoria del derivato della pianta asiatica.

In altri casi l’ingrediente principe di questi mix è il latte scremato in polvere, mentre il ginseng è sempre nelle retrovie, per così dire, cioè compare in proporzioni assai ridotte.

Insomma il caffè contenuto in polveri e capsule commercializzate come ginseng è pari al 12-17% del prodotto totale, mentre l’estratto della radice è presente come se si trattasse di un additivo, in dosi che al massimo raggiungono l’1% sugli altri ingredienti.

Per sperimentare gli effetti salutari della radice asiatica occorrerebbe ingerirne dosi adeguate; anche la specie e la varietà di ginseng utilizzate sono importanti, in questo senso. Esistono piante coreane, americane, bianche, rosse e altrettanto determinante è il momento della raccolta della pianta, il tipo di estratto e il tipo di solvente usati.

I fattori che bisogna tenere presente quando si utilizza del ginseng sono quindi tanti, pensare di ottenere effetti farmacologici dal consumo che se ne fa al bar è del tutto sbagliato. Resta comunque una bevanda piacevole al palato, mentre come alternativa al caffè forse è meglio preferire qualcos’altro: l’orzo può essere un’idea.


Fonte: Il fatto alimentare

Scritto da Redazione ProDiGus

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