Miseria e Nobiltà

Un film ambientato nella Napoli dell'800 che racconta "la fame" e le speranze racchiuse nel cibo

Miseria e Nobiltà

Felice Sciosciammocca in piedi sul tavolo che mangia spaghetti con le mani. Sul viso un'espressione beata di gioia infinita; la faccia del "morto di fame" davanti ad una zuppiera stracolma di pasta con la "pummarola".

Ecco, così mi descriverei anche io ogni volta che mangio!

Fin da bambina ho amato Totò, forse perchè napoletana, forse perchè mio padre mi ha trasmesso la passione per questo grande personaggio. Quella scena da sola basterebbe a racchiudere il rapporto che l'italiano ha con la pasta asciutta, e con il concetto di fame.

E con la fame, gli italiani, hanno combattutto per un lunghissimo periodo; dall'unità d'Italia ai due conflitti mondiali che lasciarono il nostro paese in ginocchio.

Questo film, fotografa, in chiave ironica, il nostro passato, gli stenti e la privazione che l'italia conobbe e seppe superare anche grazie, alla forza dei messaggi contenuti in commedie come questa.

"Miseria e nobiltà" è una pellicola che tutti conoscono e persino chi non ha guardato l’intero film, comunque, si ricorderà di un Totò danzante, che con gli spaghetti in mano recita la celebre battuta: "non avevamo fame e facevamo quattro salti".

"Miseria e nobiltà" è una storia tratta dalla celebre commedia teatrale di Eduardo Scarpetta divenuta però nazional popolare, iconica, grazie all'interpretazione magistrale per il cinema di Antonio De Curtis, in arte Totò.

Il testo racconta la vita di Felice Sciosciammocca, un povero squattrinato che divide l'appartamento con suo figlio Peppeniello, un suo amico (Pasquale) e la di lui famiglia.

Felice e Pasquale si arrangiano, l'uno come scrivano e l'altro come fotografo, ma gli sforzi sono vani poichè restano sempre irrimediabilmente al verde. Vessati dal proprietario di casa e dalle sue continue richieste di pagamento, sempre affamati e a corto di cibo, in cambio di qualche spicciolo, impegnano gli ultimi pochi averi, tra cui un cappotto.

Una delle scene che amo di più è legata proprio al pignoramento del paltò di Pasquale, che ripropongo per intero per apprezzarne la genialità dei dialoghi e per fotografare un ricordo legato a mia nonna che mi spediva a far provviste, incaricata come Felice da Pasquale, elencandomi la spesa. In quei frangenti la mia mente volava a quella scena, con l'acquolina in bocca per quello che si diceva nel film e per quello che mi chiedeva la nonna.

Pasquale: Vai dallo "Sciarcuttier" qui alla cantonata

Totò (Felice Sciosciammocca): Da chi?

Pasquale: Il pizzicagnolo, il salumiere!

Felice: Il casatuoglio!

Pasquale: Il bottegaio! Gli lasci questa roba in pegno e ti fai dare un chilo e mezzo di spaghetti, non pigliare la pasta grossa che non la digerisco.

Felice:  Paquale con questa fame tu digerisci pure le corde di contrabbasso!

Pasquale: Ti fai dare un bella buatta di pomodoro perchè a me gli spaghetti piacciono pieni di sugo. A proposito, il sugo come lo facciamo, con la salsiccia?? Con la salsiccia! Ti fai dare un chilogrammo di salsiccia. Non pigliare quella stantia, quella già fatta. C’ha la macchina tritacarne: piglia la pelle taratatà taratatà taratatà.  E poi rimaniamo asciutti asciutti, solo spaghetti e salsicce? Vogliamo fare una bella padellata di uova? Uova in padella? Te le mangi, le uova?

Felice: Si, se me le dai me le mangio!

Pasquale: Allora 10 uova; assicurati che siano fresche, le agiti, se sono fresche le prendi, se no, desisti; come le vogliamo fare, con la mozzarella? Si, con la mozzarella, le uova vanno fatte con la mozzarella! Ti fai dare mezzo chilogrammo di mozzarelle di Aversa, assicurati che siano buone, pigli queste dita, premi la mozzarella, se cola il latte le prendi, se no desisti. Poi, che altro? Un po’ di frutta fresca. Ecco, ti fai dare pure cinque lire in contanti e vai dirimpetto dal vinaio a nome mio, di Don Pasquale il fotografo, e ti fai dare due litri di Gragnano frizzante, assicurati che sia Gragnano. Tu lo saggi; se è frizzante, lo pigli, se no...

Felice: ... desisto!

Pasquale: Che altro? Tornando a casa, a fianco al portone c’è il tabacchino, prendi due sigari, uno per me e uno per te e il resto me lo porti.

Felice: Pasquale dimmi una cosa: ma qui dentro c’è il paltò di Napoleone?

E dopo questa memorabile sequela di battute, la vita dei protagonisti continuerà fino alla svolta. Alla loro porta infatti busserà la fortuna, alias il marchesino Eugenio Favetti, conoscente di Pasquale. Il giovane rampollo infatti è innamorato della balleriana Gemma, figlia di un ex cuoco (Semmolone), che vorrebbe sposare, se non fosse però per l'opposizione della propria famiglia che non gradisce le umili origini della ragazza.

Eugenio allora, con un colpo di genio, deciderà di ingaggiare l'amico Felice e suo compare Pasquale per una recita da svolgersi in casa del Semmolone, dove i due, accompagnati dai propri parenti, prenderanno il posto dei veri familiari del giovane ricco, in cambio di una cospicua somma di denaro.

Il nobile però, preoccupato dall'aspetto trasandato e affamato dei nuovi soci in affari, deciderà di inviare loro un sostanzioso pasto da consumare prima della messa in scena e nel frattempo, in un ulteriore scatto di generosità, cancellerà il debito con il proprietario di casa degli sfortunati protagonisti che poi porterà alla mitica scena degli spaghetti con la pummarola.

La commedia procede a casa di Semmolone dove Pasquale e Felice continuano la "farsa", conquistando il servilismo del padrone di casa fino ad ottenere ospitalità gratuita e cibo a volontà per due anni a venire.

Ma i due, troppo affamati per mantenere un nobile "aplomb", appaiono decisamente fuori contesto; come quando davanti ad un magnifico gelato, Felice alias Totò, mangerà persino le foglie di limone usate per la guarnizione o quando davanti ad un enorme pollo arrosto con le patate, divoverà persino le dita dei guanti.

La finta però si rivelerà vana quando la copertura sarà fatta saltare da altri avvenimenti paralleli. Tra questi, si scoprirà in seguito che Bebè, un corteggiatore della futura sposa d' Eugenio altri non era che il Padre dello stesso Marchese. Una scoperta che farà saltare il velo d'ipocrisia nobiliare che aveva portato i poveri Felice e Pasquale a dover mettere in atto la messinscena.

Miseria e nobiltà fa parte del patrimonio culturale della commedia italiana, non di meno per l'interpretazione del Principe De Curtis e delle sue spalle, Enzo Turco e Dolores Palumbo, gioielli d'arte attoriale.

Un regalo alla comunità di spettatori, un patrimonio per l'italia, un manifesto per il cibo.

Ha due passioni: la cucina ed il cinema.

La prima, quella per il cibo, di qualità, viene da lontano, quando da bambina trascorreva ore a guardare la nonna ai fornelli. Era "la regina della genovese", piatto della tradizione culinaria partenopea, il suo preferito, anche se alla fine era bravissima in tutto, cucinava come un chef…anzi, come la sua “chef personale”.

La buona cucina man mano è diventata per lei una passione imprescindibile, forse più un vizio, un piccolo momento personale di pace e serenità. E poi c'è proprio il cinema, che vive al limite di una "malattia”, tra dvd, libri e riviste specializzate che saturano l'aria e la luce della sua casa, e costituiscono ben più della cornice di un’autentica passione. 

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