Occorre approfondirne la conoscenza, per scegliere concretamente se tollerarli o tenersene lontani
Alla scoperta dell’opera e dell’eredità gastronomica professionale di Alberto Cougnet, buongustaio vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo
Nell'ultimo articolo della rubrica “Buoni da leggere” per ProDiGus mettevo da parte, pressato da un fatto di cronaca che mi aveva colpito, Alberto Cougnet (1850-1916), parafrasando con ironia il manzoniano "chi era costui" di Don Abbondio. Oggi mantengo l'impegno preso e vengo a scrivere di questo autore, esperto, organizzatore, oggi diremmo influencer, poco conosciuto dai non addetti ai lavori, ma certamente un grande nome del panorama della nostra cultura gastronomica e non solo.
Alberto Cougnet nasce nella Nizza ancora italiana e, dopo la Laurea in Medicina, pubblica diversi lavori di carattere scientifico. Apprezzato sportivo, spadaccino (ai tempi tirare di scherma era molto alla moda!) e giornalista, si fa conoscere presto anche come competente e raffinato esperto di cose di cibo e cucina. Nel 1903 pubblica I piaceri della tavola: contributo alla storia della cucina e della mensa e, nel 1905, un saggio sulle cucine etniche, Il ventre dei popoli, in cui, dopo una rassegna della cucina nei cinque continenti, inserisce un capitolo su La cucina e la cantina italiana.
Oggi, in un clima di chiacchiera sulla cucina fusion, l'attenzione alle cucine etniche ci sembra scontato, ma agli inizi del Novecento, quando cominciano a manifestarsi i primi studi sulle culture altre in campo antropologico e si comincia a mettere in discussione la centralità dell'eurocentrismo, costituisce la rottura di un paradigma mentale prima ancora che gastronomico. In generale, Cougnet capisce la trasversalità socio-culturale delle tematiche legate al cibo e, per primo in senso moderno, scrive di quello che oggi chiamiamo turismo gastronomico.
Gli inizi del secolo, prima della catastrofe della Grande Guerra, sono un periodo di grande attività per la pubblicistica e l'editoria gastronomica e al Nostro, oramai affermato esperto del settore, vengono richieste prefazioni nelle quali è sempre bravo a descrivere un quadro storico e sociale complessivo, come in quella al Pasticcere e confettiere moderno di Giuseppe Ciocca, pubblicato nei manuali Hoepli nel 1907, e quella a Cucina classica e moderna: 366 liste cibarie, di Attilio Peruzzotti, edita da Bietti nel 1909.
Forte di un così chiaro e meritato successo, nel 1909 comincia a dirigere la “Rivista Italiana d’Arte Culinaria”, nata nel 1905 a Milano, che si rivolge ai professionisti ma che al contempo lui indirizza sempre più al pubblico più vasto delle famiglie, pur mantenendone il profilo professionale. La rivista è l’organo ufficiale del Circolo Gastronomico milanese, associazione di cucinieri nata nel 1903. Sarà proprio il Circolo milanese a spingerlo a curare la pubblicazione del Trattato che, con le sue 5000 ricette, è la giusta conclusione di un complesso percorso. Come recita il sottotitolo, l'opera “è un trattato tecnico, pratico e dimostrativo sulla cucina italiana e le principali cucine straniere, applicabile a qualsiasi servizio, sia per cucina di lusso che per quella d’albergo e di famiglia e rivolto prevalentemente a cuochi professionisti e gastronomi colti”.
La complessità della figura e del lavoro di Alberto Cougnet è così poliedrica e interessante, che mi porta a svolgere più che un ruolo interpretativo, come spesso mi piace fare in questi miei scritti, un ruolo semplicemente informativo per richiamare la vostra attenzione e stimolare la vostra voglia di conoscerlo e apprezzarlo. Sottolineo che non mi interessa solo fare una operazione di erudizione, perché il suo lavoro più importante si presenta ancora utile per i professionisti e gli appassionati di cibo e cucina. L’Arte cucinaria in Italia del 1911 è un testo fondamentale della cultura della cucina del nostro Paese. E' il primo trattato di gastronomia di fine Ottocento senza la retorica e tradizionale terminologia francese, ma scritto in un linguaggio originale che ancora oggi stupisce per la sua freschezza e modernità.
Il libro è concepito e scritto come contributo di diversi autori, per lo più cuochi a loro volta già autori di libri, sotto la guida di un curatore competente. Le ricette quasi sempre sono introdotte da un inquadramento storico scritto dallo stesso Cougnet, che le correla con autori ed opere del passato. I capitoli sono organizzati in menu di varie portate come antipasti, brodi, zuppe e minestre, salse e guarniture, uova, pesci e loro salse, carni, verdure, dolci e frutta. Ne emerge una sintesi complessiva dei saperi gastronomici e delle abitudini alimentari dell'epoca e delle nuove tendenze che via via si vanno affermando nella cucina alta e delle famiglie del nostro paese. Sarebbe interessante un raffronto con il classico dell'Artusi che ancora all'epoca continuava, dopo la sua prima edizione del 1891, ad essere il testo di riferimento che godeva della maggiore diffusione grazie anche alle continue rivisitazioni e riedizioni.
Oggi il lettore può trovare il Trattato, a prezzi d'amatore, nei cataloghi delle librerie specializzate, ma soprattutto L'arte cucinaria in Italia è consultabile nella meritoria Biblioteca Gatronomica di Academia Barilla, che contiene circa 15.000 volumi consultabili (anche online) a tema. La Biblioteca ha inoltre una ricca sezione di menu storici, in gran parte facenti parte della raccolta che proprio Cougnet mise insieme tra il 1880 e il 1914 come rappresentazione non solo culinaria della vita sociale tra la fine dell'Ottocento e il nuovo ventesimo secolo. I menu sono documenti di grande importanza per gli storici della cucina, un bel territorio di ricerca anche per i semplici appassionati. In proposito sto cominciando a verificare e studiare i menu di un antico casato napoletano e prometto che sarete i primi ad essere messi al corrente dei risultati della ricerca.
Mi piace concludere con una ghiotta curiosità: il figlio di Alberto Cougnet, Armando, nato nel 1880, continuò la brillante notorietà e intraprendenza del padre, anche se in altro ambito. Cominciò come giornalista alla “Gazzetta dello Sport” divenendone prima amministratore e poi proprietario e, soprattutto, nel 1909, proprio nel momento di massimo sforzo del padre, passò alla storia come “inventore” del Giro d’Italia in bicicletta.
Scritto da Sergio Bonetti
Ha insegnato all'Università, si è occupato di piccole imprese e, negli ultimi anni, soprattutto di quelle del settore enogastronomico, per le quali ha promosso eventi legati alla cultura del territorio. Le sue grandi passioni sono i libri, il cibo, il vino…e le serie tv.
Ama viaggiare e per lui ogni tappa diventa occasione per visitare i mercati alimentari e scoprire nuovi prodotti, tecniche e tradizioni.
E’ inoltre appassionato di ricerca e dello studio di testi in ambito culinario, per contrastarne la spettacolarizzazione e i luoghi comuni.
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