L’omaggio della tradizione sarda alla natura
Tanti sono gli aneddoti e le testimonianze scritte che confermano la passione per la cucina da parte del celebre compositore italiano
Gioacchino Rossiniha rappresentato una personalità musicale dalla professionalità indiscussa, di cui è impossibile sottovalutare anche la fama di gourmet.
Nel 1816 la prima rappresentazione del Barbiere di Siviglia, al teatro Argentina di Roma, fu un grande insuccesso a causa delle maldicenze e le invidie del mondo musicale. Le repliche furono invece applaudite. Comunicando l’accaduto al suo grande amore, la cantante Isabella Angelica Coibran, Rossini tenne a precisare: ”[…]ma ciò che mi interessa ben altrimenti che la musica, cara Angela, è la scoperta che ho fatto di una nuova insalata, della quale mi affretto a inviarti la ricetta…”.
Alessandro Procacci, poeta dialettale pesarese, ha scritto questo sonetto in lingua italiana su indicazioni dello stesso Rossini:
“Angelica ti porto a conoscenza della scoperta fatta in questo mese, un’insalata che può avere pretese di non temere alcuna concorrenza. Devi prendere l’olio di Provenza al quale aggiungerai senape inglese, una spruzzata di aceto francese, olio, pepe, lattuga e con prudenza del succo di limone. Indi tagliato un buon tartufo aggiungere dovrai, il tutto ben sbattuto e lavorato. Il nostro cardinale che ha gustato questo superbo piatto come mai, la sua benedizione mi ha inviato”.
Sembra che Carême, grande chef e pasticciere francese, abbia inventato i famosi pasticcini chiamati “Figaro”, in onore dell’opera rossiniana “Il Barbiere di Siviglia”.
Si tratta di pasticcini di pasta sfoglia, di forma rotonda e ripieni di frutta. Seguì nel 1829 la “Torta alla Guglielmo Tell”: si trattava di una torta di mele, condita o glassata allo zucchero, decorata con una freccia e una balestra, simboli dell’eroe nazionale svizzero, con al centro una mela di zucchero, attraversata da una freccia d’argento, pure di zucchero.
Rossini fu dunque un ispiratore di raffinatezza e creatività essendo lui stesso un grande cultore, eclettico e vario, della gastronomia.
Curava personalmente la preparazione dei cibi e la scelta dei vini, invitava a tavola con lui ospiti in grado di utilizzare sia il palato che l’orecchio. Fulbert Dumonteuif, nobile francese, ha fatto la seguente descrizione dei “macaroni de Rossini”, preparati per un pranzo nella sua villa di Passy:
“[…] Allora appariva Rossini che, con la sua delicata mano grassoccia afferrava una siringa d’argento, la riempiva di purè di tartufi e, pazientemente, iniettava in ogni cilindro di pasta questa salsa incomparabile. Poi, riposti nella casseruola come un bambino nella culla, i maccheroni finivano la cottura in mezzo a vapori inebrianti. Rossini rimaneva lì, immobile, incantato, sorvegliando il suo piatto prediletto, ascoltando il mormorio leggero dei suoi cari maccheroni, come se porgesse l’orecchio alle note armoniose della Divina Commedia…”
E’ con la stessa passione, raffinatezza e fantasia che Rossini ha messo a punto varie ricette per le carni. In effetti, nativo delle Marche, ha ereditato non solo la predilezione dei prodotti del territorio, ma anche l’intelligenza operativa della gente.
Una regione così varia permetteva una cucina altrettanto varia: prodotti coltivati o del sottobosco, pesce e carne, con ampio spazio alla cacciagione, primi e dessert impostati sul raffinato abbinamento di materi prime semplici e naturali, ma sempre selezionate.
Per Rossini “l’appetito è per lo stomaco quello che il cuore è per l’amore”: questa frase fa ben comprendere la sua grande passione per la gastronomia.
I biografi del musicista raccontano che da bambino faceva il chierichetto solo per poter bere il vino avanzato al prete dalla Messa. Prima di diventare famoso e ricco era spesso a corto di denaro, non essendo capace di resistere alla tentazione di un buon ristorante e di un’ottima bottiglia di vino.
Tra gli artisti del pentagramma, Rossini è certamente il più esperto di cucina. In particolare aveva una vera adorazione per il tartufo.
Si racconta che avendo vinto per scommessa un tacchino ripieno di questo prezioso ingrediente, andò a reclamarne la consegna. Il perdente però cercò di non rispettare l’accordo affermando “Caro maestro, la verità è che la stagione non è ancora propizia per i tartufi di prima qualità”, e il maestro di rimando “frottole caro mio, questa è una notizia che diffondono i tacchini che non vogliono essere riempiti”.
Antonin Carême affermava che nessuno capiva bene la sua cucina quanto Rossini e da questo nacque una grande amicizia tra i due maestri.
Sia Carême che altri grandi cuochi dell’epoca dedicarono a Rossini molte ricette, e un tavolo era sempre riservato al maestro nei più rinomati ristoranti del tempo.
Quando Rossini arrivava in uno di questi, stringeva la mano al maître, salutava sommelier e camerieri e, infine, prima di sedersi al tavolo andava ad omaggiare personalmente il cuoco per curiosare su cosa stesse preparando.
Da un elaborato redatto sull’argomento dagli alunni dell’ I.C. Madonna della Camera plesso Scanderbeg di Faggiano (Taranto)
Scritto da Anna Maria Stante
Diplomata in canto lirico – timbro soprano presso il Conservatorio di Lecce, e docente di musica presso l’istituto comprensivo Madonna della Camera di Monteparano (Taranto).
Appassionata anche di lettura e di cucina, adora cimentarsi sempre in nuovi esperimenti ai fornelli.
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