Piacere Silano

Esplorando il celebre caciocavallo simbolo della cultura meridionale

Piacere Silano

E’ il formaggio stagionato simbolo delle regioni dell’area meridionale del nostro splendido territorio, tanto antico quanto ancora oggi estremamente gustoso: questo mese ho scelto di parlarvi del Caciocavallo silano DOP, una specialità casearia che non smetto mai di conoscere, dal momento che ogni forma può riservare sfumature di gusto sorprendenti, a seconda delle caratteristiche di produzione e stagionatura nei diversi territori dove ne è ammessa la produzione. 

Se l’appellativo “silano” deriva infatti dall’altopiano calabrese della Sila, dove veniva prodotto originariamente, è altrettanto vero che il disciplinare ne autorizza la produzione anche in Basilicata, Campania, Molise e Puglia (non sull’intera superficie di queste regioni, ma solo in alcune aree).  

Questo formaggio era infatti talmente popolare già in tempi antichi, che ne veniva richiesto dagli abitanti più di quanto la zona riuscisse a produrne. I pascoli, inoltre, sono sempre stati scarsi nelle zone poco piovose del Meridione; gli allevatori di vacche tendevano, quindi, a spostarsi molto alla ricerca di cibo per gli animali. 

Per questo iniziarono a produrre caciocavallo in altre zone più o meno limitrofe, dai confini meridionali della zona di Catanzaro a quelli settentrionali del Molise.

Nel corso dei secoli la produzione del caciocavallo silano è proseguita in tutte queste aree, portando avanti le peculiarità di ciascuna insieme ad una “storia condivisa” tra le stesse, attraverso la pasta filata tra le più saporite ma soprattutto più antiche d’Italia.

Ma non è solo la parola “silano” ad avere una storia: una delle citazioni più remote del termine “caciocavallo risale al 1399 ed è contenuta in una novella dello scrittore fiorentino Franco Sacchetti; la fama di questo formaggio era tale che anche nei modi di dire popolari gli si faceva ricorso, dicendo ad esempio “fare la fine del caciocavallo” per indicare una morte da impiccato, proprio come le forme di questo formaggio, che hanno la caratteristica di stagionare sospese ad una corda passante sotto la testina della forma stessa. Il nome caciocavallo, infatti, deriverebbe in tutta probabilità dall’abitudine di far stagionare le forme a due a due, legate a una corda fatta passare sopra una trave, quindi sistemando i caci “a cavallo della trave”; ma esistono anche tante altre leggende intorno a questo nome, come chi ipotizza che in epoca rinascimentale il formaggio fosse ottenuto da latte di cavalla, o che questi formaggi venissero anche trasportati a dorso di cavallo. 

Non vi sono particolari razze destinate alla produzione del latte per il Caciocavallo Silano DOP, anche se tradizionalmente si utilizzava il latte della razza podolica, i cui allevamenti sono oggi esigui e tali da rendere la produzione da vacche podoliche davvero limitata, anche se molto ricercata dagli amatori e intenditori, certamente perché il latte della podolica è più ricco di proteine (3.8-4,0%) e di grassi (4.3-4,5%) rispetto alle altre razze da latte (come la frisona e la bruna). Per tale motivo, si genera una maggiore resa alla caseificazione e un prodotto finale particolare per la notevole attività lipolitica degli enzimi del caglio, proprio in funzione dell’abbondante grasso che conterrà il formaggio. 

E’ proprio per tutti i motivi sopra esposti che il caciocavallo è un formaggio dal quale amo farmi sorprendere, dal momento che la sua essenza consiste di un intreccio di storie e culture, territori e conoscenze empiriche: ogni forma aperta costituisce una nuova emozione per il palato, grazie anzitutto  ad una pasta elastica, omogenea e compatta, che talvolta si arricchisce di occhiature - generalmente piccole e concentrate al cuore della forma -  e che può diventare persino friabile, nelle versioni stagionate a lungo in grotta per oltre 12 mesi. Il sapore del caciocavallo si fonda inizialmente su una nota dolciastra; con il progredire della stagionatura, compaiono note più o meno intensamente piccanti, anche a seconda del tipo di caglio utilizzato.  Nella mia cucina, lo considero un ottimo formaggio “da meditazione”, cioè da gustare in purezza, abbinandolo ad eleganti vini rossi strutturati o con del miele di corbezzolo. 

Per quanto riguarda le ricette, preferisco limitarne l’uso in cottura, a meno che non si tratti di caciocavalli giovani, che non donino un sapore troppo marcato alle preparazioni. Il caciocavallo, con il suo sapore così ricco e deciso, rischia infatti di diventare un sapore dominante:

il mio consiglio è quello di scegliere di utilizzare questo formaggio per rifinire le pietanze, grattugiandolo a scaglie grandi per mantenerne integra consistenza e intensità di sapore, come nella ricetta dei maltagliati alla canapa che vi regalo questo mese. In alternativa, puntate ad “abbassarne” le note forti, abbinando il caciocavallo nelle ricette ad ingredienti dal gusto più fresco e delicato, come ad esempio il latte o la panna (per preparare un flan o un soufflé), o ancora le pere (e adesso, correte ad affettare una fetta di pane, tostatela in forno, fatevi sciogliere sopra una fettina di caciocavallo e gustate con pere sode affettate a julienne!).  

Scritto da Fabio Campoli

Imprenditore e opinion leader del panorama gastronomico, attraverso le sue poliedriche attività incentrate sulla cultura, la promozione, la ricerca e una presenza ininterrotta dal 1998 sulle più note reti televisive italiane e sul web, Fabio Campoli ha coniato un modo di essere chef che si esprime ”in cucina e oltre”.  

Fondatore di Azioni Gastronomiche Srl e direttore della testata Promotori di Gusto, nonché direttore tecnico dei progetti editoriali nazionali Facile Con Gusto e Club Academy,

Fabio Campoli è oggi un affermato professionista che con la propria squadra offre servizi su misura per il mondo della ristorazione, dell’intrattenimento, della formazione, della comunicazione/informazione e della promozione.

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